Cio Cio San | Hui He |
Suzuky | Chiara Chialli |
Kate Pinkerton | Francesca Francalanci |
F. B. Pinkerton | Vincenzo La Scola |
Sharpless | Stefano Antonucci |
Goro | Alex Magri |
Il Principe Yamadori | Simone Nicola Mugnaini |
Lo Zio Bonzo | Alessandro Calamai |
Yakusidè | Stefano Koroneos |
Il Commissario Imperiale | Ciro Greco |
L’ufficiale del Registro | Noris Borgogelli |
La Madre di Cio Cio San | Maria Chiara Pizzoli |
La Zia | Pina Gennatiempo |
La Cugina | Maria Vittoria Primavera |
Dolore | Matilde Cavazzini |
Scene | Christoph Wagenknecht |
Costumi | Catherine Voeffray |
Light Designer | Ugo Benedetti |
Maestro del Coro | Martino Faggiani |
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma |
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Maestro Concertatore e Direttore |
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Giuliano Carella |
Arriva infine a Parma, dopo un lungo viaggio, iniziato l’anno del centenario, tra i nove teatri italiani coinvolti nella coproduzione, la tragedia giapponese che, dal 1904, è stata per il suo autore l’opera non finita, sempre in fase di studio, rivista e ridiscussa ad ogni rinascita sulle scene. Troppe, troppo diverse e tutte affascinanti sono, infatti, le istanze evocate dalla nota vicenda. Lo scontro di culture, la denuncia del colonialismo, la tragedia personale e solitaria di una donna che in questa storia improbabile ci aveva creduto e che, ripudiata per questo, non ha altra scelta che continuare a crederci. Il dramma di chi, intorno a lei, non riesce ad infrangere le sottili pareti di carta che proteggono il sogno per farle prendere atto della realtà.
La versione consolidata dal repertorio è quella pubblicata nel 1907 dopo l’approfondita rilettura del direttore dell’Opéra-comique parigina, e regista, Albert Carré in occasione della prima messinscena francese. Per porre l’accento sul dramma psicologico ed attenuare l’aspetto colonial-bozzettistico della vicenda erano stati effettuati alcuni tagli nel primo atto, tre dei quali riguardavano la presentazione della famiglia di Cio Cio San ed i conseguenti commenti beffardi di Pinkerton (“Capisco, un bonzo e un gonzo”) e uno il duetto d’amore.
In quest’ultimo caso si voleva evitare di interrompere l’arco ascendente del duetto. Pinkerton ha appena cantato “L'amor non uccide, ma dà vita” e apre le braccia alla geisha, ma Butterfly esita e si allontana: sente il bisogno di raccontare qualcosa che spieghi al frettoloso americano il “Rinnegata e felice!” sfuggitole poco prima.
"Pensavo: se qualcuno mi volesse...
... pensavo se qualcuno mi volesse...
forse lo sposerei per qualche tempo.
Fu allora che il nakodo
le vostre nozze ci propose. Ma,
vi dico la verità,
a tutta prima le propose invano.
Un uomo americano!
Un barbaro! Una vespa!
Scusate – non sapevo"
Prendendo spunto dagli “Accomodi fatti per il Teatro Carcano”, così come annotati nello spartito, datato 1920, conservato nell’Archivio di Casa Ricordi, questo taglio è stato riaperto dal maestro concertatore e direttore Giuliano Carella, che lo considera “una volta assimilata la necessariamente nuova struttura… non privo di fascino” perché “oltre a chiarire compiutamente il senso della frase successiva - Adesso voi siete per me l'occhio del firmamento – ci permette una comprensione più completa e complessa del personaggio”
Aggiunge ancora Carella che c’è in questo inserto un altro motivo di interesse, in quanto la sua esecuzione permette di sentire una frase che ritornerà nell’introduzione all’atto terzo e che, nella consueta edizione 1907, risulta essere materiale mai ascoltato in precedenza.
L'opera viene eseguita in due parti, con accorpamento del secondo e terzo atto come in origine fortemente voluto da Puccini e oggi preferito dai registi d’opera, e questo permette di recuperare un altro frammento che raccorda il finale del coro a bocca chiusa con il grande brano strumentale che anticipa l’epilogo.
Totalmente fedeli al dettato pucciniano l’allestimento e la regia. “Casa giapponese, terrazzo e giardino. In fondo, al basso, la rada, il porto, la città di Nagasaky”. Così vuole il libretto e così è per tutto lo spettacolo condotto dal regista Eike Gramss in modo lineare e pulito che ha dato risalto ai caratteri dei vari personaggi.
Il ruolo della protagonista era affidato a Hui He che, con bel colore vocale sorretto da saldissima tecnica e movenze naturalmente aggraziate, è stata bambina innamorata, farfalla prigioniera, donna disillusa, madre fino alla morte. Solo perché non può più vivere accetta di cedere il figlio al padre ad alla sua moglie americana. Al suo fianco, attentissima, presente, con gesti misurati e strazio nella bella voce scura, la Suzuky di Chiara Chialli. Il ruolo di F.B. Pinkerton, in cui era atteso Roberto Aronica, è stato ricoperto all’ultimo minuto da Vincenzo La Scola chiamato a sostituire il collega indisposto. Impeccabile dal punto di vista vocale, con dizione chiara, timbro solare, sorriso accattivante non ha fatto che confermare, in un ruolo frequentato da anni, le sue doti da ottimo lirico. Il Console americano, che deve barcamenarsi tra doveri istituzionali e umana pietà, era interpretato dal bravo Stefano Antonucci. Fraseggio espressivo, naturalezza, recitazione disinvolta, ha dato un significativo contributo alla bella riuscita della serata. Nei ruoli di contorno ha avuto particolare risalto il Goro di Alex Magri dalla voce aggraziata. Complessivamente positivo anche l’apporto della numerosa schiera dei comprimari. Il Bonzo Alessandro Calamai, lo zio Yakusidè, frequentatore di taverne, di Stefano Koroneos, il Commissario imperiale di Ciro Greco, l’Ufficiale del registro di Noris Borgogelli, la madre, la zia, la cugina di Cio Cio San, rispettivamente Maria Chiara Pizzoli, Pia Gennatiempo, Maria Vittoria Primavera, la Kate Pinkerton di Francesca Francalanci e il Principe Yamadori di Simone Nicola Mugnaini. Delizioso, affettuosissimo, Dolore interpretato dalla bambina Matilde Cavazzini. Altalenante la prova dell’orchestra: non sempre espressiva e duttile come richiederebbe l’infinito variare dei temi che ritornano e si evolvono, ogni volta diversi, a raccontare il dramma psicologico che vive sul palcoscenico. Qualche sbavatura nel coro a bocca chiusa ha reso la prestazione della compagine diretta da Martino Faggiani un po’ meno precisa del solito. Molto curate, a tratti suggestive le luci di Ugo Benedetti. Tradizionali, con qualche svista, i costumi di Catherine Voeffray.
Serata dal felicissimo esito, con applausi convinti per tutti, e grandi festeggiamenti per i quattro interpreti principali.
Patrizia Monteverdi