Direttore | Riccardo Muti |
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino | |
Maestro del coro | Lorenzo Fratini |
Gioachino Rossini | |
Ouverture dal Guillaume Tell | |
Giuseppe Verdi | |
Stabat Mater | |
Johannes Brahms | |
Sinfonia n. 2 in re magg. op. 73 |
Primo concerto di Riccardo Muti con i complessi stabili cittadini nella sede del Teatro dell'Opera di Firenze, con un programma che opportunamente prevede la partecipazione sia dell'Orchestra che del Coro del Maggio Musicale Fiorentino.
Il ritorno a Firenze del celebre direttore avviene per due serate, il 30 marzo in Palazzo Vecchio per i partecipanti al G7 della cultura, ed il 31 marzo al Teatro dell'Opera con lo stesso programma (Rossini e Brahms) ma con l'aggiunta dello Stabat Mater verdiano. Purtroppo conosciamo l'acustica del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, e non invidiamo affatto i partecipanti al G7 che fra un rimbombo e l'altro avranno avuto solo dei vaghi sentori della musica, mentre all'Opera (il pubblico era foltissimo nonostante il costo dei biglietti) abbiamo assistito in ottime condizioni ad una serata a due facce. Nella prima parte Muti ha affrontato due degli autori a lui più congeniali e che ha sempre diretto in tutta la sua lunga carriera: del suo Rossini e del suo Verdi a Firenze abbiamo vivissimi ricordi ancor dopo tanti anni, con memorabili serate al dismesso Teatro Comunale ed in altri luoghi.
Giuseppe Verdi scrisse il suo Stabat Mater (poi riunito insieme all'Ave Maria, alle Laudi alla Vergine Maria e al Te Deum nei cosiddetti Quattro pezzi sacri) nel 1896-97. Della religiosità di Verdi molto si è discusso, fatto sta che alcune delle sue più note ed importanti composizioni hanno carattere sacro, ed inoltre troviamo come tutti sanno anche accenni alla religione ed alla Fede in alcune opere. Certamente si tratta di una religiosità più laica che confessionale, ma davanti ad un assoluto capolavoro come la Messa di Requiem mente e cuore sia di laici che di credenti sono toccati nel profondo. Appena un poco meno ispirato del Requiem, o forse solo più tormentato e complesso nel suo linguaggio scabro, appare lo Stabat Mater, che prende origine dal testo di Jacopone da Todi e prevedere un organico composto da coro misto e da una grande orchestra. Si tratta dell'ultima composizione del vecchio Verdi, appena quattro anni prima della morte.
Muti di questo brano sembra cogliere, assieme alle strutture portanti che ne esaltano l'empito drammatico, anche le commoventi inquietudini sotterranee nei colori dell'orchestra e nel canto dolente del coro. Difficile pensare ad una esecuzione più commossa di questa, e più aderente allo spirito del brano; inoltre la presenza di Muti sul podio sembra esaltare come non mai le caratteristiche dell'Orchestra e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino, ottimamente preparato da Lorenzo Fratini. Questo mirabile e profondissimo Stabat ce lo ricorderemo per un bel po', ed è stata certamente l'esecuzione più bella della serata.
In apertura del concerto abbiamo potuto ascoltare uno dei “cavalli di battaglia” del direttore, l'Ouverture del Guglielmo Tell, col suono compatto dell'orchestra e la consueta scarica di adrenalina nel finale, il tutto impreziosito dalle ammirevoli prestazioni di tutte le prime parti, davvero magnifiche.
Nella seconda parte della serata il direttore affronta la Sinfonia n. 2 in re maggiore di Johannes Brahms e lo fa con piglio perfino troppo deciso: ne risente la profondità della composizione anche se questa ne guadagna in luminosità e freschezza, inoltre il direttore sembra affrontarla un po' “per blocchi” e senza una visione unificante generale. Certe grandi arcate di suono degli archi risultano frettolose e un po' asettiche, soprattutto nel primo movimento, mentre nel secondo (Adagio ma non troppo) colpisce la raffinata ricerca da parte di Muti, che con gli anni ha certamente mitigato certe intemperanze ed è diventato più “riflessivo”, di colori e di piani sonori, anche se ogni tanto fa capolino una certa “alta routine”. Inevitabile qualche pesantezza di troppo nel finale di una sinfonia nella quale però, al di là della generica eccellenza esecutiva, risulta difficile trovare idee che la facciano innalzare a livello di una autentica personale interpretazione.
Per la cronaca si segnala un telefonino inopportuno poco prima dell'inizio della pagina del Guglielmo Tell con conseguente moto di stizza del direttore, un applauso fuori ordinanza dopo l'Allegro ma non troppo brahmsiano, fiori, entusiasmo alle stelle e grida di Bentornato Maestro. C'è poco da fare, Muti è rimasto nel cuore dei fiorentini anche se ha lasciato il nostro teatro da alcuni decenni.
(la recensione si riferisce al concerto del 31 Marzo 2017)
Fabio Bardelli