Direttore | Valerij Gergiev |
Orchestra del Teatro Counale di Bologna | |
Goachino Rossini | Guillaume Tell - Ouverture |
Felix Mendellssohn | Sinfonia n. 4 in la maggiore, op. 90 "Italiana" |
Giuseppe Verdi | La forza del destino - Sinfonia |
Petr Il'Ic Cajkovskij | Sinfonia n. 5 in mi minore, op n. 64 |
Niente podio, niente spartito, piccola bacchetta, mani che diteggiano nell'aria su un pianoforte invisibile a cercare il suono.
E il suono arriva, ricco, compatto, grandioso.
Valerij Gergiev torna a dirigere a Parma 19 anni dopo Il ballo in maschera e il Requiem delle celebrazioni verdiane del 2001, proponendo un programma che rende omaggio al nostro paese con l'Italiana di Mendelssohn, e a due dei nostri grandi compositori: Rossini e Verdi uniti a Cajkovskij, il maestro russo forse più vicino al sentire musicale italiano.
La prima proposta è l'Ouverture del Guillaume Tell di Rossini di cui Gergiev, alla guida dell'attenta e ispirata Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, sottolinea i mesti toni iniziali con la melodia che nasce stentata ed è percorsa, anche quando prende vita, da sottili brividi di inquietudine.
La Sinfonia n. 4 in la maggiore op.90 di Mendelssohn è invece un festoso, ricco di colori evocativi, spettinato da folate di aria tiepida, viaggio in Italia, raccontato con freschezza e brillantezza da un turista ancora emozionato.
Nella Sinfonia de La forza del destino di Verdi c'è un contrasto fortissimo tra i momenti lirici e assorti del tema di Alvaro e la ventata travolgente, nata da un refolo impalpabile, che spinge, con i violenti colpi di mannaia della vita, verso l'inderogabile.
L'attacco desolato e dimesso della Quinta di Cajkovskij colora di cupezza tutte pagine della sinfonia.
Non c'è speranza, il fatidico tema iniziale riporta a terra anche i momenti più melodiosi e sereni e diventa, nell'ultimo movimento, un maestoso corale febbrile ed eccitato, un liberatorio abbandono al destino.
Il pubblico, emozionato, ringrazia con lunghi applausi.
La recensione si riferisce al concerto del 2 ottobre 2020.
Patrizia Monteverdi