Macbeth | Giuseppe Altomare |
Banco | Marko Mimica |
Lady Macbeth |
Anna Pirozzi
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Dama di Lady Macbeth | Federica Alfano |
Macduff | Vincenzo Costanzo |
Malcolm | Manuel Pierattelli |
Medico | Nicolò Ceriani |
Domestico / Sicario / Araldo | Antonio Barbagallo |
Apparizioni |
Marko Mimica
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Emanuela Ciminna
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Federica Quattrocchi
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Riccardo Romeo
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Duncano | Francesco Cusumano |
Fleanzio | Nunziatina Lo Presti |
Direttore
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Gabriele Ferro
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Regia
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Emma Dante
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Scene
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Carmine Maringola
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Costumi
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Vanessa Sannino
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Coreografia
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Manuela Lo Sicco
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Maestro d’armi
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Sandro Maria Campagna
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Light designer
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Cristian Zucaro
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Assistente alla regia
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Giuseppe Cutino
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Assistente alle scene
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Roberto Tusa
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Assistente ai costumi
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Sylvie Barras
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Attori della Compagnia di Emma Dante e Allievi della Scuola dei mestieri
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dello spettacolo del Teatro Biondo di Palermo
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Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro Massimo | |
Maestro del Coro | Piero Monti |
Nuovo allestimento del Teatro Massimo in coproduzione
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con il Teatro Regio di Torino e con Macerata Opera Festival
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Grande e meritato successo per il nuovo allestimento del Macbeth verdiano che ha inaugurato la stagione d’opera 2017 del Teatro Massimo di Palermo.
Fra i principali artefici della buona riuscita di questo spettacolo vi è senza dubbio la regia di Emma Dante, la quale racconta le idee fondamentali del suo lavoro in un’intervista inserita nel programma di sala: “Un Macbeth stregonesco, dove satiri con grandi falli ingravidano in continuazione le streghe, che così perpetuano la loro specie. E dove le pance delle streghe sono contenitori di profezie, ventri magici che producono il futuro, qualcosa che ha a che fare con il sesso e con la morte. È come se questa maternità fosse perpetua, e raccontasse la vita che va avanti. La progenie si identifica con il futuro degli uomini e delle donne. L’idea mi è venuta dallo scambio di battute fra Macbeth e le streghe: Che fate voi, misteriose donne? E loro rispondono: Un’opera grande. E qual è l’opera grande delle donne, se non un figlio?” E ancora: “La Lady è il male, molto più di Macbeth, che è totalmente soggiogato da lei. É lei l’artefice di tutto, lei che lo manipola psicologicamente sin dall’inizio dell’opera. Nella mia regia, modifico la scena della lettera che lui le invia scrivendole che le streghe gli hanno predetto un futuro meraviglioso. É Macbeth a dirle queste cose di persona, intrufolandosi in casa come se fosse un ladro senza farsi vedere da nessuno. É qui che lei già da subito gli innesca il veleno, il desiderio di uccidere, di arrivare al trono…”
La regia è un susseguirsi e intrecciarsi di idee provocatorie che evidenziano aspetti grotteschi, ironici ma anche autenticamente drammatici. Macbeth si presenta in dorso allo scheletro di un cavallo; i soldati che sfilano all’arrivo del re, hanno i tipici movimenti meccanici da teatrino dei pupi; le paure e le insicurezze di Macbeth prima dell’uccisione di Duncano sono rappresentate con uno sdoppiamento della sua persona la quale, nell’immaginario, compie l’omicidio ma per ben tre volte il corpo del re si rialza e riprende vita. Il grande concertato che chiude il primo atto vede in mezzo alla scena il cadavere del re trattato come una sorta di Cristo, dapprima lavato, unto e poi disposto in maniera da essere venerato come un santo. Nel secondo atto, durante la scena del brindisi è efficacissima l’idea di avvicinare una fitta serie di troni di dimensioni diverse, a partire da uno di misura normale sino all’ultimo alto circa tre metri, così da costituire una sorta di scala dorata su cui salirà Macbeth: la scalata al potere senza possibilità di ritorno, visto che i troni più bassi sono immediatamente allontanati non appena il piede di Macbeth si sposta a quello di misura superiore.
Il sabba all’inizio del terzo atto è di forte impatto, per certi versi truculento ma perfettamente riuscito. Alcune delle streghe, tutte in avanzato stato di gravidanza, sono sollevate sulle parole “Su via! Sollecite giriam la pentola, mesciamvi in circolo possenti intingoli” e sospese con il sedere sopra a due grossi pentoloni, come se rompessero le acque o partorissero nei calderoni da cui poi verranno estratti moltissimi neonati. Drammaticissimo il momento in cui il coro, disposto in fondo alla scena, attacca il celebre “Patria oppressa” mentre sul davanti compare una distesa di salme coperte da lenzuoli bianchi fra cui si aggira disperatamente Macduff. Originale e simpatica anche l’idea della foresta di Birna rappresentata da piante di fichi d’India.
Pochissimi gli elementi scenici - ben realizzati da Carmine Maringola - eppure nulla è mancato a questo splendido allestimento. Funzionali i costumi di Vanessa Sannino e ben utilizzate le luci di Cristian Zucaro.
Dal punto di vista musicale è stata eseguita la versione che Verdi modificò per l’esecuzione parigina del 1865, senza però i balletti e con l’inserimento del finale della prima versione del 1847.
Gabriele Ferro ha diretto prediligendo tempi piuttosto larghi e particolarmente adatti ad evidenziare gli aspetti drammatici e le tinte fosche dell’opera verdiana; questa caratteristica non è mai venuta meno anche nei momenti in cui avremmo sperato quel cambio di marcia (ad esempio durante la scena del banchetto) necessario a rimarcare l’effervescenza ed il fuoco tipicamente verdiani.
Buona la prova offerta dall’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo. In crescendo la prestazione del Coro che, dopo un avvio un po’ prudente, si è ripreso cantando molto bene sia il “Patria oppressa” sia il concertato finale.
Protagonista di questa prima recita doveva essere il baritono Luca Salsi il quale, dopo un estremo tentativo effettuato durante la generale, è stato costretto ad alzare bandiera bianca a causa dei postumi di una brutta tracheite.
A garantire il buon esito della recita è stato quindi chiamato Giuseppe Altomare, baritono che era previsto per le recite del 25 e 28 gennaio. Altomare, che avevamo già avuto modo di ascoltare qualche anno fa nel Macbeth andato in scena al Teatro Coccia di Novara con la regia di Dario Argento, si è reso protagonista di una recita di notevole livello, dandoci la netta impressione di essere, nel corso degli anni, migliorato sia dal punto di vista tecnico vocale sia sotto l’aspetto interpretativo. La voce autenticamente baritonale, potente e sicura su tutta la gamma, non ha mostrato segni di cedimento durante tutto il corso dell’opera. Vario il fraseggio impreziosito da un buon legato e accenti appropriati. L’artista lucchese ha dato buona prova anche dal punto di vista scenico.
Anna Pirozzi si è confermata la solida cantante che conosciamo, risolvendo il difficile ruolo di Lady Macbeth con voce ferma, potente e sicura su tutta la gamma. L’artista napoletana ha risolto brillantemente sia i momenti più meramente drammatici sia quelli in cui è richiesta una maggiore capacità belcantistica, ad esempio nel brindisi del secondo atto. Estremamente convincente anche dal punto di vista scenico e interpretativo ha tratteggiato con ottima maturità artistica una Lady decisa, forte e autenticamente cattiva.
Particolarmente positiva la prova offerta dal giovane croato Marko Mimica nei panni di Banco. La voce da autentico basso cantabile è di bel timbro, voluminosa ed emessa con grande facilità. Davvero ben eseguita la difficile aria “Come dal ciel precipita”. Siamo convinti che di questo artista sentiremo parlare parecchio negli anni futuri.
Vincenzo Costanzo, giovanissimo e talentuoso tenore napoletano che da giovane promessa è sempre più splendida realtà, ha convinto ampiamente nella celebre aria del quarto atto, “Ah la paterna mano”, non solamente cantata con bella voce ottimamente proiettata, ma affrontata anche con il giusto piglio e la fondamentale sicurezza. Meritatissima l’ovazione tributatagli dal pubblico. Costanzo è stato un Macduff credibile anche dal lato attoriale e la voce è risultata opportunamente squillante nel duetto con Malcolm.
Sonoro, disinvolto e preciso anche il Malcolm interpretato da Manuel Pierattelli.
Ben messa anche la voce della Dama di Lady Macbeth interpretata da Federica Alfano.
Al termine caloroso e meritato successo di pubblico per tutto il cast con grandi ovazioni per Emma Dante, autentica protagonista di questa splendida inaugurazione.
La recensione si riferisce alla recita inaugurale del 21 gennaio 2017
Danilo Boaretto