Theodora | Lisette Oropesa |
Irene | Joyce DiDonato |
Septimius | Michael Spyres |
Valens | John Chest |
Didymus | Paul-Antoine Bénos-Djian |
Messenger | Massimo Lombardi |
Direttore e clavicembalo | Maxim Emelyanychev |
Direttore del Coro | Giuseppe Maletto |
Orchestra e Coro Il Pomo d'Oro |
La stagione 2020-2021 del Teatro alla Scala si chiude sotto il segno del barocco: dopo La Calisto di Cavalli e un concerto di arie seicentesche con Sonya Yoncheva, la sala del Piermarini accoglie la seconda tappa della tournée europea di Theodora, uno degli ultimi oratori di Georg Friedrich Händel, le cui tappe successive, dopo Vienna e Milano, avranno luogo a Parigi, Lussemburgo e Essen, e saranno coronate da un’incisione discografica per la Erato.
Se negli altri oratori del “caro Sassone” le vicende hanno uno sviluppo drammatico convincente e i personaggi vantano un’evoluzione psicologica credibile (come la maturazione di Bellezza nel Trionfo del Tempo e del Disinganno, la superbia sempre più crescente della protagonista di Semele, la follia in cui precipita Dejanira in Hercules) in Theodora mancano queste componenti: nonostante le peripezie del carcere e del martirio, la protagonista e Didimo non cambiano sostanzialmente registro musicale e drammaturgico per tutta la partitura, cantando la prima brani squisitamente estatici e il secondo pagine di deferente devozione verso l’amata. Anche gli altri tre personaggi si esprimono in maniera simile: mentre al tiranno Valente sono dedicate le arie più dinamiche dell’oratorio, Irene e Settimio, che fungono principalmente da commentatori della vicenda, cantano brani riflessivi e di accorato raccoglimento.
Maxim Emelyanychev alla guida de Il Pomo d’Oro impronta quindi la sua direzione d’orchestra a tempi rilassati ed equilibrati, mai statici e morti. Theodora viene restituita alla sua dimensione di meditazione sulla fede e sulla religione, ma il direttore russo rifugge qualsiasi lettura pomposa e ridondante, prediligendo un approccio più umano: l’accompagnamento ai cantanti e al coro è ottimamente rifinito, il dialogo con gli strumenti ben sostenuto.
Lisette Oropesa è una protagonista a tutto tondo: la sua è una Teodora ben cantata, estatica, virginale, al tempo stesso timorosa e risoluta, tanto pronta a seguire i dettami della sua religione quanto disposta a salvare l’innocente Didimo dall’ingiusta condanna. Di grande spessore l’esecuzione della scena del carcere, “Oh thou bright sun… With darkness deep as is my woe”, complice lo stretto dialogo con il direttore e l’orchestra, e il duetto conclusivo con Didimo “Streams of pleasure… Thither let our hearts aspire”.
Il Didimo di Paul-Antoine Bénos-Djian è autore di una prova in crescendo: dopo un “The raptur’d soul” interlocutorio, il controtenore francese acquista più confidenza e sicurezza già dalla seconda aria “Kind Heaven”, esibendo uno strumento vocale brunito e corposo che si amalgama alla perfezione con quello della collega Oropesa nei brani d’insieme che li vedono protagonisti.
Festeggiatissima per il suo ritorno alla Scala dopo dieci anni di assenza, Joyce DiDonato è un’Irene di grande spessore musicale: il mezzosoprano statunitense si ripresenta al pubblico milanese in forma smagliante, rifinendo e cesellando con il giusto pathos e con un più che adeguato coinvolgimento attoriale ogni aria dedicata al suo personaggio.
Michael Spyres, anch’egli assente dalla Scala da dieci anni, si conferma interprete intelligente e sensibile anche nel repertorio barocco: il suo è un Settimio dal fraseggio ben curato e dallo strumento sì sonoro ma non debordante, che non sovrasta l’orchestra nonostante l’imponente volume della sua voce.
Più sottotono il Valente di John Chest, dal timbro accattivante ma poco voluminoso e consistente, spesso sommerso dall’ensemble durante le sue arie.
Sugli scudi la prova del Coro de Il Pomo d’Oro preparato da Giuseppe Maletto, nel quale si segnala lo stentoreo Massimo Lombardi nei brevi interventi del Messaggero.
Teatro non da tutto esaurito, nonostante l’alto livello della proposta e del cast, ma il pubblico presente si è dimostrato molto partecipe ed entusiasta, regalando applausi calorosi ai solisti sia al termine dei loro numeri musicali che agli applausi finali. Ovazioni da stadio ed esultanza alle singole uscite degli artisti, con particolare intensità verso DiDonato.
La recensione si riferisce all'esecuzione del 20 novembre 2021.
Martino Pinali