Leokadja Begbick | Alisa Kolosova |
Fatty, il contabile | Chris Merrit |
Trinità Moses | Zoltan Nagy |
Jenny Hill | Nadja Mchantaf |
Jim Mahoney | Tobias Häckler |
Jack O' Brien | Mathias Frey |
Bill | Simon Schnorr |
Joe | Jerzy Butryn |
Tobby Higgings | Mathias Frey |
Il narratore | Filippo Lanzi |
Sei ragazze di Mahagonny | Roxana Herrera |
Elizabeth Hertzberg | |
Yulia Tkchenko | |
Cecilia Bernini | |
Kamelia Kader | |
Mariangela Marini | |
Direttore | Christopher Franklin |
Regia | Henning Brokhaus |
Scene | Margherita Palli |
Costumi | Giancarlo Colis |
Luci | Pasquale Mari |
Video design | Mario Spinaci |
Coreografia | Valentina Escobar |
Maestro del Coro | Martino Faggiani |
Orchestra dell'Emilia Romagna Arturo Toscanini | |
Coro del Teatro Regio di Parma |
“Si estrae più facilmente l'oro dagli uomini che dai fiumi. Fondiamo dunque qui una città e si chiami Mahagonny, cioè Città-trappola”
Leokadja Begbick, Fatty Il Contabile e Trinità Moses, latitanti in fuga ricercati dalla polizia con l'accusa di lenocinio e bancarotta fraudolenta, rimangono bloccati per un guasto alla macchina in un luogo desertico non lontano dalle rotte dei cercatori d'oro. Decidono allora di fondare una città che diventi un luogo di piacere per chi abbia denaro.
La fama della città si spande velocemente, arrivano così Jenny, una giovane prostituta, altre sei ragazze che popoleranno il bordello e anche quattro tagliaboschi: Jimmy, Jack, Bill e Joe che dopo sette duri anni di lavoro in Alaska hanno voglia di divertirsi. Jim si innamora di Jenny e inizia con lei un'incerta e un poco goffa relazione.
I tempi d'oro però durano poco: presto, per contrastare la delinquenza, la città si riempie di troppe leggi e assurdi divieti. Nonostante il whisky costi pochissimo la gente tende quindi ad andarsene e i guadagni dei tre fondatori non sono quelli sperati. Anche Jimmy è infastidito da questa troppo rigida organizzazione cittadina, pretendendo che a Mahagonny tutto debba essere permesso.
La notizia che, dritto sulla città, è in arrivo un disastroso uragano che la raderà al suolo convince Begbick ad aderire alle richieste di Jimmy abrogando ogni regola: si morirà facendo ognuno quello che gli pare. Ma tre minuti prima dell'impatto avviene il miracolo: l'uragano devia il suo percorso e la città è salva, non cambia però lo stile di vita imposto da Jimmy: cibo, sesso, boxe e alcool senza limiti sono l'unica legge.
Di cibo muore Jack dopo aver inghiottito ben due vitelli. Un impari incontro di boxe con un avversario visibilmente molto più forte di lui uccide Joe e riduce sul lastrico Jimny che aveva puntato tutti i suoi soldi sull'amico. Così, quando deve pagare la bevuta che ha offerto, non è in grado di farlo e viene arrestato e condannato alla sedia elettrica: a Mahagonny il reato più grave è non avere denaro e nessuno, nemmeno l'amata Jenny, nemmeno il caro amico Bill, è disposto a salvarlo facendogli un prestito.
La morte del “semplice tagliaboschi di nome Jim che in una notte di terrore trovò le leggi della felicità umana” segna però anche la fine della città. Quando il cinico Moses, in una pantomima in cui si presenta nelle vesti di Dio, annuncia che andranno tutti all'inferno, la risposta corale è che all'inferno ci sono già.
Nel caos generato dalle proteste di tutti contro tutti, ognuno vittima del proprio egoismo, Mahagonny viene distrutta dal fuoco mentre Leokadja e Fatty e poi tutti gli altri commentano con noncuranza che non si può far nulla per un uomo morto e cercano vie di fuga che non troveranno. Non c'è giudizio, non c'è morale, non esistono soluzioni. Semplicemente non ci si salva.
Ascesa e caduta della città di Mahagonny va in scena a Lipsia nel 1930. Bertolt Brecht e Kurt Weill tornano a lavorare insieme dopo il successo, due anni prima, de L'opera da due soldi. Nell'intento di creare un lavoro di forte critica dell'attualità riprendono la cantata scenica Mahagonny, produzione cameristica del 1927, dandogli la struttura di una vera e propria opera.
Nonostante il taglio preventivo della scena del bordello l'opera subì numerose critiche e contestazioni, fino ad essere definitivamente proibita, nel 1933, dal regime nazista che ne fece bruciare le partiture conservate presso la casa editrice Universal. Il lavoro di Brecht/Weill non ottenne, per contro, nemmeno l'approvazione della critica marxista che, appartenendo i suoi protagonisti alla categoria dei diseredati, non vedeva in essa una condanna della borghesia.
L'opera, in tre atti, consta di 20 scene a episodi ciascuna preceduta da un narratore che ne anticipa l'oggetto.
Si fatica ad entrare nella trama. Le situazioni ideate da Brecht sono strambe, distaccate tra loro, palesemente estranianti e, accentuando tramite l'uso del grottesco il distacco dello spettatore da quanto rappresentato sul palcoscenico, tendono a stimolare la sua riflessione critica sul sociale vussuto in prima persona.
Una posizione attiva in netto contrasto con lo stato di godimento passivo, definito da Brecht “gastronomico”, dell'opera tradizionale.
Il linguaggio musicale di Kurt Weill, trentenne al momento della composizione, è eclettico, articolato ed estremamente complesso. Passa senza soluzione di continuità da situazioni classiche dell'opera (contrappunto, fughe, duetti d'amore, l'aria della bella morte del tenore) alla musica popolare, allo swing americano degli anni '20.
All'orchestra tradizionale si aggiungono chitarra, sax, basso,mandolino, harmonium, bandoneon, più un un pianoforte scordato e diverse bande sul palcoscenico. Complesso anche l'organico che comprende, oltre agli otto protagonisti, sei cantanti ad interpretare le ragazze di Mahagonny, un coro tradizionale e un corpo di ballo, tutti largamente impegnati.
Il direttore Christopher Franklin imprime al racconto sonoro dinamiche solide e coerenti che legano con efficacia le venti singole scene. Non perde di vista per un solo istante gli interpreti dando loro gli attacchi con gesti decisi e sorride incoraggiante quando i protagonisti cantano sulla ribalta a poche decine di centimetri da lui. Ottima la prestazione dell'Orchestra dell'Emilia Romagna Arturo Toscanini che affronta con disinvoltura e appropriatezza stilistica la grande varietà di generi e situazioni musicali di questa poliedrica e brillante partitura.
Nonostante il cast abbia subito importanti modifiche dell'ultima ora, per l' indisposizione di tre degli interpreti previsti, il numeroso gruppo degli artisti appare affiatatissimo. Alisa Kolosova con il suo rotondo colore mezzosopranile è una perfetta Leokadja Begbeck, credibilissima anche nella recitazione: è lei la mente del gruppo di fuorilegge fondatori della città-trappola
Nel ruolo dell'indolente Fatty si apprezza la presenza di Chris Merrit con la sua ironia e i suoi ancor solidi lampi acuti. Il ruolo del cinico Trinità Moses, il “braccio” del trio, è ben impersonato dal basso-baritono Zoltan Nagy. Il soprano Nadja Mchantaf, arrivata solo il giorno prima di andare in scena a sostituire l'indisposta Anne Marie Kremer, ha una voce morbida, e piacevolmente velata che, anche se non di grande volume, dona sensualità al personaggio di Jenny. La sua “Moon of Alabama” che torna più volte nel corso dell'opera, è uno dei momenti più coinvolgenti insieme al sognante duetto di addio con il tenore della penultima scena.
Il suo innamorato Jim Mahoney, il tagliaboschi arrivato dall'Alaska la cui vicenda si intreccia strettamente con quella di Mahagonny, è Tobias Häckler, tenore che ha timbro ed emissione spavaldi adeguatissimi al ruolo. Molto bravo nella parte finale quando, disilluso, ragiona sulla sua vita e arriva ad accettare il suo destino.
Il baritono Simon Schnorr e il tenore Jerzy Butryn sono rispettivamente i taglialegna Bill e Joe. Il quarto tagliaboschi, Jack O'Brien è il baritono Mathias Frey che impersona anche Tommy Higgins. Roxana Herrera, Elizabeth Hertzberg, Yulia Tkchenko, Cecilia Bernini, Kamelia Kader, Mariangela Marini compongono il coretto delle sei ragazze di Mahagonny. Filippo Lanzi è il perentorio narratore che introduce e commenta gli episodi.
Eccellente la recita del Coro del Teatro Regio di Parma. Varietà di colori, precisione ritmica, omogeneità di suono e ottime capacità attoriali, qualità già in molteplici occasioni riconosciute alla compagine diretta da Martino Faggiani, risaltano particolarmente in questa produzione che richiede un particolare eclettismo artistico. Si integrano perfettamente con l'insieme, e lo arricchiscono con buon gusto senza mai risultare enfatiche, le coreografie ideate da Valentina Escobar.
La scena di Margherita Palli, volutamente anonima per rappresentare un luogo qualsiasi del mondo, è composta da semplicissimi praticabili che vengono “arredati” alla bisogna quasi sempre a vista. Il bar in cui il prezzo del whisky continua inesorabilmente a diminuire è allestito in una barcaccia. Il riferimento, anche per i costumi di Giancarlo Colis, è l'America rappresentata nei quadri di Edward Hopper.
Fluida, ricca di controscene, quasi cinematografica la regia di Henning Brockhaus che aggiunge un tratto di angoscia alla satirica denuncia di Brecht tenendo costantemente sul fondo della scena un agglomerato umano informe ricoperto di stracci incolori. Sono i poveri, gli sfruttati, i dimenticati, che strisciando furtivamente sopravvivono nutrendosi degli scarti della società del benessere.
Molti vuoti in teatro ma il pubblico presente applaude a lungo con convinzione quello che è stato, senza ombra di dubbio, lo spettacolo più interessante e meglio riuscito della stagione lirica parmigiana.
La recensione si riferisce alla recita del 26 aprile 2022.
Patrizia Monteverdi