Johannes Brahms | Trio in si maggiore op.8 |
Ludwig van Beethoven | Triplo concerto in do maggiore op.56 |
Direttore | Stefano Sacher |
Trio Rachmaninov | |
Violino | Stefano Furini |
Violoncello | Cecilia Barucca Sebastiani |
Pianoforte | Alberto Boischio |
Amadeus Adriatic Orchestra | |
Il 27 gennaio ricorre, oltre che la Giornata della Memoria, anche il “compleanno” di uno dei più grandi geni mai comparsi sul pianeta: Wolfgang Amadeus Mozart.
La sede triestina dell’Associazione Mozart Italia ha festeggiato l’evento con un concerto intitolato “Il trio da camera e con orchestra” presso la Sala Piccola Fenice. Il programma prevedeva due pagine musicali importanti e impegnative e cioè il Trio in si maggiore per archi e pianoforte, op. 8 di Johannes Brahms e il Concerto in do maggiore per pianoforte, violino e violoncello, op. 56 di Ludwig van Beethoven, noto anche come il “Triplo concerto”.
Protagonisti dell’esecuzione il Trio Rachmaninov e la Amadeus Adriatic Orchestra diretta da Stefano Sacher. Per l’occasione, il concerto di Beethoven è stato registrato live dalla casa discografica Velut Luna.
La formazione attuale del Trio Rachmaninov, formato nel 1995, conta sul Konzertmeister del Teatro Verdi di Trieste, Stefano Furini, sulla giovane violoncellista triestina Cecilia Barucca Sebastiani e sul pianista padovano Alberto Boischio.
Per quanto riguarda la Amadeus Adriatic Orchestra si può dire sia una creatura della stessa Associazione Mozart, che dalla fondazione nel 2011 ha sempre guardato con interesse ai giovani musicisti dei conservatori incentivandone l’impegno e cercando di valorizzarli nel tormentato e difficile panorama musicale italiano. Anche grazie al patrocinio della Regione Friuli-Venezia Giulia, l’orchestra ha al suo attivo una nutrita serie di concerti a partire dal 2015.
Di là dei particolari, ciò che conta è la grande sensazione di freschezza che si prova già all’entrata in sala di questi giovani ragazzi. L’andatura dinoccolata e informale di alcuni, l’emozione evidente nell’espressione di altrisono un biglietto da visita che cattura subito l’attenzione dello spettatore e lo predispone a un ascolto sereno e rilassato.
Dopo una lodevole dichiarazione d’intenti per il 2019 del Presidente dell’associazione, Dario Marin, la parola è passata alla musica.
Il concerto è cominciato con il Brahms di cui sopra: un’opera giovanile interessante, forse anche troppo criticata (e autocriticata dallo stesso compositore) che è caratterizzata da un brio spensierato e da un’immediata empatia ma non certo facile da eseguire.
Il Trio Rachmaninov ne ha dato un’interpretazione gagliarda, corposa e al contempo raffinata. Particolarmente emozionante l’Adagio non troppo del terzo movimento, in cui il dialogo tra violino e violoncello ha assunto tratti davvero rimarchevoli per dolcezza, pulizia e vivacità. Eccellente la sintonia tra Furini e la giovanissima ventiquattrenne Barucca Sebastiani, ben coadiuvati dagli interventi del pianoforte di Boischio.
Purtroppo l’acustica della sala – e vale anche per la pagina di Beethoven successiva – ha penalizzato un po’ l’amalgama del suono che, a tratti, usciva leggermente impastato per la prevalenza (almeno dalla mia posizione) del pianoforte.
Beethoven è un compositore che non ammette pressapochismi o improvvisazioneche andrebbero a inficiare la maestosa architettura formale che sempre caratterizza la sua musica. Per un ensemble giovane econ poca esperienza credo sia una sfida da brividi.
Va dato merito perciò al direttore, Stefano Sacher, di aver preparato in modo esemplare l’orchestra a un cimento tutt’altro che facile.
I contrasti dinamici, spesso molto accentuati in Beethoven, sono stati gestiti con grande intelligenza e serenità dalla giovane compagine che ha palesato un suono a tratti acerbo per rotondità ma in ogni caso compatto e quasi privo di sbavature. L’accentuato lirismo del Largo del secondo movimento è stato reso alla perfezione grazie alle non comuni doti virtuosistiche di Cecilia Barucca Sebastiani la quale, sotto lo sguardo vigile e attento di Stefano Furini ha interpretato la parte con un fraseggio delicato ed eloquente allo stesso tempo. Nell’esecuzione dal vivo la definizione per questa pagina, dello stesso Beethoven, di sinfonia concertante è sembrata davvero illuminante.
Il Rondò alla Polacca che chiude il concerto è uscito snello ed effervescente. I noti couplet hanno stimolato il virtuosismo dei solisti che hanno davvero dato prova di splendido affiatamento e comunità d’intenti.
Alla fine grande successo per tutti, manifestato dal folto pubblico con applausi intensi e meritatissimi.
La recensione si riferisce alla recita del 27 gennaio 2019
Paolo Bullo