Ludwig van Beethoven | Ouverture in Do min. op. 42 "Coriolano" |
Wolfgang Amadeus Mozart | "Chi sa, chi sa, qual sia" , aria per soprano e orchestra K 582 |
"Voi avete un cor fedele", aria per soprano e oerchestra K 217 | |
Franz Schubert | Sinfonia in Do magg. D 944 "La grande" |
Direttore | Zubin Mehta |
Soprano | Chen Reiss |
Orchestra del Teatro alla Scala |
Impegnato nelle prove per l’attesa nuova produzione della Salome di Strauss, firmata da Damiano Michieletto, Zubin Mehta ha diretto l’orchestra scaligera in un ricercato programma tra classicismo e romanticismo viennese. In smagliante forma fisica, circondato dai musicisti nel parterre della sala del Piermarini, Mehta ha aperto la serata con una intensa lettura dell’Ouverture Coriolano
Nella concitata pagina beethoveniana, scritta nel 1807 come intermezzo alla tragedia omonima di Heinrich Joseph von Collin, Mehta ha delineato con cupa rassegnazione il dramma del patrizio romano Gneo Marzio (passato alla storia con il nome di Coriolano), dilaniato dal contrasto tra sentimenti di vendetta e richiami agli affetti familiari. Nel dissidio interiore del personaggio, Mehta non ha intravisto alcuna speranza come se il destino dell’eroe fosse già segnato da una lotta impari. In questo approccio ci sono parsi particolarmente coerenti il senso di abbandono dell’inquieta frase melodica ascendente negli archi, la fatica del moto sincopato, la lancinante mestizia del tema sentimentale – in maggiore – che richiama i moniti al senso del dovere del protagonista.
Al termine delle inquietudini beethoveniane, il cielo si è rischiarato grazie all’intermezzo delle due arie di carattere buffo per soprano e orchestra “Chi sa, chi sa, qual sia” e “Voi avete un cor fedele” di Mozart interpretate da Chen Reiss. Si tratta di composizioni di rara esecuzione, scritte per essere interpolate in opere di altri autori: “Chi sa, chi sa, qual sia” per Il burbero di buon core di Vincente Martin y Soler, “Voi che avete un cor fedele” per il libretto Le nozze di Goldoni musicato da numerosi compositori. Spigliata e arguta nel sintetizzare il carattere delle due brevi pagine, Chen Reiss ci è piaciuta per la resa della coloratura (soprattutto nella prima aria), per l’aderenza del canto al testo e la disinvoltura virtuosistica.
In chiusura della serata – e “piatto forte” del concerto – la nona sinfonia, conosciuta come La Grande di Franz Schubert. Al respiro solenne e alla maestosità del primo e del quarto movimento (Andante, allegro ma non troppo e Allegro vivace), magnifici nella loro pienezza di suono ma poco sensibili ai contrasti, Mehta ha contrapposto inaspettati effetti cameristici nei due tempi centrali (Andante con moto e Scherzo). In questi due numeri la scelta del maestro, piuttosto inconsueta, di anteporre in orchestra i fiati e i legni ha giovato al carattere della monumentale sinfonia impreziosendola di caratteri cameristici e concertanti con suoni alleggeriti e dinamiche brillanti. Nonostante il distanziamento dell’orchestra, non abbiamo avvertito smagliature tra le sezioni.
Lodovico Buscatti