Soprano | Carlotta Colombo |
Mezzosoprano | Benedetta Mazzetto |
Tenore | Gianluca Moro |
Basso | Alessandro Ravasio |
Direttore | Enrico Saverio Pagano |
Gruppo Polifonico Josquin Despréz | |
Coro da camera Sine Nomine | |
Orchestra da camera Ildebrando Pizzetti |
La Basilica di San Vittore di Varese è, come talvolta capita per le chiese delle nostre città che si sono stratificate nei secoli, un curioso connubio di epoche e stili differenti: l’antico battistero in stile gotico dirimpetto al campanile barocco, una facciata in stile neoclassico dalla quale si entra in un grazioso ambiente a tre navate con altare, decorazioni e statue d’epoca cinquecentesca e le pareti e la volta arricchite da vivaci affreschi settecenteschi. Tradizione vuole che sia anche teatro di un concerto della stagione musicale comunale e, dopo che negli anni scorsi ha ospitato orchestre blasonate – ad esempio ha più volte accolto Philippe Herreweghe con il suo Collegium Vocale Gent e la sua Orchestre des Champs-Élysées – quest’anno ha assistito ad un concerto, per così dire, a kilometro zero: tutti varesini i tre ensemble protagonisti della serata, riunitisi nel nome della grande musica e della beneficenza. Il ricavato, infatti va alla Amico Fragile Onlus, associazione per la tutela delle vittime di violenza di genere.
Abbiamo già parlato su queste pagine dell’Orchestra da Camera Ildebrando Pizzetti e del suo progetto di costituire un punto di riferimento stabile per la musica a Varese; un tipo di orchestra di giovani professionisti come, a memoria, non si è mai avuta dalle parti della provincia dei sette laghi e che si sta pian piano costruendo una solida reputazione pur con scarso o nullo sostegno delle istituzioni.¬ Ad affiancarla per l’esecuzione della Missa in angustiis di Haydn troviamo due storiche realtà della musica vocale varesina, il Coro Sine Nomine e il Gruppo Polifonico Josquin Despréz.
La prima parte del concerto è dedicata a Mozart, eletto a stella polare del repertorio della Pizzetti. La Serenata “Notturna” in re maggiore, K239 fu scritta nel 1776 come una singolare sorta di concerto grosso dalle ristrette dimensioni sia nei movimenti – solo tre – che nell’anomalo organico: al concertino (due violini, viola, contrabbasso) si contrappone l’orchestra ridotta alle sole sezioni di archi e timpani. Il discorso spesso vivace e brillante imbastito dal compositore viene esaltato dalla direzione di Enrico Saverio Pagano e dall’orchestra che con abilità padroneggiano il continuo rimpallo di temi tra concertino e ripieno dando vita ad un’esecuzione giocosa e gioiosa in primo luogo per i musicisti stessi. Questo spirito viene confermato, anzi amplificato nel terzo movimento nel quale, alla maniera di un big band di jazz anni venti, al cinguettante tema del Rondò si alternano delle cadenze improvvisate a turno dai vari strumenti del concertino e dai timpani.
Ed ecco il punto saliente: la Missa in angustiis, scritta nell’estate 1798 da Haydn in occasione del compleanno della principessa Maria Hermenegilda e divenuta nota anche come Nelson Messe in onore dell’ammiraglio che sconfisse la flotta napoleonica in quegli stessi giorni in cui Haydn stava componendo il suo lavoro. Anche questa ha un’orchestrazione particolare, poco confacenti al clima del genere messa: solo archi, trombe e percussioni (strumenti più da tempi di guerra, ma questa era la disponibilità di casa Esterházy all’epoca).
È soprattutto il coro a spiccare per la precisione degli ingressi delle voci – in particolare nei tanti fugati – e per una interpretazione complessiva in grado di ammantare di una velatura tragica tutta la Missa (con particolare riguardo per il Kyrie iniziale e il Benedictus). Il piccolo rovescio della medaglia è che forse l’orchestra non è abbastanza corposa per supportare una massa vocale così imponente (una cinquantina circa di coristi contro una ventina di musicisti) e gli strumentisti appaiono a volte un po’ soffocati nei momenti di maggiore intensità drammatica.
Ottimi anche i solisti: non si risparmia Carlotta Colombo (soprano), in quello che è il ruolo vocale più impegnativo della partitura come qualità e quantità, dimostrando un fraseggio agile e sicuro. All’opposto il ruolo del mezzosoprano Benedetta Mazzetto è forse il più ridotto, ma ha parimenti donato grande intensità vocale alla sua interpretazione. I due uomini Gianluca Moro (tenore) e Alessandro Ravasio (basso) si sono combinati egregiamente, dotati entrambi di una voce rotonda e morbida dimostrando un’ottima intesa nei momenti d’insieme, come il Gloria.
Applausi scroscianti al termine dal pubblico che ha riempito numeroso la basilica. Un ottimo concerto offerto ai cittadini, un buon incasso a fin di bene – in questi casi non fa mai male ricordarlo - e una solida reputazione confermata dalla giovane Pizzetti e dai due esperti cori vocali. Questi ultimi, per quanto semi-amatoriali, hanno alle spalle una decennale carriera molto ricca di soddisfazioni: una sinergia, quella tra i tre ensemble, che ci auguriamo di riascoltare quanto prima.
La recensione si riferisce al concerto del 19 maggio 2019.
Emiliano Michelon