Progetti Contemporanei |
Musiche in prima esecuzione assoluta |
di Federico Gon, Cristian Carrara, Marco Podda e Marco Taralli |
su commissione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste |
Sala "Victor de Sabata" Ridotto del Teatro Verdi |
Domenica, 4 dicembre 2016 |
Direttore Beatrice Venezi |
Maestro del Coro Francesca Tosi |
Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste |
Programma |
Federico Gon |
The Tempest |
Ouverture da concerto da "La tempesta" di W. Shakespeare |
Cristian Carrara |
Eveline |
Omaggio a James Joyce e a Trieste |
I. She sat at the window watching |
II. In a distant unknown country |
III. To explore another life |
IV. In the station at he North Wall |
V. Come! |
Marco Podda |
Elegia sinfonica (R. M. Rilke - II Elegia Duinese) |
per coro femminile e orchestra |
Marco Taralli |
Viola aurata per coro e orchestra |
La Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, con un concerto di grande interesse, ha presentato un nuovo e significativo progetto che vedrà l’Istituzione impegnata per quattro anni nelle vesti di committente di nuove opere. Stefano Pace, Sovrintendente dell’Ente Lirico, salutando il pubblico, ha definito Progetti contemporanei "il più importante fra gli spettacoli allestiti nella Sala del Ridotto", un preludio a quel che seguirà. Quattro prime esecuzioni assolute sono state proposte alla presenza degli autori: Federico Gon, Cristian Carrara, Marco Podda e Marco Taralli; a ciascuno di essi è già stata conferita la commissione per la scrittura di un’opera in un atto da mettere in scena a partire dal 2017. Gli scopi di questa considerevole iniziativa sono molteplici: avvicinare un pubblico più vasto all’ascolto di repertori di esecuzione mggiormente rara rispetto alla stagione in abbonamento, la sfida di ritenere l’opera lirica una forma di musica ancora vitale, rappresentabile ed accessibile anche se composta oggi, quando creata da autori capaci di realizzare pagine nuove all’interno di un contesto formale noto, avvicinandosi in qualche modo alla realizzazione di quella “giovane classicità” teorizzata da Ferruccio Busoni, di madre triestina.
Ognuna delle opere proposte ha preso spunto da generi letterari diversi, teatro, prosa, elegia e poesia, creando significativi spunti di riflessione per l’ascoltatore. L’Orchestra ed il Coro della Fondazione Lirica sono stati guidati dal M° Beatrice Venezi (senza bcchetta) con un gesto elegante, chiaro, deciso, raffinato che, assieme al bell’abito lungo, hanno dato senso ad una direzione al femminile intesa nel senso più alto del termine, coinvolgendo emozionalmente tutti i musicisti e, attraverso loro, il pubblico.
Il pomeriggio si è aperto con l’Ouverture da concerto The Tempest di Federico Gon, dall’omonima opera di Shakespeare. Scritta per celebrarne i 400 anni dalla morte, ben si collega al filone delle musiche di scena e da film che hanno avuto Sergej Prokofiev tra i massimi esponenti. La magia del capolavoro teatrale c’è tutta e, di volta in volta, appare l’ambientazione in cui si svolge la vicenda, si fanno avanti i personaggi, la magia bianca e la magia nera imperano e la Napoli dei naufraghi si fa sentire accanto alla regalità secentesca.
Con Eveline – Omaggio a Joyce e a Trieste di Cristian Carrara, si passa a nuove atmosfere, più rarefatte, dotate di una diversa forma di fascino, tratte da un testo più vicino a noi in senso temporale: il breve racconto tratto da Gente di Dublino. Qui si hanno tutt’altre suggestioni da un autore che ha fatto della sonorità verbale la propria cifra al punto da considerare quasi un delitto leggere le sue opere in traduzione. Come giustamente scrisse Italo Svevo,“ I dublinesi (tradotti in francese col titolo Gens de Dublin) vi sono noti […]. L’importanza di tali novelle è scemata dal confronto coi lavori che le seguirono, ma si può dire che il Joyce vi ha trovato le sue intere basi. È il raccontatore impersonale che non trascura nulla, né dimentica una linea di colore. I suoi personaggi si possono toccare.” Carrara offre delle suggestioni che sono quasi un accenno, il profumo delicato dei luoghi descritti dal testo. La drammaticità interiore è invece espressa in modo fortissimo senza nascondere nulla: l’ineluttabilità, l’impossibilità di uscire da una condizione subita, la speranza tradita, il desiderio di una vita degna. Il ritmo percussivo presente ad un certo punto, sostenuto anche dai pizzicati degli archi esprime tutta l’angoscia della protagonista.
Da James Joyce a Rainer Maria Rilke il passo è breve in termini cronologici, ma la distanza filosofica è siderale: Marco Podda sceglie la Seconda Elegia Duinese come fonte di ispirazione per la sua Elegia sinfonica per coro femminile e orchestra, nella quale le atmosfere celesti vengono infrante dalla fallibilità e dall’imperfezione umana. Il tempo corre, fugge via, scandisce in modo a tratti ossessivo la vita. Un coro angelico tenta di ricomporre il desiderio di Assoluto cui il soffio dell’anima aspira per elevarsi, ma l’umana natura, appesantita da una banale quotidianità rende tutto ciò irraggiungibile. Un grandissimo sforzo permetterebbe di liberarsene, ma non sempre si è pronti a farlo, forse per timore di fallire ed il rimpianto immenso per una felicità infelice soltanto sfiorata rende tutto fatale e per questo commuove, toccando ognuno nel profondo. È il momento centrale dell’opera, intorno alla quale tutto ruota e dalla quale si passa ad un lungo finale dai toni ieratici, quasi da tragedia greca, quasi catartico.
Anche per Marco Taralli è il tempo con l’illusione di eternità che da esso procede a far da guida in Viola Aurata per coro misto e orchestra sui versi di Fabio Ceresa. L’inizio è suggestivo, lirico; la parte strumentale, con dei bellissimi incisi, fa da sostegno alle voci, vere protagoniste di una composizione in cui le atmosfere esteriori vengono evocate per suscitare quelle più nascoste; ampio spazio è dato alla descrizione dell’interiorità attraverso il linguaggio di un poema sinfonico dalle molte suggestioni. All’interno di esso un intenso fugato corale attraversa le epoche. L’alternanza fra ciò che avviene all’esterno e all’interno di ogni individuo è bene esposta nella conclusione ora sognante, ora trionfale, ora dotata della capacità di affrancare.
Nella bella intervista rilasciata da Beatrice Venezi a Maria Cristina Vilardo e apparsa sul Il Piccolo del 3 dicembre scorso, la Direttrice d’orchestra definì il programma: “ …un puzzle complesso di colori, di nuance, di linguaggi l’uno diverso dall’altro. Quello che unifica le quattro composizioni è la volontà di comunicare a un pubblico più ampio e questo è impagabile nella musica contemporanea.” Sarebbe davvero bello che ciò venga compreso, riconosciuto ed accolto.
La recensione si riferisce alconcerto del 4 dicembre.
Paola Pini