Hoffmann | Giorgio Berrugi |
Lindorf/Coppélius/Miracle/Dapertutto | Simone Alberghini |
Olympia | Elisa Cenni |
Antonia/Giulietta/Stella | Maria Katzarava |
La Musa/Nicklausse | Violette Polchi |
Andrès/Spalanzani/Frantz/Pitichinaccio | Florian Cafiero |
Hermann/Peter Schlemil | Josef Skarka |
Nathanael/Cochenille | Oreste Cosimo |
La Voix de la Tombe | Aline Martin |
Luther/Crespel | Olivier Dejan |
Wolfram | Andrea Bianchi |
Wihelm | Alessio Verna |
Direttore | Christopher Franklin |
Regia | Nicola Berloffa |
Scene | Fabio Cherstich |
Costumi | Valeria Donata Bettella |
Luci | Luca Antolini |
Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna | |
Coro del Teatro Municipale di Piacenza | |
Maestro del Coro | Corrado Casati |
Il Municipale di Piacenza inaugura il 2015 con Les Contes d'Hoffmann, presente per la prima volta nei suoi cartelloni.
Questa nuova produzione a cui partecipano anche le Fondazioni Teatro Comunale di Modena e I Teatri di Reggio Emilia, è basata sull'edizione critica pubblicata dalla casa editrice Schott firmata da Michael Kaye e da Jean-Christophe Keck e tiene conto delle ultime ricerche musicologiche sull'ultimo lavoro di Offenbach, andato in scena postumo e largamente manipolato per la morte dell'autore e poi in gran parte perduto, a causa di incendi che distrussero molto materiale relativo alle prime esecuzioni.
Data l'abbondante quantità di musica resa disponibile dalla nuova edizione critica, si legge nelle note del programma di sala, il Direttore Christopher Franklin ha ritenuto necessario snellire la partitura in modo da contenere in termini teatralmente accettabili la durata dello spettacolo. L'operazione ha portato comunque alla luce molta musica omessa in edizioni precedenti come il terzetto “J'ai des yeux” nell'atto di Olympia, l'Apothéose Finale, l'aria originale di Giulietta “L'amour lui dit: la belle” di cui, fino al 1984 non si conosceva neppure l'esistenza, e le due arie della Musa – Nicklausse.
Dell'edizione Choudens del 1907 resta il Septuour nell'atto di Giulietta, brano apocrifo ideato nel 1904 da Raoul Gunsboug a partire dal tema della Barcarola.
L'elegante stanza ottocentesca in stile Biedermeier ideata da Fabio Cherstich ospita la taverna di Mastro Luther. Sul fondo, un evocativo sipario. C'è Stella che sta cantando, là dietro, ma soprattutto ci sono i ricordi delle disillusioni che tormentano Hoffmann: Olympia, Antonia, Giulietta. A riscaldare la stanza un imponente camino apparentemente rassicurante, ma non per Hoffmann che vede sbucare dai fumi i suoi devastanti fantasmi. Le disavventure amorose ed esistenziali si sviluppano tutte all'interno di questo ambiente, e ne fanno parte, trasfigurati dai ricordi, tutti i compagni delle abbondanti libagioni.
Questa unità scenica regala compattezza allo spettacolo mentre il fatto che Hoffmann passi da un'avventura all'altra senza mai cambiare il costume sottolinea, anche visivamente, che tutto quello che avviene intorno a lui nasce dalle sue parole e dalla sua immaginazione.
Il regista Nicola Berloffa, coadiuvato dalle intriganti luci di Luca Antolini e dai costumi di Valeria Donata Bettella, mantiene lo spettacolo nei termini della più consolidata tradizione inventando gags, frizzi e lazzi nell'atto di Olympia che apre i racconti.
La bambola meccanica è guidata dal telecomando del suo creatore Spalanzani e i tirolesi invitati alla festa in cui “la fanciulla” viene presentata al poeta accecato dagli occhiali dell'amore sono tutti automi come lei. L'atto di Antonia è dominato da presagi di morte evocati dalle desolanti controscene sul fondo ed è arricchito dal tocco poetico delle foglie autunnali che invadono la stanza, accompagnando il canto della fanciulla che se canta muore. L'ambiente veneziano dell'atto di Giulietta è fumoso e caratterizzato dal senso di sfacelo irradiato dalla vecchia specchiera che occupa tutto il fondale. Di grande effetto la scena che accompagna l'aria di Dapertutto “Scintille, diamant” in cui il riflesso dell'enorme diamante che ipnotizza Giulietta proietta lampi e particelle luminose sul pubblico coinvolgendolo nella fascinazione.
Perfettamente centrato l'Hoffmann di Giorgio Berrugi. Il timbro vocale piacevole, la linea di canto naturale, la facilità all'acuto e la capacità di sfumare nella mezza voce gli consentono di trovare il colore giusto in ogni situazione. Ben impostata anche la recitazione che rappresenta i picchi e le cadute emotive del suo personaggio con efficacia e senza esagerazioni.
Molto convincente anche Simone Alberghini che riesce a differenziare con grande abilità i quattro personaggi a lui affidati. Perfido, pungente e persecutorio Lindorf, stralunato e orrido Coppélius nell'aria “J'ai des yeux”, terrorizzante il medico Miracle, ruolo in cui l'aspetto diabolico è rimarcato con maggior insistenza, elegante e seducente Dapertutto.
Elisa Cenni nel ruolo di Olympia è scenicamente e vocalmente appropriata. Rispetto ai movimenti meccanici e sincopati che il ruolo le impone risultano un po' troppo morbidi i suoni nelle prime battute della sua virtuosistica ed acutissima aria, molto più a fuoco nella seconda parte.
Il soprano Maria Katzarava che interpreta Stella, Antonia e Giulietta, ha voce corposa, salda e di grande estensione che risalta nell'atto di Antonia. Particolarmente ben riusciti il romantico duetto con Hoffman e le larghe arcate drammatiche del terzetto che precede la sua morte. Meno consona alla sua vocalità la tessitura del ruolo di Giulietta che viene risolto con minor efficacia.
Violette Polchi è un Nicklausse simpatico, partecipe, confidente, ma, a parte la sua continua vicinanza ad Hoffmann, non si distingue dal resto degli amici di bevute. Tanto più manca del necessario peso scenico e vocale quando si rivela come Musa. È troppo eterea ed inconsistente per impersonare quello che è il vero perno drammaturgico della vicenda: colei che dalle ceneri del cuore fa scaturire il genio del poeta.
Il tenore Florian Cafiero caratterizza con cura ed grande efficacia i ruoli di Andrès, Spalanzani, Frantz e Pitichinaccio a lui assegnati. L'aria di Frantz, servitore sordo con velleità canore dell'atto di Antonia, è interpretata con disinvoltura e invenzioni brillanti
Bravo come Nathanael Oreste Cosimo nel suo a solo del primo atto. Poi il tenore diventa una divertente Cochenille martoriata da mal di schiena e alle prese con una bambola impazzita.
Adeguati i contributi di Aline Martin come Voix de la Tombe, di Josef Skarka come Hermann e Peter Schlemil, di Olivier Dejan nei ruoli di Maître Luther e Crespel, di Andrea Bianchi e di Alessio Verna che hanno interpretato rispettivamente Wolfram e Wihelm.
Il Coro del Municipale, guidato da Corrado Casati, ha dato un importante contributo scenico esibendo mobilità e disinvoltura in tutte le occasioni in cui la compagine è stata impegnata dalla regia. Ottima anche la resa musicale in cui ha dimostrato precisione, espressività e compattezza sonora.
Il Direttore Christopher Franklin, alla guida dell'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna, ha tenuto costantemente tempi sostenuti che hanno dato colori forti, energia, unità e coerenza allo spettacolo.
Successo e applausi per tutto il cast.
Patrizia Monteverdi