Francesco Durante (1684-1755) | Magnificat a 4 voci, 2 violini e basso continuo |
Emanuele d'Astorga (1680-1757) | Stabat Mater per soli, coro a 4 voci, archi e continuo |
Soprano | Sonia Tedia |
Contralto | Chiara Gallo |
Tenore | Michele Concato |
Basso | Matteo Bellotto |
Direttore | Giulio Prandi |
Coro e Orchestra Ghislieri |
Domenica pomeriggio in duomo per il secondo concerto del Coro e Orchestra Ghislieri diretti da Giulio Prandi. La Cattedrale di Utrecht, dedicata a San Martino, è in stile gotico francese ed è al momento ricoperta dai ponteggi, pertanto invisibile. Se ne intuisce però la sagoma massiccia e si indovina la porticina d’ingresso dalla lunga fila di spettatori in divisa da concerto: sandali, pantaloni kaki e camicia scozzese per gli uomini, sandali, pantaloni kaki e canottiera per le signore. La forma in questo caso non è la sostanza, raramente infatti abbiamo visto un pubblico così attento ed educato come quello olandese, capace di restare immobile a lungo per non spostare neppure l’aria, potrebbe infastidire il vicino. L’interno è molto ampio, sviluppato in altezza, con i soffitti arrampicati su colonne a perdita d’occhio. Si teme per l’acustica, ma per poco, già dalle prime battute la musica gioiosa di Francesco Durante si insinua in ogni angolo. Il suo Magnificat a 4 voci, 2 violini e basso continuo è la prima delle due opere previste da un programma dedicato alla Madonna, con il curioso titolo di La Vergine Napoletana, come se ci fosse nata. Allievo di grandi maestri (Alessandro Scarlatti) e maestro di grandi allievi (Pergolesi, fra i tanti), Francesco Durante (1684-1755) sta vivendo una vita propria ormai da diversi anni, parallela alla rinascita e riscoperta della musica antica. Questo Magnificat, rapido e risoluto, è un susseguirsi di cori e duetti sostenuti da un’orchestra protagonista che introduce, commenta, amplifica gli orizzonti del canto, aggiunge sostanza ed energia a questa preghiera colma di gioia e di fiducia in Dio. Giulio Prandi dosa in modo magistrale i volumi di voci, orchestra e continuo, così che ogni sezione possa insediarsi con fermezza in una costruzione sonora che si regge su delicate dinamiche interne. Con grande sensibilità calcola la durata delle pause, permettendo al suono di propagarsi nei vasti spazi e riempire le navate.
In seconda battuta troviamo Emanuele d’Astorga (1680-1757) siciliano di nascita ma poi presente nelle principali capitali musicali d’Europa. Il suo Stabat Mater è il primo dei cinque in programma oggi al Festival in una vera e propria maratona del compianto.
Le venti terzine della sequenza medievale sono raggruppate a due a due, affidate di volta in volta al coro, a un solista accompagnato dal continuo o da strumenti obbligati, e a duetti. Più dalla parte della ragione che del cuore, è uno Stabat dalla solida struttura musicale che ruba l’attenzione fin dalla prima battuta e la mantiene fino alla fine. Sonia Tedla (soprano), Maria Chiara Gallo (contralto), Michele Concato (tenore) e Matteo Bellotto (basso) sono usciti dalle fila del coro per interpretare arie e duetti con la sensibilità e la musicalità necessarie a rispettare l’interazione tra voci e strumenti. Giulio Prandi ne offre una lettura composta e luminosa, fluida e agile nonostante i tempi larghi e dal respiro naturale.
Come sempre il pubblico si è speso in ovazioni, cui ha fatto seguito il bis, mai banale, descritto da Prandi con il consueto garbo. Si trattava di Factum est silentium in coelo, di Davide Perez (1711-1788), un altro compositore napoletano globettrotter, che qui mette in musica la battaglia tra san Michele e il drago. Col tempo si dovrà compilare una raccolta con i bis del Coro e Orchestra Ghislieri, un genere a parte che non delude mai.
Ulteriori ovazioni e pubblico tutto in piedi, con ottime ragioni.
La recensione si riferisce al concerto del 25 agosto 2019
Daniela Goldoni