Letitia Singleton | Mezzosoprano |
Randal Turner | Basso |
Michelle Canniccioni | Soprano |
Lorenzo Carola | Tenore |
Massimo Luconi | Regia e Scene |
Paola Marchesin | Costumi |
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Allestimento Scenico a Cura del Teatro del Giglio di Lucca |
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Lorenzo Donati | Maestro del Coro |
Camerata Strumentale "città di Prato" |
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Luca Pfaff | Direttore |
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Prima Esecuzione Assoluta |
Nel pieno rispetto del canone greco, da contrapporre alla mitologia tedesca wagneriana, anche il nostro Vate, al secolo Gabriele D’Annunzio, ebbe a cimentarsi col teatro musicale. Quell’unico tentativo è datato tra il 1895 – anno in cui il poeta decise il suo titolo e il suo svolgimento drammatico - e il 1913 - anno in cui si concluse la sua composizione musicale. L’idea originaria di rappresentare La città morta, primo lavoro teatrale del giovane poeta di Pescara, come “dramma moderno in cinque atti” in prosa, con accompagnamento musicale, si trasformò presto nell’esigenza di scrivere una vera e propria opera lirica di cui s’incaricarono della riduzione in libretto lo stesso D’Annnunzio e della scrittura musicale la compositrice francese Nadia Boulanger con la collaborazione del pianista Raoul Pugno. Dell’esito però non s’ebbero mai potute avere notizie, vista l’imminenza del primo conflitto mondiale che ne impedì qualunque esecuzione completa e pure il compimento della partitura, che rimase in forma di spartito per pianoforte e canto. Di una “prima esecuzione assoluta” quindi si parla, raccontando dell’impegno produttivo dell’Accademia Musicale Chigiana che ha disposto la messa in scena di questa Ville morte nell’ambito della 62^ Settimana musicale senese, commissionando la partitura a Mauro Bonifacio che ha basato il proprio lavoro sullo spartito completo, e sul primo atto e alcuni frammenti dell’orchestrazione originale per grande organico rintracciati nei magazzini dell’editore francese Leduc/Heugel, oltreché su alcune lettere estratte dal carteggio intercorso fra Pugno e D’Annunzio. A curare l’allestimento sobrio ed efficace della Ville morte, presentato nella Chiesa di Sant’Agostino, è stato chiamato Massimo Luconi, che ha dettato una regia rispettosa della drammaturgia d’annunziana e fedele all’ideale di fusione fra parola e musica in cui il Vate riassumeva il suo concetto di dramma totale. La vicenda narra l’intreccio amoroso che si sviluppa intorno al poeta Alexandre, fidanzato con una ragazza cieca, Anne, e fratello di Hébé, di cui è innamorato l'archeologo Leonard. Hébé ha vissuto però una storia d’amore col fratello e alla fine si lascerà uccidere da lui per liberarlo della passione incestuosa. Il ruolo di Alexandre è stato affidato al baritono-basso Randal Turner che risolve con dignità ed efficacia di mezzi espressivi l’impegno. Anne ha voce prestata dal mezzosoprano Letizia Singleton, chiamata forse a un impegno eccessivo per i suoi attuali mezzi. Hébé, soprano, ha la voce e la grazia di Michelle Canniccioni, capace di impreziosire il ruolo con un canto sempre misurato e perfettamente intonato. Per il ruolo di Leonard è stato impiegato Lorenzo Carola, tenore dalle possibilità espressive ancora limitate. L’esecuzione musicale affidata all’Orchestra e al Coro della Camerata di Prato, sembrati sufficienti ma poco avvezzi al repertorio, è stata guidata da Luca Pfaff che non ha affatto tralasciato l’elemento teatrale del suono prodotto, inficiato però pesantemente dall’utilizzo obbligato di una chiesa come spazio scenico e musicale.
David Toschi