Soprano | Elena Monti |
Mezzosoprano | Alessandra Palomba |
Tenore | Stefano Ferrari |
Basso | Peter Mikulas |
Maestro Concertatore e Direttore | Aldo Ceccato |
Maestro del Coro | Martino Faggiani |
Orchestra e Coro |
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del |
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Teatro Regio di Parma |
Il Verdi Festival apre con la Missa Solemnis di Beethoven, e questo è un importante segnale per una manifestazione che si propone di avere un respiro che vada oltre la sia pure universale musica verdiana. Ci aspettano due titoli amati e popolarissimi come Lombardi e Nabucco, ma stasera siamo qui a ragionare su un pezzo non dei più facili e immediati di un altro grande compositore europeo. Beethoven affronta questo lavoro nei suoi ultimi anni, i più drammatici. E’ il periodo della sordità, quando il pianoforte rimane probabilmente il suo unico mezzo d’espressione, e questa musica che diventa a tratti rarefatta e lieve come un pensiero che sale verso Dio né è lo straordinario risultato. “Quest’opera è tremendamente complessa e difficile- dice in un’intervista alla Gazzetta di Parma il maestro Ceccato – Beethoven, tranne poche eccezioni, non ha sul pubblico l’impatto di Verdi, che fa leva su ben diverse melodie ed espressioni musicali.Il Requiem verdiano, tanto per rendere l’idea, uno può anche cantarselo tra sé e sé. Invece per la Missa Solemnis non è così “. C’è qualche posto vuoto tra palchi e platea, complici la partita di calcio del mercoledì e Vittorio Sgarbi, che, qui a due passi, alla Steccata, mette in scena, quasi in contemporanea, un suo interessante lavoro sul Parmigianino. Ma noi, in loggione ci siamo tutti. Consapevoli, interessati, emozionati anche per il fatto che l’altro ieri è morto a quasi cento anni il nostro amico Nestore Montagna, uno che di Beethoven, e non solo, ne sapeva tanto. Questa Messa è per lui, mormora qualcuno, colpito dalla combinazione. Il teatro e la vita non son la stessa cosa, ma a volte si. E Nestore, che sicuramente da qualche parte c’era, che avrebbe detto di questa serata? Io credo che avrebbe apprezzato molto l’intenzione pur non essendo completamente soddisfatto dei risultati: “Ci voleva un’altra orchestra, ci volevano altre voci”, mi sembra di vederlo, qui nel corridoio mentre scuote il capo e va via in fretta evitando, intelligentemente, di fare paragoni improponibili. Già, orchestra e voci: difficile dire se la corretta piattezza di suono della prima dipendesse dall’esigenza di non coprire i poco significativi contributi sonori dei cantanti o se, dalla giovane Orchestra del Teatro Regio, Aldo Ceccato, grande esperto di questa partitura, non sia riuscito ad ottenere di più. Il meglio viene dal Coro. Questa compagine di ottimo professionisti, selezionati un paio di anni fa tra le compagnie corali di Parma e Reggio, sorprende ogni volta per le sue prestazioni. Bravissimi e duttili, anche scenicamente, nel teatro musicale, affrontano questa complessa opera sinfonica, del tutto nuova per loro, con grande determinazione e magnifica efficacia espressiva. Sono loro che danno spessore umano alla cantata e raggiungono l’obbiettivo annotato dall’autore in testa al manoscritto “Dal cuore possa giungere ai cuori”. Messaggio ricevuto!
Patrizia Monteverdi