Opera | Cristin Arsenova |
Scellerata | Candida Guida |
Soldini | Raffaele Abete |
Mario | Gurgen Baveyan |
Balconi | Yuri Guerra |
Quello che suona | Claudio Bonfiglio |
Direttore | Alessandro Cadario |
Regia | Tommaso Franchin |
Scene | Fabio Carpene |
Costumi | Giada Masi |
Luci | Alessandro Carletti |
Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari | |
Nuovo allestimento del Festival della Valle d’Itria |
Fra i tantissimi monologhi di Gigi Proietti che circolano in rete, c’è anche quello, davvero esilarante, dedicato al teatro di ricerca e alla musica d’avanguardia, spesso estranea al gusto di chi andava ad assistere ad uno spettacolo. Ma per capire quanto un certo tipo di musica novecentesca si fosse allontanata drasticamente dall’interesse del pubblico aveva già provveduto uno straordinario Alberto Sordi nel 1978 con “Le vacanze intelligenti”, terzo e ultimo episodio del film “Dove vai in vacanza?”.
Una feroce satira dell’intellettualismo da parte di due fruttivendoli romani (Sordi appunto e Anna Longhi), che spinti dai figli intellettuali e modaioli partono per una vacanza culturale non avendo però armi per apprezzare nulla, ad iniziare dal concerto sinfonico alla Cage con il “tacet”: un momento irresistibile che sigla la totale incomunicabilità fra il pubblico (almeno la grande parte) ed il linguaggio difficile della musica contemporanea. Ma, fortunatamente, il pregiudizio nei confronti della nuova musica colta si è decisamente attenuato, e molti hanno potuto constatare che le novità non sono necessariamente ostiche ma possono invece riservare delle piacevolissime sorprese. E questo anche per merito di alcuni importanti compositori delle ultime generazioni come il torinese Nicola Campogrande, musicista colto e prolifico, unanimemente apprezzato sulla scena internazionale e autore anche di brillanti saggi divulgativi sulla musica.
E che ha instaurato un rapporto privilegiato con la Puglia. A fine maggio al Petruzzelli c’era stato infatti il debutto de La notte di San Nicola, un atto unico accolto da grande successo. Lo stesso riservato alla prima assoluta di Opera italiana, in scena a Martina Franca come ultimo titolo della 48esima edizione del Festival della Valle d’Itria, il primo sotto la direzione artistica di Sebastian F. Schwarz. La partitura, in verità, era stata composta da Campogrande fra il 2008 e il 2010 su commissione del Comitato Italia 150 in occasione delle celebrazioni per l’unità del Paese; ma non aveva ancora visto la luce.
Il pregevole libretto, scritto molto bene e con sottile ironia da Elio e Pietro Bodrato, racconta la recente storia d’Italia, compresa in quell’arco temporale che va dal “boom economico” sino al primo decennio del XXI secolo. Il primo atto si sviluppa negli anni Sessanta e nei primi Settanta, con allusioni alla promessa di benessere, alla speculazione edilizia, allo scontro generazionale e rivoluzionario, alla musica beat, all’arrivo delle droghe, fino a lambire gli anni di piombo. Il secondo atto è collocato in pieni anni Ottanta, con forti riferimenti all’esplosione della tv commerciale, alla cultura dell’effimero, all’edonismo sfrenato, alla “Milano da bere”. Il terzo atto è invece realizzato nel presente della finanza virtuale, del minimalismo, delle nuove forme di spiritualità, dell’individualismo, delle grandi paure e delle grandi promesse del nostro futuro.
Per quanto riguarda i sei protagonisti, Mario è innamorato di Opera che si è però lasciata affascinare da Soldini, un imprenditore scaltro e non troppo onesto dal grande sorriso. Poi c’è Balconi, il portinaio di buon cuore ma opportunista, la simpaticissima Scellerata, una qualunque “sciura” un tempo barricadiera e oggi vestita di lino. E infine Quello che suona, un inquilino che non appare mai sulla scena ma interviene con il suono del suo pianoforte.
Su questa trama Campogrande ha realizzato un’opera di geniale eclettismo, dove si alternano con allegria e intensità momenti legati alla struttura tradizionale dell’opera (non sono mancate infatti le arie solistiche anche improntate al virtuosismo), con qualche impronta pucciniana vista soprattutto come una sorta di omaggio al Novecento: non sono infatti mancati accenni al musical, al jazz e anche al rock progressive con quegli intro del basso e della chitarra elettrici che si amalgamavano perfettamente all’organico cameristico e classico dell’orchestra. Una musica che arrivava piacevolmente alle orecchie degli spettatori con un taglio, però, assolutamente moderno e nuovo.
Caratteristiche che le prime parti dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari hanno messo molto bene in evidenza anche grazie alla sicura e precisa direzione di Alessandro Cadario. Ben assortito vocalmente e credibilissimo sul piano scenico l’ottimo cast, a iniziare dal soprano Cristin Arsenova nella parte più melodrammatica, non a caso chiamata Opera, risolta egregiamente con la bellezza del timbro e la sicurezza del registro acuto. Più sensuale la voce del contralto Candida Guida, perfettamente in linea con il ruolo di Scellerata. Per quanto riguarda i ruoli maschili, Campogrande spariglia il consueto “topos” e affida la parte eroica e amorosa ad un baritono, Mario (che alla fine si trasformerà in una stella), ottimamente interpretato da Gurgen Baveyan; mentre la parte del “cattivo” è appannaggio di un tenore, Soldini, ben caratterizzato da Raffaele Abete. Completava efficacemente il cast vocale il basso Yuri Guerra nella parte di Balconi, e bravo anche il pianista Claudio Bonfiglio, alter ego di Quello che suona.
Al successo di questo nuovo lavoro hanno validamente contribuito la regia brillante e lineare di Tommaso Franchin, le scene essenziali e funzionali di Fabio Carpene, i pertinenti e colorati costumi di Giada Masi e l’efficace e suggestivo gioco di luci di Alessandro Carletti.
Grande entusiasmo alla fine e calorosi applausi per tutti gli interpreti e per Nicola Campogrande.
La recensione si riferisce alla serata del 3 agosto 2022
Eraldo Martucci