Serpina | Valeria La Grotta |
Uberto | Giuseppe Naviglio |
Vespone | Gabriele Salonne |
Direzione e cembalo | Sabino Manzo |
Regia, scene e costumi | Chicco Passaro |
Orchestra Barocca Santa Teresa dei Maschi |
Il «Giovanni Paisiello Festival» di Taranto, superato il giro di boa delle onoranze bicentenarie tenutesi lo scorso anno, prosegue nell’impegno di ricollocazione storica e culturale dell’opera paisielliana, conducendo una battaglia all’insegna del rigore e della qualità artistico-musicologica ai fini di una divulgazione corretta e intelligente.
La XV edizione del GPF, appena funestata da “turbe” meteo, ha puntato su due titoli operistici del periodo pietroburghese: La serva padrona (1781) allestita nell’atrio del Mudi (museo diocesano) e Il barbiere di Siviglia (1782) che andrà in scena prossimamente nel restaurato chiostro del convento di S. Antonio (ex carcere).
Fra tutti gli “intermezzi” buffi settecenteschi, La serva padrona è indubbiamente quello che meglio esprime i caratteri di un’epoca, mantenendo a tutt'oggi un’aura di celebrità, per il libretto scritto da Gennaro Antonio Federico ma soprattutto per la musica di Pergolesi.
Quando Paisiello nel 1781 decise di mettere mano al celebre intermezzo pergolesiano composto 48 anni prima, si lasciò convincere a intonarlo dopo aver appreso che effettivamente Pietro Alessandro Guglielmi aveva musicato il medesimo testo presentandolo con successo nel napoletano Teatro dei Fiorentini.
L’intento di Paisiello, dunque, non era quello di “scippare” a Pergolesi un testo di successo (come provocatoriamente scritto nel libro di sala) ma di operare, sulla struttura tradizionale dell’intermezzo, una sorta di dilatazione, mediante l’utilizzo di un organico strumentale più ampio e l’inserimento, contro le consuetudini, di una sinfonia oltre a nuovi episodi di più spiccato interesse musicale, come l’aria aggiunta di Serpina, Donne vaghe posta alla fine del primo intermezzo e che ieri sera, inspiegabilmente, è stata inserita all'inizio del secondo intermezzo. Paisiello, pertanto, scrisse un lavoro che vive di luce propria e non deve pagare nessun debito al compositore marchigiano!
La riproposta non ha deluso le attese del pubblico il quale si è mostrato per niente disorientato di fonte ad uno spettacolo American Graffiti anni ‘50 curato da Chicco Passaro, al suo debutto nella regia d’opera, autore anche delle scene e dei costumi. In tempi in cui la riscrittura drammaturgica da parte dei registi sta diventando non l’eccezione ma la regola, bisogna dare atto al regista francavillese di aver avuto estremo rispetto nei confronti del testo e della musica, portando il contributo della sua esperienza in ambito teatrale nella realizzazione di uno spettacolo dal ritmo vivace e brillante, trovando in una ambientazione aggiornata la pertinente evoluzione della vicenda. Ammirati le scene e i costumi dai colori vivaci e in stile anni cinquanta improntati su colori di riferimento, verde, rosso e bianco a pois.
Lo spettacolo, coprodotto con l’associazione Florilegium Vocis ha messo in campo l’Orchestra Barocca di Santa Teresa dei Maschi, che suona su strumenti storici, sotto la guida del maestro Sabino Manzo. Preciso e vario nell’accompagnamento, la sua lettura punta su una continuità di ritmo e nel controllo del suono che riesce a tenere a giusta distanza dalle voci. Il complesso è volenteroso, tecnicamente e stilisticamente persuasivo, tuttavia qualche volta si avverte un cedimento nell'intonazione.
In palcoscenico si sono fatti ammirare il giovane soprano Valeria La Grotta, una Serpina vivace e maliziosa, di grande verve scenica. Attenta ai recitativi ed efficace nel controllo vocale delle arie, si è mostrata sempre vigile nel non cadere nella leziosità. Intonata, musicale, tecnicamente agguerrita, ha eseguito in maniera impeccabile l’aria “Donne vaghe”. Al suo fianco Giuseppe Naviglio, da artista “navigato”, si è riconfermato interprete arguto e intelligente nei panni dell'attempato Uberto, imponendosi con una vocalità generosa di basso baritono, aiutato da una dizione di facile comunicativa.
Completava il cast il mimo Gabriele Salonne (il servo Vespone e il collerico Capitan tempesta) simpatico ed efficace.
Successo unanime per tutti, più volte evocati alla ribalta.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 13 settembre 2017
Dino Foresio