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Sancta Susanna |
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Susanna | Tatiana Serjan |
Klementia | Brigitte Pinter |
La Vecchia Suora | Mette Ejsing |
Una Serva | Julia Hillebrand |
Un Servo | Igor Horvat |
Ensemble “melodi Cantores” |
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Maestro del Coro Elena Sartori |
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Esecuzione In Forma di Concerto |
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Ludwig Van Beethoven |
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Concerto In Re Maggiore Per Violino e Orchestra Op. 61 |
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Violinovadim Repin |
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Direttore Riccardo Muti |
La seducente esplorazione del «demoniaco» che Ravenna Festival 2005 compie attraverso una serie di spettacoli dal tema «diabolus in musica», giunge a solcare acque decisamente poco familiari al grande pubblico con questa originalissima proposta novecentesca, interessante spunto di riflessione. Una visione figurativa del male come quella descritta da Charles Gounod, sembra ormai appartenere ad un mondo lontanissimo se paragonata ai più inquietanti scenari espressionisti del primo ventennio del secolo scorso. Questa Sancta Susanna, opera giovanile del compositore tedesco Paul Hindemith, ci parla a tutti gli effetti di un demonio contemporaneo. Un demonio astratto, invisibile e silenzioso, che agisce all’interno dell’uomo e che, come una malattia lenta e inesorabile, progredisce distruggendo anima e corpo. Il male descritto da Paul Hindemith non esiste come entità in sé. Altro non è che una parte dell’uomo stesso, è connaturato in potenza nell’animo di ciascuno e aspetta solo di rivelarsi. Qui sta la modernità di questo lavoro, andato in scena per la prima volta all’Opernhaus di Francoforte nel 1922, ma ancora oggi in grado di sconvolgere e scandalizzare, nonostante l’abbattimento da parte della società contemporanea di molti tabù e di molte barriere etiche: nel caso specifico della protagonista, il demonio, ovvero lato oscuro della psiche, si manifesta con l’emergere della pulsione sessuale. Le enormi difficoltà di rappresentazione che l’opera ha incontrato nel corso della sua storia arrivano persino al 1977, quando, in occasione di una sua ripresa a Roma, il Vaticano mostrò tutta la sua indignazione nei confronti della morbosa storia di una religiosa posseduta dal demonio ed attratta dal corpo nudo del crocifisso. E certo noi stessi, spettatori del 2005, indipendentemente dall’essere cristiani o atei, non possiamo comunque rimanere indifferenti di fronte al tema dell’erotizzazione della figura di Cristo.
A Riccardo Muti e alla sua Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” l’arduo compito di descrivere la crudezza della musica di Paul Hindemith. Una musica aspra e vigorosa, intensamente espressionista. Richiama inevitabilmente alla mente i dipinti del grande artista Oskar Kokoschka, autore di Assassino, speranza delle donne, il dramma-manifesto dell’espressionismo mitteleuropeo, già musicato dallo stesso Hindemith nel 1919. Come la figuratività di Kokoschka si esprime attraverso immagini scarne, inquietanti e intessute di dettagli di deformità del corpo, così la musica di Hindemith descrive la distorsione dell’anima, già di per sé potenzialmente malata. Riccardo Muti non insiste sulle sfumature della primaverile sensualità notturna che aprono la composizione, fatte di profumo di fiori, di gemiti di piacere e di luce lunare. Altro non sono che la potenzialità della corruzione e l’anticipazione della violenta, assordante polifonia conclusiva che costituisce la vera e propria esplosione del male. Nel finale infatti la concertazione del famoso direttore ci regala momenti di grande effetto grazie a una ricercata veemenza dei suoni, troppo spesso inefficacemente impiegata altrove, ma qui decisamente in buona sintonia con le caratteristiche musicali del lavoro di Hindemith.
Buona la prova vocale di Tatiana Serjan nei panni della protagonista. Il giovane soprano russo, è il caso di dirlo, sembra aver fatto un vero e proprio «patto col diavolo». L’efficacia della sua satanica interpretazione del ruolo di Lady Macbeth, nell’opera verdiana proposta lo scorso anno nell’ambito del festival, già mise in luce come la sua vocalità, piuttosto aspra, ma intensa, si presti particolarmente a ruoli di questo tipo. Altrettanto coinvolgente il mezzosoprano Brigitte Pinter nel ruolo di Klementia. Timbro brillante e voce sicura, conquista il pubblico durante il bellissimo racconto ricco di pathos in cui ricorda la consorella murata viva quarant’anni prima perché trovata nuda nell’atto di baciare il crocifisso. Corretta la prova dei comprimari e del coro Ensemble “Melodi Cantores”. Un prevedibile trionfo.
Ad aprire lo spettacolo l’esecuzione del Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61 di Ludwing van Beethoven, composizione certo molto gradevole, anche se forse un poco fuori tema rispetto al resto della serata. L’accostamento tra i due lavori non è azzardato in sé, ma di certo audace: poco ha a che fare infatti la raffinatezza di questo concerto di Beethoven con il tema del «demoniaco» esaltato dall’opera di Hindemith. Riccardo Muti dirige i tre movimenti della famosa composizione del genio tedesco in modo alquanto tradizionale, spingendo con molta violenza in numerosi passaggi e risultando non troppo espressivo nei momenti più lirici della partitura, a scapito di momenti di grande valore come il coinvolgente adagio. Costruisce tuttavia un ottimo dialogo tra orchestra e violino, in una partitura in cui non è il puro virtuosismo dell’interprete solista a costituire l’elemento primo. La reciproca interazione tra le parti fa si che questo concerto possa a tratti richiamare la grande sinfonia. Tuttavia se spesso al solista viene affidato il ruolo di solo commento, Vadim Repin, interprete siberiano di grande preparazione tecnica, fa sfoggio di virtuosismi di grande effetto, provocando a buon diritto l’entusiasmo del pubblico in sala. E se ironicamente volessimo trovare qualcosa di «demoniaco» anche qui, diremmo che tanta abilità nel suonare uno strumento non è cosa umana.
Filippo Tadolini