Sarastro | Konstantin Gorny |
Tamino | Antonio Poli |
Pamina | Mariangela Sicilia |
Astrifiammante Regina della Notte | Daniela Cappiello |
Papageno | Roberto De Candia |
Papagena | Lara Lagni |
Monostatos | Cristiano Olivieri |
Prima dama | Emanuela Torresi |
Seconda dama | Laura Cherici |
Terza dama | Adriana Di Paola |
Primo Armigero / Secondo Sacerdote | Marco Miglietta |
Primo Sacerdote | Enrico Marrucci |
Oratore e Una Voce | Mariano Orozco |
Secondo Armigero | Gianfranco Montresor |
Tre Genietti | Fiorenza Barsanti, Antonella Petillo, Roberta Mancuso |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Direttore | Gabriele Ferro |
Maestro del Coro | Gea Garatti Ansini |
È stato un po' malinconico il ritorno al San Carlo per la prima rappresentazione operistica al chiuso dopo la Norma dello scorso febbraio, quando già erano nell'aria le prime limitazioni della vita sociale per la pandemia.
Malinconico non solo e non tanto per la sala obbligatoriamente mezza vuota, le tante poltrone coperte dalle loro foderine, il distanziamento, la necessità di restare al proprio posto senza andare troppo in giro, ma perchè a queste costrizioni ormai simbolo di questo periodo storico, si è aggiunto il grigiore di uno spettacolo che non è stato certo all'altezza dell'eccelsa partitura mozartiana. In programma era infatti Il flauto magico in esecuzione concertante, opera già in cartellone lo scorso marzo (in forma scenica) prima della chiusura generalizzata.
Principale responsabile è stata la direzione di Gabriele Ferro, già dall'ouverture ondivaga nei tempi soggetti a frequenti inspiegabili rallentamenti, con attacchi spesso imprecisi, piatta nelle dinamiche, priva di colori e di qualunque senso di legato. Una conduzione contro la quale gli ottimi professionisti dell'orchestra sancarliana hanno potuto fare ben poco: non sono stati loro i responsabili della disarmonia fra le varie sezioni o della mancanza di un sia pur minimo spirito teatrale.
In più la scelta forse obbligata ma oggettivamente nefasta, di rappresentare l'opera senza i meravigliosi recitativi di Schikaneder ha reso la serata una sorta (ci si passi il paragone) di festival di Sanremo in cui i vari artisti entravano in scena togliendo la mascherina, eseguivano il loro numero e tornavano dietro le quinte, con lunghe pause deleterie per l'unitarietà del discorso musicale.
In genere nelle esecuzioni concertanti, i cantanti sono al proscenio in posizione avanzata. Qui invece la scelta bizzarra di destinare loro una pedana sul lato sinistro del palcoscenico, parzialmente coperti dall'orchestra non ne facilitava certo il lavoro. Gli artisti in scena erano gli stessi già annunciati per le normali repliche dello scorso marzo e ce l’hanno messa tutta per esprimersi al meglio. Già per questo vanno uniti in un’unica lode, ma non sono stati certo spronati da una direzione d'orchestra così spenta per cui i tentativi di dare vita drammatica ai singoli personaggi sono stati coronati da alterna fortuna.
Antonio Poli è un veterano del ruolo di Tamino, ed è stato pronto a restituirne la virile veemenza con un timbro dai toni caldi che vengono subito fuori già in Dies Bildnis ist bezaubernd schön..
Con voce sonora e particolarmente vellutata nei centri Mariangela Sicilia è stata una Pamina ora fragile e insicura ora più appassionata.
Il Sarastro di Kostantin Gorny indulge a volte a suoni di gola a cui si unisce un curioso modo di pronunciare il tedesco (ad esempio: heilige Auen invece di Hallen).
Nei panni (idealmente, vista la mancanza di costumi) di Papageno col suo flauto di Pan una volta tanto intonato, e con un fraseggio ricco di accenti, Roberto De Candia ha messo in campo tutta la sua comunicativa con un'ottima caratterizzazione del pavido uccellatore.
Daniela Cappiello è stata una Regina della Notte un po' incerta in O zittre nicht ma più incisiva negli accenti e musicalmente precisa nella seconda aria (il che non è poco): giustamente molto applaudita.
Emanuela Torresi, Laura Cherici e Adriana Di Paola hanno risolto con disinvoltura il ruolo delle Tre Dame. Nell'altro ruolo tripartito molto brave Fiorenza Bersanti, Antonella Petillo e Roberta Mancuso. La scelta di scritturare tre soprani invece delle voci bianche per i Tre fanciulli lascia inevitabilmente delusi, invece le tre artiste con timbro chiaro e poco vibrato, e con la giusta astrazione nell’interpretazione, sono state vocalmente credibili.
Con accenti ora melliflui ora più torvi Cristiano Olivieri è stato un validoMonostato mentre, una volta privata del poetico dialogo con Papageno in cui dichiara di avere "diciott'anni e due minuti" Lara Lagni è stata una Papagena frizzante e bene in armonia col suo partner.
Mariano Orozco ha cantato bene, ma il dialogo fra l'Oratore e Tamino ha delle profondità musicali e uno spessore morale irraggiungibili se non sottolineati da una direzione d'orchestra adeguata.
Ottimo Enrico Marrucci, Primo Sacerdote, così come Marco Moglietta che si divide fra il ruolo del Secondo Sacerdote e quello di Primo Armigero, impegnato nel corale bachiano insieme a Gianfranco Montresor.
Ben preparato, il Coro diretto da Gea Garatti Ansini non ha reso pienamente la dimensione solenne e arcana dell'opera, ma in una produzione-Bignami come questa era difficile fare di più.
Varie acclamazioni a scena aperta, al termine applausi cordiali.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 2 ottobre 2020.
Bruno Tredicine