Soprano | Valentina Mastrangelo |
Direttore | Marco Mencoboni |
Cantar Lontano | |
Canalgrande Orchestra |
La Jacobikerk tra le sette chiese impegnate dal Festival è la più bianca, la più spoglia e la più luminosa. Alle cinque del pomeriggio la luce entra a fiotti dai finestroni la cui superficie è quasi superiore a quella dei muri. Il pubblico, in versione sempre più estiva, sembra pronto per un trekking, tutti con lo zainetto, molti in sandali tecnici e qualcuno in bermuda. Qualche eccentrico è vestito come per andare in chiesa. Tutto questo rende molto straniante l’esecuzione di una Messa da Requiem cattolica in una chiesa protestante inondata di sole e piena all’inverosimile di vacanzieri. Eppure l’ambientazione si rivelerà non così avulsa da quanto ascolteremo: una musica serena che parla di morte come di un evento inesorabile ma sopportabile.
Appartenente all’ultimo periodo della produzione di Francesco Durante, la Messa dei Morti in re minore fu con molte probabilità rappresentata per la prima volta nel 1746 a Roma nella Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli come omaggio al re Fiippo V di Spagna, morto in quell’anno. (Marco Mencoboni, note al concerto) L’organico è consistente, due cori e orchestra, per una composizione solenne consona all’occasione ma capace di aprire diversi spazi di riflessione in momenti non convenzionali. La famosa sequenza del Dies irae si avvia con un coro assertivo, quasi omofono, che procede a blocchi di suono potenti ma che non incutono timore. Il Tuba Mirum, attaccato dal soprano Valentina Mastrangelo con foce ferma, limpida e forte promette la felicità di ascoltare un suono mai udito prima, quello della tromba del giudizio che farà uscire i morti dalle tombe, scelta che va contro il sentire comune, in genere inorridito dall’evento. Non a caso la ripresa prevede abbellimenti di grande virtuosismo, che intendiamo come segno di speranza nella resurrezione. Anche il Rex tremendae suona come un’invocazione fiduciosa nella salvezza. Luminoso e toccante, l’incipit del Lacrimosa è nuovamente affidato al soprano e concluso con una fuga di grande effetto sull’Amen, così come è suggestivo il Benedictus per coro e continuo. Fuori dagli schemi anche il Lux aeterna finale, affidato alle sole voci del coro, molto elegante.
Marco Mencoboni con il coro Cantar Lontano e l’Orchestra Canalgrande non si è lasciato sfuggire alcuna opportunità per rendere viva e accattivante quest’opera di raro ascolto, accolta con entusiasmo dal pubblico cui è stato proposto, come bis, il Lacrimosa interpretato in modo ancora più intenso e sentito.
La recensione si riferisce al concerto del 31 agosto 2019
Daniela Goldoni