Le chiamano anche “il giardino dell’anima” le terrazze fiorite di Villa Rufolo, nate come realizzazione di un sogno e passione per un paesaggio storico e naturalistico che costituisce una delle immagini più rappresentative delle bellezze italiane. Ed è proprio all’idealismo della passione che si rivolge la nuova iniziativa del Ravello Festival che per la prima volta ha invitato sotto gli archi della cosiddetta Sala dei cavalieri i cori della federazione nazionale corale Feniarco nell’ambito del Salerno Festival. Il rinomato festival musicale e il concomitante festival corale che da dieci anni coinvolge luoghi simbolo della costiera amalfitana con eventi all’insegna della coralità amatoriale si sono incontrati in un caldo pomeriggio d’estate nel suggestivo angolo dei giardini per proporre a un pubblico incuriosito e attento tre diversi modi di fare coro: una piccola finestra sull’enorme varietà di generi e approcci espressa dalla coralità internazionale, e un passo significativo a livello simbolico per parlare, con qualità, anche di chi coltiva la passione della musica senza praticarla a livello strettamente professionale.
La sinergia è nata da un’idea condivisa dalla federazione corale con il segretario generale della Fondazione Ravello Ermanno Guerra e il commissario della stessa Mauro Felicori. Il titolo dell’evento, “La potenza del diletto” è significativo degli intenti, come ci ha spiegato Felicori: “Abbiamo voluto raccontare l’energia e la vitalità dei cori, la forza del valore, anche morale, sprigionato dalla loro attività. Il termine diletto vuole esprimere il rispetto per chi si dedica all’arte per puro piacere. In generale avverto un senso di superiorità nelle gerarchie musicali, per questo amo pensare a paesi che vivono la cultura con uno spirito più democratico e dove l’amatorialità non risuona con valenze negative. Guerra mi ha parlato del Salerno festival e mi ha proposto questa apertura verso la dimensione corale, che amo molto, e nei confronti della quale porto un grande rispetto. La cultura non è appannaggio esclusivo delle istituzioni pubbliche. Con questo concerto Ravello lancia un segnale, mettendo inoltre a disposizione il parco per manifestazioni legate al territorio. Personalmente non metto confini alla musica; posso passare da Britten ai Sex Pistols e lo raccomando a tutti.”
Il diletto del canto corale è stato declinato nelle esibizioni di tre gruppi molto diversi tra di loro. Il coro da camera dell’Università delle Arti di Brema diretto da Friederike Woebcken ha voluto interpretare due dei temi proposti dal Salerno Festival: il mare e la luna, nell’anniversario dello sbarco dell’uomo sul satellite che nei secoli ha ispirato il maggior numero di fantasiose e romantiche interpretazioni artistiche. Gruppo giovane, reattivo, dal suono equilibrato, condotto con chiarezza, sensibilità e fermezza, il coro tedesco ha dato ottima prova di sè con un'esibizione che non ha risentito nè del caldo, che ha costretto il pubblico a spostarsi verso i margini ombrosi della platea open air, nè delle campane che hanno fatto attendere la ripresa del concerto. Il fil rouge »acquatico« ha portato le suggestioni del canto di tradizione norvegese Trilo, richiamo che evoca l'attesa dei pescatori di ritorno dal mare, ma anche il delicato arrangiamento di In einem kühlen Grunde, che esalta l'essenza del canto popolare tedesco dandogli la freschezza nuova di una veste ritmica che ammicca al jazz, e infine gli echi anglosassoni della body percussion utilizzata nel canto americano Bring me little water Sylvie e il tradizionale canto da taverna inglese What shall we do with the drunken sailor. L'omaggio all'Italia si è identificato con Piena sorgeva la luna di Ildebrando Pizzetti, autore del Novecento storico molto frequentato ed apprezzato all'estero, ma ha avuto echi lunari anche il Wiigenlied del compositore danese Per Nørgärd, ninna nanna schizofrenica che vive nel contrasto della melodia interrotta e sormontata da stridenti recitazioni intonate.
Completamente diverso è invece il mondo corale presentato dal Coro polifonico Claudio Monteverdi di Bono (Sassari), che ha proposto la sempre apprezzata specificità della tradizione corale isolana. I celebri brani d'autore di ispirazione folclorica (tra i quali A Diosa e Nanneddu meu) sono stati interpretati negli arrangiamenti dello stesso direttore del coro, Salvatore Virdis, insieme a brani che un altro direttore di coro attento alla valorizzazione del patrimonio musicale sardo, Alessandro Catte, ha scritto su testi del poeta nuorese Franceschino Satta. Ai colori forti che evocano una tradizione riconoscibile e unica nell'area del Mediterraneo, ha fatto eco la spensieratezza di un viaggio intorno al mondo su brani vivacemente ritmati, costruito dal Coro Sui Generis di Pontecagnano Faiano (Salerno). Il rappresentante del territorio ha portato sotto le arcate arabo normanne un ulteriore approccio all'arte corale nella sua valenza sociale e intergenerazionale. La particolarità di questo coro è infatti quella di unire diverse generazioni: la scelta dei direttori, Gennaro e Maria Rivetti, impone la scelta di brani (prevalentemente di tradizione) di facile ascolto ed esecuzione, che possano unire capacità ed esperienze diverse senza però transigere sulla pulizia e la qualità del canto, valorizzando inoltre l'esperienza con movimenti coreografici, un'espressione convincente e una grande capacità di stare sul palco in maniera coinvolgente. Da Portorico all'Africa e finendo con la tradizione gospel, il coro ha suscitato grande simpatia e apprezzamento, chiudendo il cerchio di tre mondi diversi, nei quali la potenza del diletto può essere tecnica, tradizione e comunicazione.
Rossana Paliaga