Mimì | Maria Teresa Leva |
Rodolfo | Matteo Desole |
Marcello | Carlo Seo |
Musetta | Lucrezia Drei |
Colline | Maharram Huseynov |
Schaunard | Fellipe Oliveira |
Benoit/Alcindoro | Gianluca Lentini |
Parpignol / venditore ambulante | Roberto Carli |
Sergente dei doganieri | Paolo Marchini |
Un doganiere | Stefano Cescatti |
Direttore | Aldo Sisillo |
Regia | Leo Nucci |
Scene | Carlo Centolavigna |
Costumi | Artemio Cabassi |
Luci | Claudio Schmid |
Regista collaboratore | Salvo Piro |
Maestro del Coro | Stefano Colò |
Maestro del Coro delle Voci Bianche | Paolo Gattolin |
Orchestra Filarmonica Italiana | |
Coro Lirico di Modena | |
Voci Bianche della Fondazione Teatro Comunale di Modena |
Con "La bohéme" ha preso il via presso il Teatro Comunale "Luciano Pavarotti" il progetto “Modena Città del Belcanto” nell'ambito del quale, oltre alle finalità formative, è prevista la rappresentazione delle opere affrontate da Luciano Pavarotti in ordine di debutto. Purtroppo, dal programma di sala non è chiaro se il progetto prenderà in considerazione solamente i titoli affrontati da Pavarotti a Modena oppure tutte le opere eseguite nel corso della sua carriera. Fuori da ogni equivoco il primo titolo di questa rassegna, dato che col ruolo di Rodolfo, Big Luciano calcò per la prima volta un palcoscenico d'opera il 29 aprile 1961 - il teatro era il Valli di Reggio Emilia - ma pochi giorni dopo, il 5 maggio, interpretò nuovamente la stessa opera anche nel teatro della sua città.
Il progetto registico di questo nuovo allestimento porta la firma di Leo Nucci. Il celebre baritono da qualche anno alterna agli impegni vocali, quelli di regista e lo fa con sempre maggiore convinzione mostrando una propria cifra stilistica. Il colpo d'occhio con le stupende scene di Carlo Centolavigna ci trasportano nella Parigi di metà Ottocento. Alcuni scorci ci rammentano i dipinti di James Tissot, in particolar modo la suggestiva cartolina proposta all'apertura del sipario sul secondo quadro, in cui la vivace vita del quartiere latino appare perfettamente immobile, cristallizzata, come impressa sulla pellicola di una macchina fotografica; solo una ragazza in mezzo alla scena si muove lentamente suonando con una fisarmonica, il tema del valzer di Musetta. Al termine del breve quanto emozionante momento musicale, i movimenti riprendono e torna la vita intorno al Cafè Momus. La regia di Nucci ha personalità. Il lavoro sui cantanti e sulle masse palesa una grande attenzione posta all'eliminazione di quei movimenti stereotipati, retaggio della più stantia tradizione. La sensazione è che tutto si sviluppi con grande naturalezza, nel pieno rispetto del libretto e della musica. Gli eccessi sono banditi: non c'è mai confusione, nemmeno nell'affollato secondo atto e questo ci consente di focalizzarci sul dramma che risalta su tutto il resto con grande verità scenica. Eleganza e buon gusto la fanno da padroni. Un esempio: quando Alcindoro chiede a Musetta in quale parte del corpo abbia dolore e lei risponde: “Al piè!” non ci viene riproposta quella scena vista e rivista in cui la giovane grisette, grottescamente e in maniera per nulla credibile, solleva la gonna sino all’inguine; in questo caso Musetta si limita a mostrare maliziosamente la caviglia.
I curatissimi costumi di Artemio Cabassi hanno completato con classe lo splendido lavoro scenico e registico. Da segnalare anche l’uso intelligente delle luci curate da Claudio Schmid.
Dal punto di vista musicale va in primis sottolineata la splendida prova di Maria Teresa Leva nel ruolo di Mimì. Il soprano calabrese ha evidenziato un’emissione morbida e la pienezza di una voce timbricamente ricca e vellutata. Ma della sua prova ci ha colpito soprattutto la profondità interpretativa con cui è riuscita a rendere, particolarmente vera, una Mimì timida, successivamente appassionata ed infine sofferente. Obbiettivo raggiunto sfoggiando una tavolozza di colori ad ampio spettro, sfoggiando ampie dinamiche e ragguardevoli mezzevoci. Un’autentica perla rara il Do in pianissimo emesso al termine del duetto del primo atto.
Accanto a lei il Rodolfo di Matteo Desole ci ha convinti un po’ meno. La voce di questo giovane artista sardo è di bel timbro argentino, schiettamente tenorile; indubbiamente un materiale di buona qualità. Tuttavia, in questa occasione l’abbiamo sentito forzare un po’ troppo l’emissione, perdendo quindi in morbidezza e risultando un tantino monocorde. Ad onor del vero va detto che tutti gli scogli presenti in partitura, compreso il Do della “Manina”, sono stati superati senza incidenti di percorso.
Buona la prova di Lucrezia Drei la quale ha reso con ottima finezza interpretativa ed un canto elegante una Musetta giustamente civettuola, più raffinata di quanto siamo soliti vedere, ma anche capace di rendere nel finale le giuste sfumature drammatiche.
Vocalmente più che sufficiente e scenicamente buona la prova di Carlo Seo nella parte di Marcello. Peccato solo per la dizione, aspetto su cui il baritono coreano dovrà ancora lavorare sodo per poter giungere a risultati apprezzabili.
Molto bravo il Colline di Maharram Huseynov protagonista con la celebre “Vecchia zimarra”, cantata con grande partecipazione, di uno dei momenti più emozionanti dell’opera.
Sufficiente lo Schaunard di Fellipe Oliveira.
Bravissimo il Parpignol, dalla voce proiettatissima, di Roberto Carli.
Adeguato Gianluca Lentini nei panni di Benoit e Alcindoro.
Completavano il cast Paolo Marchini (Sergente dei doganieri), Stefano Cescatti (doganiere).
Una citazione per la spigliatezza scenica e per la qualità del canto, la merita il bambino delle voci bianche autore nel secondo atto della frase “Vo' la tromba, il cavallin!” il cui nome purtroppo non è riportato in locandina.
Buona la prova del Coro Lirico di Modena ed anche quello delle Voci Bianche della Fondazione Teatro Comunale di Modena.
Più che positiva anche la prova dell’Orchestra Filarmonica Italiana la quale ha risposto egregiamente alle sollecitazioni di Aldo Sisillo. Il direttore artistico del Comunale di Modena, in questa occasione impegnato sul podio, ha condotto con sicurezza esaltando i momenti sinfonici presenti in partitura e mantenendo sempre una buona sincronia fra buca e palcoscenico. Solo in alcuni momenti i volumi orchestrali ci sono parsi un po’ eccessivi e leggermente penalizzanti per le voci.
Al termine grande successo di pubblico per gli artisti impegnati in scena ma anche per tutti gli autori di questo nuovo allestimento.
La recensione si riferisce alla recita di venerdì 11 ottobre 2019.
Danilo Boaretto