Giovanni Maria Trabaci (ca.1575-1647) | Passio secundum Marcum (1634) |
Arpa | Elena Spotti |
Direttore | Jean-Marc Aymes |
Concerto Soave |
La Pieterskerk, antica chiesa di impianto romanico nel centro storico di Utrecht, ospita numerosi concerti di cui molti in tarda serata, sempre a carattere religioso. La navata centrale di questo edificio spoglio e bianco è caratterizzata da tre file di banchi di legno divisi in cellule da tre o cinque posti, chiuse da porte laterali piuttosto alte, forse per difendersi dal freddo dell’inverno. Ci si ritrova così in un ambiente raccolto, seduti dritti sui sedili rigidi con leggii per i libri di preghiera, già predisposti alla meditazione. È qui che si tengono i concerti più esoterici, rarefatti, preziosi, insoliti e spesso inauditi. Un luogo perfetto per ospitare la Passio secundum Marcum (1634) di Giovanni Maria Trabaci (1575-1647) in prima esecuzione mondiale in tempi moderni.
Organista e clavicembalista di primaria importanza non solo per la sua epoca ma anche per le generazioni successive, scrisse anche per la voce, soprattutto mottetti a cinque di fattura complessa e ricercata. Lavorò a lungo come maestro di cappella per il Viceré spagnolo a Napoli Fonseca de Zunica, ed è per lui che compose questa Passione secondo Marco che fa parte di un ciclo completo di quattro. Il Viceré non amava le novità, era ancora legato al canto gregoriano e al falso bordone ed è seguendo queste indicazioni che lavorò Trabaci.
Il risultato è straniante, da una parte per l’evidente anacronismo, attenuato da numerose dissonanze poste dal compositore soprattutto nei finali di frasi, dall’altra per la fluidità e la compattezza drammatica con cui si snoda il racconto della Passione, rapido e inesorabile. Non c’è spazio per la riflessione, non ci sono occasioni di meditazione, tutto si svolge in un tempo breve e disperato, dove la pacatezza della scrittura musicale non concorre a stemperare il dolore. Il testo evangelico latino prevale, insieme racconto, devozione e compianto. Il Concerto Soave, ensemble francese diretto da Jean-Marc Aymes all’organo e accompagnato da Elena Spotti all’arpa, mette al servizio della composizione le voci dei suoi componenti, non solo e semplicemente belle, ma capaci di valorizzarsi a vicenda per la fusione dei timbri, ben differenziati e in grado di evidenziare armonie e dissonanze. La pronuncia perfetta del latino ha aiutato molto la resa del testo, oltre alla cura dedicata ad ogni parola, in totale assenza di toni drammatici ed enfasi sugli affetti, quasi a lasciare a chi ascolta la libertà di rielaborare il dolore infinito in modo intimo e personale.
Il folto pubblico, come sempre composto e silenzioso, ha applaudito con convinzione trattenendosi nonostante l’ora tarda.
La recensione si riferisce al concerto del 24 agosto 2019.
Daniela Goldoni