Norma | Mariella Devia |
Adalgisa | Laura Polverelli |
Pollione | Stefan Pop |
Oroveso | Carlo Colombara |
Clotilde | Clarissa Costanzo |
Flavio | Francesco Pittari |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Direttore d’orchestra | Nello Santi |
Maestro del Coro | Marco Faelli |
Regia | Lorenzo Amato |
Scene | Ezio Frigerio |
Costumi | Franca Squarciapino |
Luci | Vincenzo Raponi |
Dopo ben sedici anni di assenza il capolavoro belliniano per antonomasia torna al San Carlo e lo fa in pompa magna. Questa nuova edizione di Norma è stata preceduta da un grande interesse (articoli sulla stampa locale e non solo) e accolta da una serie di "tutto esaurito" che sono certamente un bel segnale per chi teme che l’opera non abbia più pubblico alle nostre latitudini.
Uno dei motivi di richiamo, inutile negarlo, è stata la presenza di Mariella Devia quale protagonista, attesa da molti appassionati in un ruolo che ha messo in repertorio in tempi relativamente recenti.
Sul podio c’era Nello Santi, maestro dalla veneranda età la cui direzione è stata forse il vero punto debole di tutta la performance. Non bello il suono orchestrale nel suo complesso in termini di equilibrio e di controllo delle sonorità, qualche attacco impreciso, scarsità di dinamiche e di accenti a partire da un’incolore Sinfonia e soprattutto tempi lenti, a volte quasi estenuanti: probabilmente la stessa Devia avrebbe reso molto meglio Ah bello a me ritorna se fosse stata sostenuta da tempi più sciolti e incisivi.
Meglio comunque il secondo atto: suggestiva l'introduzione orchestrale a Dormono entrambi così come tutto l’accompagnamento alla successiva scena fra Norma e Adalgisa. A merito di Nello Santi va poi l’avere eseguito nella sua interezza il coro Guerra guerra, usualmente privato della sua seconda sezione, mentre il finale primo è stato penalizzato dai soliti tagli di tradizione.
Mariella Devia è stata la vera dominatrice della serata, con una performance di tutto rispetto grazie al ferreo controllo dei propri mezzi vocali (senza lasciare trasparire i limiti che pure ci sono) dominati da una tecnica irreprensibile.
Rigore stilistico, vocalità salda con acuti sempre centratissimi, accenti incisivi e fraseggio ben curato sono stati i punti di forza di un’esibizione premiata da un applauso lunghissimo già al termine di Casta diva. Certo Norma è un personaggio dalle difficoltà indicibili, e nonostante l’autocontrollo la tensione era palpabile specialmente in tutta la prima scena, da Sediziose voci alla cabaletta; poi però l’artista è apparsa più sciolta e anche il suo canto si è fatto più disteso. Qualche difficoltà è rimasta nelle zone più basse, dove più di una volta la Devia ha fatto ricorso al registro di petto, e nel complesso resta da chiedersi se per un tipo di voce come il suo il personaggio di Norma non sia un po’ una forzatura, ma questo è un discorso da affrontare in altra sede.
Al suo fianco Stefan Pop è stato un Pollione stentoreo come da tradizione. Il giovane tenore rumeno ha sostituito l’indisposto Luciano Ganci, ripetendosi così la medesima situazione della prima rappresentazione, e pur essendo penalizzato da una mole che lo priva del necessario physique du rôle dal punto di vista musicale ha dato buona prova di sé. Forse poco approfondito nel carattere, il suo canto è stato generoso ed estroverso, basato su una voce di buon volume senza difficoltà lungo tutta l’estensione della parte.
Laura Polverelli è stata un'Adalgisa ben in parte, appena un po’ fredda nel recitativo d’entrata, ma poi interprete sempre più accorata. I toni caldi della sua voce si sono appaiati molto bene agli altri due protagonisti e la Polverelli ha espresso bene la tempesta di sentimenti di cui la giovane sacerdotessa è preda suo malgrado.
Con voce salda e toni solenni, Carlo Colombara è stato un Oroveso autorevole e ieratico.
Clarissa Costanzo si è inserita nel cast con proprietà stilistica nei panni di Clotilde, così come molto bravo è stato Francesco Pittari, un Flavio dal giovanile impeto.
Il coro, diretto da Marco Faelli, ha mostrato qualche limite soprattutto nel settore femminile dove le mezzevoci mettevano in luce più di un suono non ben sostenuto.
Lo spettacolo si è avvalso delle scene e dei costumi di una coppia prestigiosa come Ezio Frigerio, autore delle scene e Franca Squarciapino (già vincitrice di un Oscar) per i costumi.
Molto bello l’impatto visivo con un paesaggio vagamente nordico evocante una società primitiva: una foresta in cui poi dei resti di mura di pietra danno l’idea della casa di Norma, poi immagini di alti dirupi, il tutto illuminato da luci fredde, azzurrine a suggerire bagliori lunari o gelide atmosfere quasi celtiche.
Accorto l’uso delle proiezioni che aumentano l’effetto di tridimensionalità, e creano suggestione specie quando appare il gigantesco scudo col volto di Irminsul a fare sfondo alla confessione della protagonista.
Coerenti con questa impostazione i costumi sempre sobri nel colore e lineari nel disegno fino a una essenzialità barbarica per quelli del coro.
Inquadrata dalla bellezza visiva della scena la regia di Lorenzo Amato non ha spiccato per personalità o idee degne di nota. Un po' generica nei movimenti scenici, o nell'impostazione delle scene di massa, ha deluso soprattutto nei culmini drammatici dove si è invano aspettato un segno registico che coincidesse con l'enorme pathos della partitura. Nel finale primo, ad esempio, i due innocenti figli di Norma che alle ultime note si stringono alle gambe della mamma sono parsi più' invadenti che emozionanti, mentre al termine dell’opera solo una vasta macchia rossa proiettata sul fondale, nella rigida immobilità degli interpreti, avrebbe dovuto trasmettere il senso della tragica conclusione.
Successo vivissimo con speciali ovazioni per la Devia e Nello Santi
La recensione si riferisce allo spettacolo del 1 Marzo 2016.
Bruno Tredicine