Corinna | Hasmik Torosyan |
Marchesa Melibea | Aya Wakizono |
Contessa di Folleville | Isabel Rodriguez Garcia |
Madama Cortese | Giulia De Blasis |
Cavalier Belfiore | Matteo Macchioni |
Conte di Libenskof | Anton Rositskiy |
Lord Sidney | Marko Mimica |
Don Profondo | Yunpeng Wang |
Barone di Trombonok | Anton Markov |
Don Alvaro | Iurii Samoilov |
Don Prudenzio | Claudio Levantino |
Don Luigino | Christian Collia |
Delia | Madison Marie McIntosh |
Maddalena | Shahar Lavì |
Modestina | Yuka Maruo |
Zefirino/Gelsomino | Nico Darmanin |
Antonio | Riccardo Fioratti |
Orchestra Filarmonica Rossini | |
Direttore | Ivan Lopez-Reynoso |
Regia e scene | Emilio Sagi |
ripresa da Elisabetta Courir | |
Costumi | Pepa Ojanguren |
Non più di qualche giorno fa, scrivevamo a proposito dell’Armida che ha aperto il Rof 2014: "L’analisi delle prestazioni canore non può prescindere da un discorso di carattere generale, peraltro già affrontato in passato, sull’utilizzo di cantanti provenienti dai ranghi dell’Accademia Rossiniana per i ruoli principali, utilizzo che arriverei a definire smodato e finanche rischioso. L’ascolto del Viaggio a Reims che ha tradizionalmente chiuso l’esperienza dell’Accademia Rossiniana ha riproposto e addirittura amplificato il problema di un serio ripensamento della struttura di questa pur meritevole iniziativa e sugli scopi che si prefigge di ottenere. Partiamo da quanto si legge alla fonte, cioè sul sito del festival: "L’Accademia Rossiniana è un seminario di studio sui problemi della interpretazione rossiniana, attiva nel Festival dal 1989 sotto la direzione carismatica (sic N.D.R.) di Alberto Zedda. Non si tratta di una scuola di canto, ma di un luogo dove si apprende la mentalità, la cultura, lo stile del belcantismo. L’Accademia è nata anche con l’intento di formare un artista lirico più moderno, disposto a mettere sullo stesso piano sia le esigenze vocali, sia quelle musicologiche e visive dello spettacolo. In un quarto di secolo è uscita dall’Accademia una vera falange di freschi talenti vocali che oggi corrono i teatri di tutto il mondo, diffondendo un approccio a Rossini del tutto riconoscibile e peculiare". Il fatto che si specifichi chiaramente la natura dell’Accademia come luogo di studio dello stile e dell’interpretazione, e non come scuola di canto, farebbe presupporre che gli allievi arrivino con un bagaglio tecnico se non formato completamente, quantomeno a un livello superiore a quello di uno studente agli esordi. Invece, e spiace davvero scriverlo, in questa esecuzione si sono sentite performance al di sotto di un livello minimo di professionalità, con voci buttate allo sbaraglio in parti infinitamente superiori alle loro possibilità, urla maschili spacciate per puntature sovracute (ma l’avranno fatta una generale? dov’era il carismatico Zedda?), agilità rabberciate, stonature, pronunce erratiche, voci sgraziate. E sarebbe il caso anche di ripensare l’utilizzo di una partitura come Il Viaggio a Reims, scritto come celebrazione prima che del Re di Francia delle vocalità dei più grandi virtuosi dell’epoca presenti a Parigi, come saggio scenico-vocale finale: il fatto che tra parti estese e di comprimariato tocchi la bellezza di diciotto personaggi, non dovrebbe autorizzare nessuno a farne una semplice esibizione finale se gli allievi non sono più che pronti, perché il rischio che ci lascino le penne è altissimo, come è accaduto agli interpreti di Madama Cortese, Libenskof e Sidney. In questa occasione, allora, ci limiteremo a sottolineare le cose positive, ritenendo di non dover infierire su ragazzi che pure hanno speso risorse ed energie per partecipare all’accademia. Il migliore in campo è parso il tenore Matteo Macchioni, voce non enorme ma molto ben proiettata, pulita nelle agilità e soprattutto ben addentro allo stile rossiniano, oltre che interprete disinvolto in scena. Buone impressioni anche dalla Folleville di Isabel Rodriguez Garcia, che fa ascoltare una voce di impronta lirica e con un registro acuto e sopracuto non filiforme, giustamente applaudita a lungo dopo l’esecuzione della tremenda aria “Partir, oh ciel! desio”. Leggermente algida la Corinna di Hasmik Torosyan, che comunque si disimpegna con sicurezza nelle strofe del suo ingresso e soprattutto nell’Improvviso finale. Il basso cinese Yupeng Wang ha una voce di bellissimo colore e una solida tecnica, ma non possiede che in minima parte la varietà di fraseggio e la maturità artistica richieste dalla parte di Don Profondo. Spassosi in scena il Trombonok di Anton Markov, il Don Alvaro di Iurii Samoilov e la Melibea di Aya Wakizono, e fra i personaggi minori si segnala l’ottimo Don Prudenzio di Claudio Levantino. Una buonissima impressione ha destato il direttore messicano Ivan Lopez-Reynoso, che ottiene dall’Orchestra Filarmonica Rossini di recente formazione un suono pulito e preciso, e accompagna il canto con evidente attenzione. La regia di Emilio Sagi, in questa occasione ripresa da Elisabetta Courir, è sempre godibile, ancorché lasciata alle capacità e buona volontà dei singoli, e si è arricchita quest’anno di un elemento nel finale: il re Carlo X è, come nelle precedenti riprese, un bambino, ma stavolta è accompagnato da una corte di altri bambini che sfilano per il teatro accompagnati dalle maschere, guardando con meraviglia e divertimento il teatro gremito e il palcoscenico, speriamo il migliore auspicio per il futuro del Teatro e della Musica.
Domenico Ciccone