Aleksij |
Branko Robinšak / Edvard Strah
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Ksenija |
Mojca Bitenc k. g. / Martina Zadro
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Tatjana |
Gordana Hleb k. g. / Nuška Drašček Rojko |
Cavaliere |
Ivan Andres Arnšek / Jože Vidic
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Direttore |
Marko Gašperšič |
Regia e scene | Manfred Schweigkofler |
Video |
Opera Illuminata, Christoph Grigoletti |
Luci |
Andrej Hajdinjak |
Coreografie |
Lukas Zuschlag |
Maestro del Coro |
Željka Ulčnik Remic |
Drammaturgia |
Tatjana Ažman, Franz Braun
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Orchestra e corpo di ballo dell’Opera nazionale di Ljubljana |
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Ksenija di Viktor Parma è un'opera singolare: inizia nel mezzo di una tormentata storia d'amore e termina poco dopo (è un atto unico) con la morte della protagonista del titolo, senza dare allo spettatore nemmeno il tempo di affezionarsi ai personaggi. Quando si apre il sipario, Aleksij si è già rifugiato in convento per fuggire un amore illecito e Ksenija lo raggiunge poco dopo con la fedele Tatjana per cercare pace nello stesso eremo. I due si riconoscono e l'amore mai sopito rifiorisce fino all'arrivo (immediato) dell'impetuoso Cavaliere, fratello di Aleksij, al quale la sposa, Ksenija, è fuggita praticamente dall'altare e che quindi reclama i propri diritti (discutibili, trattandosi di rapimento e matrimonio forzato), anche a costo di un duello tra consanguinei, nel quale però, per un errore del caso, rimane trafitta proprio la donna contesa. Il sipario cala sullo sgomento generale, lasciando l'impressione di aver assistito, drammaturgicambente parlando, più a un epilogo che a una vera e propria vicenda operistica.
Ksenija, con la quale l'Opera di Ljubljana ha inaugurato la stagione corrente, ha tuttavia un valore che va al di là del libretto apparentemente incompleto, firmato da Goestl, Funtek e Oblak. Si tratta innanzitutto di un titolo che ha avuto all'epoca della prima (1897) un successo enorme e il cui Intermezzo ha mantenuto autonomamente questa popolarità nelle sale da concerto (Parma era rimasto molto colpito da Cavalleria rusticana di Mascagni, alla quale aveva assistito alcuni anni prima a Vienna) ed è il modo per far riscoprire il patrimonio nazionale che nei favori del pubblico è stato messo in ombra dai grandi titoli italiani, francesi, tedeschi.
Probabilmente non è superfluo ribadire che Viktor Parma (1858-1924), allievo di Anton Bruckner a Vienna, venga considerato il padre dell'opera slovena, tanto che il suo grande successo Ksenija è ancora oggi conservato soltanto in forma di manoscritto. Ed è altrettanto interessante sottolineare l'origine triestina di questo compositore che nella sua vita ha toccato città diverse dell'est Europa, firmando non soltanto successi operistici, ma anche musiche di scena, operette, brani corali, cameristici, sinfonici.
Il melos nazionale si imprime nello stile di Parma come elemento caratterizzante, fortemente voluto dal compositore. Amore, morte, dissidi familiari, religione, contesto storico, ai quali si aggiungono toni di scuola nazionale, fanno di Ksenija un'opera totalmente romantica, nella quale Parma rivela la propria facilità melodica derivata da una cantabilità popolare innalzata al lirismo di arie, duetti, terzetti, cori. Parma non vuole stupire uscendo dai canoni operistici dell'epoca e non cerca il virtuosismo, ma riesce a coinvolgere il pubblico con la morbidezza di brani il cui tessuto melodico si imprime facilmente nella memoria, cullando in atmosfere riconoscibili il pubblico che abbia familiarità con le tradizioni musicali dell'est Europa (all'epoca questo era un motivo di orgoglio anche in senso politico, oggi un'accattivante caratteristica storica e artistica).
Sul palco ci sono i cantanti di punta della compagnia stabile dell'Opera di Ljubljana. Il tenore Branko Robinšak procede sicuro e algido nel ruolo di Aleksij, piuttosto indifferente agli affetti, ma attento al suono. La giovane Mojca Bitenc si è trovata a dover sostituire alla prima l'indisposta Martina Zadro, mettendosi in luce nel ruolo del titolo con empatia e freschezza, in una voce ben strutturata. Il baritono Jože Vidic abbraccia sempre con generosità e professionalità personaggi ed esigenze di regia, creando in questo caso un Cavaliere arrogante nei gesti e passionale nella voce. Ottima anche la prova del mezzosoprano Nuška Drašček Rojko, che al bel timbro corposo aggiunge una convincente padronanza della scena.Sotto la direzione di Marko Gašperšič l'orchestra del teatro trova i tempi giusti e solidità, ai quali potrebbe essere utilmente aggiunto un maggiore temperamento.
Il regista sudtirolese Manfred Schweigkofler, che in Slovenia ha già firmato negli ultimi anni due grandi produzioni sul palcoscenico del Cankarjev dom, Les fées du Rhin e Otello, ritorna a Ljubljana con uno spettacolo nel quale più che una vera e propria regia vuole supportare la musica con una cornice adatta, fatta di soluzioni non sempre originali -ad esempio la foresta di tronchi pendenti dalla graticcia- ma che hanno aiutato i cantanti a trovare uno spazio d'azione più raccolto. La costumista Mateja Benedetti, amante di rivisitazioni fantasy della storia (possibilmente con riflessi gotici), crea per i cantanti abiti che colpiscono, ma non contestualizzano, dai monaci che sotto la tunica portano giovanilistici anfibi, all'ancella Tatjana in versione science fiction.
L'atemporalità dal retrogusto tardomedievale serve del resto a fare da ponte con la seconda parte della serata. La durata dell'opera impone infatti un abbinamento: nel 2002, all'epoca del precedente allestimento di Ksenija all'Opera di Ljubljana, la combinazione è stata costruita nel modo più ovvio, con un altro titolo di Parma, la romanza drammatica Stara pesem. Stavolta invece il direttore artistico Rocc ha azzardato una proposta più ardita con i Carmina burana di Orff. Il fil rouge è doppio: da una parte l'ambito conventuale, dall'altra l'idea del destino che colpisce a sorpresa la protagonista e che è a sua volta protagonista dei Carmina. La danzatrice Georgeta Capraroiu tesse le fila dell'eterno racconto della Fortuna che può contenere in sé e stare al di sopra di qualsiasi tragico intreccio operistico, da sempre esposto al volere capriccioso del Fato. Le proiezioni dell'artista italiano Christoph Grigoletti (attivo anche nella realizzazione di video musicali per alcuni dei maggiori cantautori e gruppi italiani) abbracciano il palcoscenico sullo sfondo e sul pannello di tulle che separa dalla platea con immagini che evocano i molti percorsi, spirituali e terreni, che agitano le vicende umane. Nel maggiore dinamismo richiesto dall'allestimento, il coro si trova di fronte a una prova più impegnativa per mantenere compattezza e uniformità, ma applicandosi alla realizzazione delle molte richieste con una disponibilità non comune in un coro d'opera. La versione scenica e coreografica della cantata, realizzata da Lukas Zuschlag e dallo stesso Schweigkofler, riporta sulla scena, tra coristi e corpo di ballo, i personaggi di Ksenija (in alcuni casi meno a proprio agio nelle tessiture e nei ruoli), persi in un reticolo onirico che farà loro rivivere alla fine l'intera vicenda, ma con la possibilità di cambiare il finale, perchè la ruota della Fortuna avrebbe potuto girare diversamente nelle imprevedibili orbite della vita.
La recensione si riferisce alla recita del 5 ottobre 2017
Rossana Paliaga