Il Conte D'Almaviva | Gianluca Bocchino |
Don Bartolo | Giuseppe Esposito |
Rosina | Leyla Martinucci |
Figaro | Gabriele Nani |
Basilio | Abramo Rosolen |
Berta | Francesca Salvatorelli |
Fiorello | Neven Stipanov |
Un Ufficiale | Christian Federici |
Ambrogio | Claudio Mezzelani |
Regia | Davide Garattini Raimondi |
Scene e Disegno luci | Paolo Vitale |
Costumi | Giada Masi |
Sartoria | Ilaria Papis |
Assistente alla regia | Anna Aiello |
Direttore | Federico Santi |
Orchestra di Padova e del Veneto | |
Coro USCI FIGC | |
Maestro del Coro Federico Lepre | |
in collaborazione speciale con Associazione Culturale e Musicale Tourdion | |
Il Piccolo Festival FVG anche quest’anno ha proposto un pregevole programma musicale in alcuni dei luoghi più belli della regione. Ci limitiamo a parlare di questo Barbiere di Siviglia al Castello di San Giusto di Trieste, replica della prima andata in scena a Villa Manin. Uno spettacolo in cui si riassume lo spirito del festival, che con pochi mezzi riesce a mettere in scena un’opera tutt’altro che facile in modo, come diremo, più che apprezzabile, in cui il livello certo non alto dell’esecuzione musicale era ampiamente bilanciato da un bello spirito d’insieme e da una dose di comicità non gratuita, non volgare, che molto di rado si vede nei migliori teatri.
Gran parte del merito va a Davide Garattini Raimondi, che si è avvalso di una tra le scenografie più povere (nel più puro senso della parola) tra quelle pensabili, a cura di Paolo Vitale: colonne di casse verdi di frutta e verdura, quelle che nei supermercati rionali danno un senso insieme di povertà, appunto, ma anche di genuina accoglienza. Proprio per questo, con qualche spostamento qui e là delle colonne di casse orchestrato da Claudio Mezzelani (Ambrogio), la scena è agile, gradevole, e tra un cavolo qua e un’albicocca là Garattini Raimondi arricchisce recitativi e concertati con bello spirito e mano felice in molte occasioni. Proprio questo spirito manca, troppo spesso, al Barbiere che sempre si vede a teatro, sempre musicalmente migliore di questo e sempre più noioso di questo. Perché c’è poco da fare, i tempi comici di Rossini non possono essere affidati solo alle coloriture di Rosina o al belcanto del Conte o a qualche smorfia di Figaro. Insomma, se è vero che è un’opera comica, sarebbe meglio ridere. Certo, è vero che cantanti, diciamo, da teatro stabile devono concentrarsi non poco sulle note da fare: questa compagnia giovane e affiatata, per la quale colorature e agilità varie erano quasi sempre fuori dalla portata, poteva sentire e riprodurre il ritmo dell’opera con bella spigliatezza. Discreta la direzione di Federico Santi, alla guida della buona Orchestra di Padova e del Veneto vittima però dei consueti limiti dell’aria aperta: suono spesso uguale, poco amalgama, dinamiche quasi inesistenti, che ricordano quanto un’opera al castello è una bella esperienza che si condivide con i gabbiani e con un pubblico che per buona parte torna un quarto d’ora dopo l’inizio del second’atto (del resto, che serata c’era…) e in cui ci si deve divertire senza troppe pretese, a meno che non ci sia Filippeschi a farsi sentire anche in piazza Unità (così dice la leggenda).
Gianluca Bocchino, comprimario spesso presente al Verdi, Filippeschi davvero non è: la voce è piccola e piuttosto corta, quasi priva di agilità, ma è un buon conte “en plain air”, simpatico e preciso nei recitativi, che trova in Gabriele Nani, Figaro, un partner ideale. Bello in scena, piuttosto elegante, di voce gradevole ma anch’essa piccola, Nani fa la sua rispettosa figura da cantante disinvolto di teatri dei circuiti minori, quelli che tirano avanti la carretta della lirica italiana insomma, e guai se non ci fossero. Lo stesso vale per la graziosa Leyla Martinucci, mezzosoprano che strappa applausi particolarmente sentiti perché in lei la comicità dello spettacolo raggiunge i suoi momenti migliori. Inutile soffermarsi sui dettagli: cantano tutti senza rischiare, senza strafare, senza acuti (in tutti i sensi), ma nessuno si sogna di storcere il naso: questo è il Barbiere, non un Barbiere specifico di un teatro specifico. Con qualche nota in meno, certo, ma puro, quasi vergine. Altra qualità vocale presentavano Giuseppe Esposito e Abramo Rosalen, rispettivamente Bartolo e Basilio: soprattutto il secondo, che ha un emissione facile e una buona presenza scenica. Bravi anche Francesca Salvatorelli, simpaticissima Berta, e gli altri comprimari.
Saluto affettuoso di un pubblico capitato lì un po’ per caso, che esce dicendo “ma che divertente che xè sto Barbiere di Siviglia!”. Missione compiuta.
La recensione si riferisce alla serata del 7 luglio.
Lorenzo De Vecchi