Canto | Anne-Kathryn Olsen |
Canto | Carine Tinney |
Canto | Razek-Francois Bitar |
Canto | Albert Riera |
Canto | Andrés Miravete |
Canto | Marius Peterson |
Canto | Adrian Sirbu |
Canto | Arnout Malfliet |
Direttore | Bjorn Schmelzer |
Graindelavoix |
Tra i monumenti della polifonia di ogni tempo, i Responsori di Carlo Gesualdo da Venosa (1566-1613), mai veramente dimenticati, hanno conosciuto una diffusione sempre più intensa a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. La loro fama è stata amplificata dalla personalità dell’autore, il principe uxoricida e maledetto cui sono stati dedicati romanzi, film e documentari non tutti indispensabili che, se da un lato lo hanno fatto conoscere ad un pubblico più vasto di quello degli specialisti, dall’altro hanno spostato l’interesse dalla sua musica, che tutto contiene, alla vita e alle tragedie che l’hanno connotata.
Björn Schmelzer, direttore dei Graindelavoix, in quattro ore di maratona/concerto nella Janskerk ha dimostrato che nessuna vicenda personale, per quanto efferata, può sopravanzare il clamore della sua invenzione musicale.
I Responsori sono divisi in tre giornate, giovedì, venerdì e sabato della Settimana Santa, ciascuna con nove riflessioni sulla Passione di Cristo scritte in tardo latino. I testi sono brevi, a volte descrittivi di un evento, altre sono un invito alla meditazione. È noto che Gesualdo seguiva un proprio codice personale di composizione, con regole spesso in contrasto con i canoni correnti. In particolare amava gli intervalli non canonici, tra cui il tritono (intervallo di quarta aumentata) evitato con cura perché talmente dissonante per il gusto dell’epoca da essere considerato evocativo del diavolo. Questa sua grammatica personale viene applicata alle parole del testo in modo sconcertante, reso chiaro dall’interpretazione dei Graindelavoix, come se scegliesse una o due parole chiave per ogni versetto e su quelle fondasse l’impalcatura drammatica, psicologica, patetica, introspettiva dell’episodio. Il suicidio di Giuda, ad esempio, termina con le parole laqueo se suspendit (si appese con una corda). Quel suspendit resta sospeso anche in musica, con una frase che si attende conclusiva ma non lo sarà, al termine di poche battute talmente strazianti da farci provare pietà per il traditore. Questo lavoro sul testo e sulla potenza espressiva della musica di Gesualdo si regge sull’intonazione, difficile da mantenere quando un pensiero musicale è fondato sulle dissonanze. In questo i Graindelavoix sono eccellenti. Benché assolutamente originali nell’emissione e negli attacchi non canonici, in possesso ciascuno di un timbro inconfondibile, quella materia viva della voce che è la cifra di quest’ensemble, non perdono mai l’aplomb, neppure in quattro ore di concerto di una intensità senza eguali, almeno per la nostra esperienza. Mai passione di Cristo ci è apparsa più umana e terrena, mai dolore più condivisibile di quello espresso a voce sommessa nel finale di Caligaverunt oculi mei, in cui Schmelzer ci ha commosso anche contro la sua e la nostra volontà.
I Responsori della settimana santa spesso vengono raccolti sotto il titolo di Tenebrae. E tenebre sono state, nella chiesa buia, illuminata sola dalla lampadina appesa sopra il cerchio dei cantori, marchio di fabbrica dei Graindelavoix. Purtroppo il buio, anche se suggestivo, ci ha impedito di seguire il testo, fondamentale per la comprensione dell’opera. Ma Schmelzer è così, prendere o lasciare. Molti hanno lasciato, così il tutto esaurito delle 20.00 si è ridotto di un buon 50% nel finale, per la prima defaillance del pubblico olandese che forse sarebbe stato aiutato dalla fruizione di un testo. Non è stato un peccato, è stato l’effetto di un concerto estremo, memorabile, ma difficile. Chi ha lasciato tornerà, e se non tornerà si rifugerà un’altra musica. Il pubblico restante ha applaudito a lungo con insolito calore.
La Janskerk aveva ospitato il giorno precedente un breve concerto dei Graindelavoix dedicato ad Alexander Agricola e al Canzoniere di Montecassino. Agricola si era recato a Napoli diverse volte, ai tempi di re Ferdinando I che tentò di assumerlo a corte senza riuscirci. Il concerto ha alternato brani del canzoniere di Montecassino ad alcune composizioni di Agricola, Guillaume Dufay e altri per mettere in luce le differenze o le consonanze di stile. I Graindelavoix, questa volta accompagnati da liuti e da una inconsueta viola d’arco, si sono espressi con la consueta efficacia, anche se l’unione con gli strumenti ha tolto loro un po’ di smalto.
La recensione si riferisce al concerto del 30 agosto 2019
Daniela Goldoni