Mimì | Carla Maria Izzo |
Rodolfo | Ramon Vargas |
Musetta | Virginia Wagner |
Marcello | Vladimir Stoyanov |
Schaunard | Enrico Marrucci |
Colline | Mario Luperi |
Benoit-alcindoro | Graziano Polidori |
Il Sergente | Paolo Morelli |
Direttore D'orchestra | Alberto Veronesi |
Regia | Maurizio Scaparro |
Scene e Costumi | Jean-michel Folon |
Orchestra Cittàlirica |
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Coro Cittàlirica |
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Maestro del Coro | Bruno Nicoli |
Coro Voci Bianche Dell'oratorio |
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Di Santa Rita di Viareggio |
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Maestro del Coro Voci Bianche | Susanna Altamura |
Il Festival Puccini ha aperto i battenti della sua 49° edizione trasportando idealmente gli spettatori nella Parigi bohémienne della prima metà dell’800 grazie alla fantasiosa e intelligente macchina del tempo inventata dallo splendido duo composto dal regista Maurizio Scaparro e dallo scenografo Jean-Michel Folon. Molte erano le attese per questa nuova edizione de La Bohème e in larga misura, adeguate alle aspettative sono state le soddisfazioni rese al pubblico che ha preso parte allo spettacolo. Il primo quadro si apre e subito risalta su tutto, il pavimento sagomato a forma di tavolozza da pittore su cui poggia lo scarno arredamento della soffitta degli artisti. Un divanetto bordeaux, un tavolino qualche sedia e intorno alcuni quadri astratti. La scena è dominata sullo sfondo da un enorme cavalletto la cui tela costituisce il mega schermo sul quale intelligentemente verranno proiettati, ora acquerelli descrittivi degli stati d’animo dei protagonisti, ora immagini animate utilissime a creare le giuste atmosfere, ora sfondi pittorici belli e utili a creare la realtà in cui vivono i protagonisti della vicenda. Un’apertura di scena di tal livello pittorico seguita dal duetto in apertura di primo atto tra il Rodolfo di Ramon Vargas e il Marcello di Vladimir Stoyanov entrambi subito in ottima evidenza mi mette davvero di ottimo umore. Per completare il discorso prettamente registico/scenografico, voglio evidenziare come nel secondo atto con pochi cambiamenti, ma coerenti al disegno di partenza sia stato possibile ricreare simpaticamente, sia uno squarcio del quartiere latino, sia, distribuendo in sequenza dei tavolini rotondi a mo’ di colori disposti sulla tavolozza, l’interno del caffè Momus. Questa è la dimostrazione che si possono creare delle belle regie d’opera, moderne, innovative, ma sempre nel pieno rispetto del libretto, dell’autore e soprattutto, tralasciando stupidi e incomprensibili intellettualismi. Bravi! Anche riguardo i cantanti c’è da esprimere soddisfazione. Ramon Vargas nonostante il volume rimanga da lirico-leggero è oggi uno dei pochi tenori in grado di trasmettere palpitanti emozioni dimostrando grande consapevolezza di quello che sta cantando unita ad una piena padronanza scenica e tecnico/vocale. Non da mai l’impressione di limitarsi ad emettere dei suoni ben controllati, bensì il suo fraseggio da sempre la sensazione di partire direttamente dall’anima di Rodolfo che grazie alle sue corde è un poeta fragile, innamorato follemente e in certi momenti si ha quasi l’impressione d’essere indifeso accanto alla matronale Mimì di Carla Maria Izzo. Mi è parso interessante dal punto di vista dello svolgersi complessivo della vicenda, l’aver accostato quale coppia di innamorati, due voci tanto diverse, soprattutto quanto a peso specifico. Questo è il motivo per cui Mimì mi è parsa essere personaggio più attuale, più vicina alla personalità delle donne moderne, forti e indipendenti e non la solita fanciullina dolce, ingenua e indifesa. Carla Maria Izzo ha sicuramente una voce importante, tuttavia a volte tanta sontuosità di mezzi la porta ad eccedere in volume sui centri con il risultato di incorrere talvolta in acuti, sempre voluminosi, ma non bene a fuoco e un po’ fibrosi. Se solo riuscisse a dosare un pochino meglio, soprattutto in certi momenti, la sua potente natura vocale, i risultati le darebbero sicuramente più ragione. Comunque nel complesso una buona Mimì. La Musetta di Virginia Wagner non ha lasciato il segno. Il suo canto non è frizzante come ci si aspetterebbe e forse la voce è un po’ troppo lirica per il ruolo della frivola Musetta, tuttavia si è meritata la sufficienza anche grazie ad una brillante recitazione. Ottimo anche il Marcello di Stoyanov che si è calato adeguatamente negli importanti panni del pittore, dimostrato anch’egli spigliatezza scenica, voce di sufficiente volume e ben impostata. Un baritono che spero di riuscire a sentire ancora nei nostri teatri. Molto bravo Mario Luperi quale Colline il quale non è passato inosservato, sia per la notevole presenza scenica, sia per la voce da vero basso, scura al punto giusto. Il pubblico ha mostrato di apprezzare e giustamente, il momento topico per il ruolo di Colline: “vecchia zimarra”. Schaunard era Enrico Marrucci il quale ha cantato correttamente completando in questo modo degnamente l’ottimo livello del cast proposto per questa apertura di Festival. Direttore d’orchestra era Alberto Veronesi il quale ha diretto l’orchestra CittàLirica mostrando di seguire con attenzione tutti i cantanti, senza trascurare dove necessario, di dare gli attacchi e cercando per quanto possibile per un teatro all’aperto, di non tralasciare la ricerca dei giusti colori, piegando il suono dell’orchestra ad un’evidente partecipazione emotiva. Buona la prestazione del coro diretto da Bruno Nicoli. Non dimentichiamo che l’ottimo spettacolo è andato in scena nella sempre suggestiva cornice del lago di Massaciuccoli con tanto di luna “vera” a far da sfondo ed il contributo interessante di qualche cicala che ben ha saputo integrare il suo canto allo spartito de La Bohème, segno che da queste parti tutto suona estremamente pucciniano.
Danilo Boaretto