Richard Strauss | Quattro ultimi Lieder |
"Vita d'eroe" | |
Soprano | Camilla Nylund |
Direttore | Zubin Mehta |
Orchestra Filarmonica della Scala |
Nell’autunno scaligero che ha segnato, con le opportune cautele del caso, le riprese delle attività artistiche del teatro, Zubin Mehta ha senza dubbio un ruolo di assoluto primo piano. Oltre alla “Traviata” in formato semiscenico andata in scena nei giorni scorsi, l’ottantaquattrenne direttore ha infatti previsto in Ottobre due serie concerti con la Filarmonica dedicati a Strauss e Mahler. Il denso programma del primo appuntamento ha accostato i “Quattro ultimi Lieder”, con “Metamorphosen” il testamento musicale e artistico del compositore bavarese, al poema sinfonico “Vita d’eroe”.
Generosamente testimoniato anche dal disco, il legame particolare che unisce Mehta e Strauss è di lunga data. Per rimanere al solo ambito scaligero ricordiamo che Mehta fece il proprio debutto nel 1962 con il “Don Chisciotte”, punto di partenza di un percorso artistico che porterà il direttore, nei decenni successivi, a maturare un approccio sempre più consapevole sino alle stupende esecuzioni, quattro anni fa, del “Cavaliere della rosa” di “Till Eulenspiegel”, “Così parlò Zarathustra” e dei “Quattro ultimi Lieder”.
In prestante forma fisica, Mehta è tornato ancora una volta ai Lieder inserendoli quasi come un’introduzione a “Vita d’eroe”. Se pensiamo al carattere ardimentoso e, in numerose parti, concitato del poema sinfonico l’accostamento ci potrebbe sorprendere. In realtà nel corso della serata ci siamo dovuto ricredere nel cogliere la fascinosa tinta crepuscolare della lettura di Mehta. Abbiamo così ritrovato un nesso plausibile, al di là dei loro contenuti autobiografici, tra le due pagine. I continui rimandi emotivi dei Lieder, con i loro richiami a ricordi e al costante fluire del tempo, hanno preannunciato e condensato il significato finale del poema che delinea le vicende dell’eroe. Un trasfigurare, quanto mai morbido sotto il gesto misurato e espressivo di Mehta, nel passare da una baldanza giovanile per approdare alla consapevolezza di una quiete faticosamente raggiunta dopo le vicissitudini descritte nei precedenti numeri del poema.
Nei Lieder la vocalità sobria ma ricca di sfumature di Camilla Nylund si è mirabilmente unita alla direzione asciutta e particolarmente attenta ai colori di Mehta. La cantante finlandese (dallo scorso anno “Kammersängerin” all’Opera di Vienna) ci è piaciuta per la sensibilità mostrata per gli intensi testi poetici, per l’espressività piacevolmente suadente senza essere mai zuccherosa, per l’equilibrio emotivo nell’intimo raccoglimento degli ultimi due canti (“Andando a dormire” e “Settembre”).
Lo stesso afflato confidenziale lo abbiamo ritrovato in “Vita d’eroe”. A differenza di approcci che frequentemente esaltano l’eloquenza sonora della composizione, i tempi piuttosto dilatati e distesi, il largo respiro di Mehta hanno indagato i moti d’animo del “grand’uomo”, incompreso dal mondo, dietro al quale si cela lo stesso compositore. Nelle parti più concitate della partitura, quelle che descrivono la lotta del protagonista, Mehta ha diluito i toni militareschi trasfigurandoli in un atteggiamento di sereno distacco. Oltre alla magnifica prova della Filarmonica (le cui indubbie qualità sono finalmente ben evidenziate dalla nuova cassa armonica), abbiamo apprezzato il virtuosismo, altamente espressivo, del violino solista Laura Marzadori. Al termine del concerto, senza intervalli e con una platea forzatamente limitata, caloroso il consenso del pubblico.
La recensione si riferisce al concerto del 30 settembre 2020.
Lodovico Buscatti