Il Conte d'Almaviva | Maxim Mironov |
Bartolo | Pietro Spagnoli |
Rosina | Aya Wakizono |
Figaro | Davide Luciano |
Basilio | Michele Pertusi |
Berta | Elena Zilio |
Fiorello/Ufficiale | William Corrò |
Direttore | Yves Abel |
Regia, scene e costumi | Pier Luigi Pizzi |
Regista collaboratore e luci | Massimo Gasparon |
Maestro del Coro | Giovanni Farina |
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI | |
Coro del Teatro Ventidio Basso | |
Nuova produzione |
Un allestimento che fa del rigore e dell’eleganza la propria cifra distintiva quello pensato da Pier Luigi Pizzi che, per il Rossini Opera Festival 2018, mette in scena il primo Barbiere di Siviglia della sua lunghissima carriera e lo fa con quella maestria tecnica che da sempre lo contraddistingue.
I colori dominanti sono quelli del bianco e del nero sui quali spiccano le macchie di colore acceso dei costumi di alcuni personaggi. La casa di don Bartolo, di cui il conte d’Almaviva è dirimpettaio, ha ancora, a causa del recente trasloco, parte del mobilio coperta da lenzuola, ma questa precarietà di fondo si perde anch’essa all’interno di quell’ordine superiore evidenziato dalle linee pulite degli edifici e ben sottolineato dalle luci vivide e terse pensate da Massimo Gasparon.
La regia è molto attenta ai singoli movimenti, misurata, scevra da qualunque sconfinamento verso facili umorismi, ma al contempo capace di tener desta l’attenzione dello spettatore facendo leva su una sottile e raffinata vis comica che non ha mai nulla di superfluo o esagerato.
I personaggi sono tutti perfettamente caratterizzati, a partire dallo scanzonato Figaro o dal giovane baldanzoso Conte che nei panni di don Alonso si finge addirittura di statura ridotta camminando sulle ginocchia. Che dire poi della splendida Berta, la quale sembra preda di una costante bramosia d’affetto, alla continua ricerca di abbracci da parte della sua padrona e, al momento della sua aria, particolarmente prodiga di attenzioni verso un povero Ambrogio tutt’altro che convinto della cosa? Don Bartolo ostenta una vistosa "r" moscia che fa da perfetto contraltare alla balbuzie di don Basilio, Rosina è una vivace civetta estremamente sicura di sé, mentre il povero Fiorello deve arrabattarsi in ogni situazione per sostenere e compiacere il proprio signore.
La direzione di Yves Abel fa anch’essa della misura e della raffinatezza la propria cifra distintiva: il suono si leva luminoso e ben coniuga leggerezza e pregnanza di colori, come si vede già dall’esecuzione della Sinfonia che termina con una vera e propria ovazione. La sua lettura della partitura pare quasi ripulita di molti degli orpelli di tradizione ma, all’interno di questo nitore di fondo, si intravedono un dinamismo e una tensione che catturano l’attenzione, giungendo a palesare momenti di piacevole intimismo.
Davvero notevoli le capacità interpretative di tutto il cast.
Maxim Mironov è un grande Conte d’Almaviva che brilla per controllo dell’emissione, dolcezza del timbro e musicalità. La gestione dei fiati è superba, le coloriture sono eseguite con straordinaria naturalezza e facilità, il personaggio viene tratteggiato con misura, anche nei vari travestimenti, ma con un tocco di intelligente sense of humor che non guasta.
Aya Wakizono veste i panni di una Rosina civettuola, dalla notevole prestanza fisica che ben contribuisce a delineare il personaggio. La voce, dal colore brunito e vellutato, è solidissima nei centri, ma svetta bene anche in acuto, trasuda freschezza e sensualità senza mai però eccedere ed è supportata da una solida perizia tecnica.
Esilarante il Figaro di Davide Luciano che estrinseca davvero una grandissima capacità interpretativa, derivante da una gestualità sicura che sa scatenare il riso lavorando solo su semplici dettagli. La voce brilla per proiezione, per bellezza del timbro e solidità in tutti i registri, tanto che ne fuoriesce un barbiere da manuale.
Perfetta anche la coppia Don Bartolo/Don Basilio ben interpretata rispettivamente da Pietro Spagnoli e Michele Pertusi. Spagnoli si mostra davvero provetto nell’uso della parola scenica, la sua interpretazione fa trapelare un grande senso della musicalità ad ogni nota, il timbro è chiaro, ma ricco di colori. Pertusi si rivela dal canto suo capace di sdoganare il proprio personaggio, che egli incarna con una certa compostezza, dai macchiettismi di tradizione: cifra vincente della sua interpretazione è la morbidezza del suono, splendida l’esecuzione dell’Aria della Calunnia che trasuda perfidia e intimo livore.
Una Berta d’eccezione e di altissimo livello per la bravissima Elena Zilio cui si affianca il buffo Ambrogio di Armando De Ceccon. Non da ultimo va citato il Fiorello di William Corrò, sempre impegnato a servire il proprio padrone e davvero spassoso nel suo accompagnamento al violoncello della lezione di musica di Don Alonso.
Bene il Coro del Teatro Ventidio Basso che brilla per coesione e sicurezza negli attacchi.
La recensione si riferisce alla prima del 13 agosto 2018.
Simone Manfredini