Roméo | John Osborn |
Juliette | Aleksandra Kurzak |
Tybalt | Francisco Corujo |
Benvolio | Paolo Antognetti |
Mercutio | Artur Rucinski |
Pâris | Nicolo' Ceriani |
Grégorio | Dario Giorgelè |
Capulet | Enrico Marrucci |
Frère Laurent | Giorgio Giuseppini |
Le duc de Vérone | Deyan Vatchkov |
direttore | Fabio Mastrangelo |
regia | Francesco Micheli |
scene | Edoardo Sanchi |
costumi | Silvia Aymonino |
coreografia | Nikos Lagousakos |
lighting designer | Paolo Mazzon |
Orchestra, coro e corpo di ballo dell’Arena di Verona | |
maestro del coro | Armando Tasso |
Con la ripresa dell’ allestimento presentato lo scorso anno in finale di stagione Roméo et Juliette sembra finalmente essere entrata definitivamente, e con merito, nel repertorio areniano.
Dell’intelligente e godibilissimo spettacolo realizzato da Francesco Micheli, con le scene di Edoardo Sanchi ed i costumi di Silvia Aymonino cosi scrivevamo all’indomani della première:
“Francesco Micheli, al suo debutto in Arena, complessivamente non delude le aspettative della vigilia, firmando un allestimento forse a tratti anche troppo ricco di idee, ma sicuramente intelligente nella sua rilettura ed attualizzazione del capolavoro scespiriano.
Micheli punta non solo sull'amore contrastato di Roméo e Juliette, ma anche e soprattutto sulla netta divisione di due famiglie che, in lotta per il potere, si affrontano in uno spazio che ricorda uno stadio, al centro del quale si erge una struttura semicircolare che richiama il Globe Theatre. Tutto si spacca in due, costantemente, a cominciare dal giallo e dal blu, i colori che insieme costituiscono il gonfalone di Verona e che qui invece spiccano, scissi, l'uno nello stemma dei Montecchi e l'altro in quello dei Capuletii. Anche la grande Iconografia Rateriana, prima rappresentazione grafica di Verona, datata XI secolo, e che campeggia sulle gradinate dietro la scena, viene nel corso dell'ouverture stracciata in due. La comunicazione è negata, la corsa al potere, che soverchiamente opprime l'amore purissimo di due giovani si estrinseca anche in un continuo salire e scendere di scale, che avvicinano ed allontanano i due amanti ed insieme simboleggiano ascese e cadute politiche delle due famiglie. Di grande impatto emotivo il finale, con Roméo e Juliette che, uniti nella morte, si allontanano lungo la platea seguendo un raggio di luce.
Sontuose le scene di Edoardo Sanchi, che in una ambientazione sì medievale, ma arricchita di elementi assolutamente contemporanei e a tratti futuristici, si pongono quali testimoni dell'universalità della storia narrata dal Bardo. Geniale l'idea di imprigionare Giulietta in abiti metallici, vere e proprie gabbie che imbrigliano qualunque slancio, così come di grande impatto anche le gigantesche parti di armatura che avvolgono Capulet e il Duca di Verona, amplificandone il soverchio potere ma allo stesso tempo soffocandoli.
Bellissimi nella loro sontuosità i costumi dalle fogge multiformi di Silvia Aymonino.Efficace ci è parso il disegno di luci corrusco ed essenziale di Paolo Mazzon, come appropriate le coreografie di Nikos Lagousakos.”.
Il nostro giudizio sull’allestimento non solo resta immutato, ma, anzi, le impressioni positive si rafforzano a fronte di una ripresa che vede le masse muoversi con maggiore fluidità ed il mobilissimo impianto scenico funzionare senza intoppi.
Straordinaria, sul versante dell’esecuzione musicale, la prova di John Osborn, Roméo capace di suscitare intense emozioni. Il tenore statunitense, forte di una voce dalla perfetta proiezione e di un fraseggio appassionato, oltre che di una linea di canto cristallina, vive le emozioni, le ansie, i trasporti di Roméo in ogni loro più intima sfumatura e le rende palpitanti all’ascolto con acuti squillanti e rapinose mezzevoci.
Confessiamo che da parecchio tempo non assistevamo ad una prova tenorile di tale spessore, sia dal punto di vista tecnico che, soprattutto, da quello emotivo.
Al suo debutto nel ruolo Aleksandra Kurzak, dopo un inizio comprensibilmente un po’ guardingo, dà voce e corpo ad una Juliette teneramente appassionata, a tratti stupita dalla tempesta di sentimenti che la travolgono. La Kurzak padroneggia con sicurezza le agilità e fraseggia con gusto. Qualche piccola asprezza si manifesta talora nelle estreme note acute, che ci sono sembrate in talune occasioni poco tornite.
Ancora una volta convincente la prova di Artur Rucinski, che si conferma ottimo Mercutio e si disimpegna con gusto e perizia nel couplet della Reine Mab.
Migliore sul piano vocale, rispetto all’anno passato, il Frère Laurent di Giorgio Giuseppini, del quale avevamo comunque apprezzato l’interpretazione.
Non del tutto convincente ci e sembrato lo Stéphano di Eufemia Tufano, non sempre a suo agio nel fraseggio e vittima di qualche imprecisione nell’intonazione.
Bene il Capulet di Enrico Marrucci, autorevole ed al contempo protettivo, come buona è risultata la prova di Elena Traversi, Gertrude di ottimo spessore vocale.
In ombra il poco incisivo Tybalt di Francisco Corrujo, mentre ci abbiamo trovato più efficace il Duc de Verone di Deyan Vatchkov.
A posto il Pâris di Nicolò Ceriani, il Benvolio di Paolo Antognetti ed il Grégorio di Dario Giorgelè.
La concertazione di Fabio Mastrangelo ci è sembrata ulteriormente approfondita nella ricerca delle giuste tensioni dinamiche e nella languida morbidezza degli abbandoni lirici, Ancora una volta apprezzabile la giusta sottolineatura degli aspetti pompier propri del Grand-Opéra, sempre risolti con elegante misura.
Ottimo il coro, diretto da Armando Tasso.
Il pubblico ha mostrato ancora una volta di gradire ed ha decretato un successo pieno e meritato con applausi per tutti ed ovazioni a Osborn, Kurzak e Mastrangelo.
Alessandro Cammarano