Violino | Sergeij Krylov |
Direttore | Daniel Smith |
Niccolò Paganini | Concerto n. 2 per violino e orchestra in si minore, op. 7 M.S. 48 |
Maurice Ravel | Suite n.1 e n.2 dal balletto Daphnis et Chloé |
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice |
Capita, di tanto in tanto, che il diabolico Niccolò faccia tappa nella sua città; malgrado il reiterato nemo propheta in patria che rimbomba ancora oggi e che spontaneamente sorge nell'animo di certi nostalgici genovesi che ne hanno perso, irrimediabilmente, anche i compianti resti mortali. Concediamoci questo consueto cappello polemico iniziale - lui bistrattato, la sua casa demolita come una scatola di cartapesta - consapevoli di essere ripetitivi, e poi sì, veniamo al sodo.
Venerdì sera, al Carlo Felice, Paganini ha indossato i panni di Sergeij Krylov, che, probabilmente, gli garbano assai e che gli calzano a pennello, visto che il repertorio in questione è frequentato così spesso e con successo incondizionato dal quarantaseienne violinista russo. Insomma, il diavolo, questa volta, veste Krylov. Bravo, anzi bravissimo, lo si sa; ma quel che colpisce è il suo - chiamiamolo così - funambolismo, l'agilità della mano sinistra, la padronanza dell'arco, ora aderente nella sua spavalda irruenza, ora sospeso nel suo leggiadro jetez, facendo trapelare, sempre, un oculatissimo e meditato controllo. Qui si tratta, in una parola, di virtuosismo; inteso nel senso più positivo che c'è. Non puro esercizio di stile fine a se stesso, ma veicolo di sentimenti tra i più svariati, di emozioni forti, dalla prepotenza al languido abbandono, dalla cantabilità riflessiva, intensissima, all'ironia dello scoppiettante Rondò finale. La campanella suona, suona e risuona, nell'irresistibile duello all'ultimo fa diesis con il triangolo, Krylov gioca, l'orchestra lo segue, uno, tutti e centomila, ognuno ha la sua parte nel copione, perché il Concerto n. 2, in fondo, è teatro, perché Paganini è teatro; Krylov lo ha capito benissimo e fa l'istrione, abilissimo, ammiccando a compagni e direttore, saltando, girando su se stesso, perdendo crini impeciati a volontà, ma non mancando una nota. Armonici compresi. Di più, su di lui, non diciamo, per non cadere in stanche ripetizioni inutili e ridondanti, lasciamo da parte gusti personali (che, nel nostro caso, sono ampiamente soddisfatti) e registriamo piuttosto una platea gremita più del consueto, essendo la stagione sinfonica, a Genova, tendenzialmente trascurata. Standing ovation, applausi calorosissimi, boati di approvazione, che sono costati all'acclamato violinista due bis mica da poco: Bach, Adagio e Fuga dalla Prima Sonata, tutto un altro mondo, una diversa intimità, una sentita - definiamola - ritualità, che con Bach non è mai fuori posto. Anche qui con somma devozione del pubblico.
La seconda parte della serata ha mantenuto vivi attenzione e gradimento, complici una partitura di grande fascino - Suite 1 e 2 da Daphnis et Chloe di Ravel - e un'orchestra compatta e reattiva, guidata dall'esuberante Daniel Smith. Il giovane direttore australiano pare trasudare entusiasmo ed energia, ha una gestualità decisa ma non eccessiva, incoraggia il solismo delle sezioni, cura le dinamiche ottenendo efficaci contrasti. Ne esce un affresco variegato, curato nel gioco timbrico, sostenuto nelle complesse variazioni ritmiche, seducente nelle sonorità, cui il coro senza parole dà una pennellata di suggestione in più: ben inserito, presente, importante, ha completato con buon equilibrio questa pittura sinfonica ora lieve e sensuale, poi languida, poi ancora dirompente e scatenata, perfetta immagine dell'amore contrastato dei due arcadici pastorelli. Le masse artistiche del teatro genovese si confermano di ottimo livello, particolarmente affiatate se guidate con un certo piglio e carattere. L'effervescenza è traboccata anche a fine esecuzione, con il coinvolgimento di tutti gli orchestrali nell'entusiasmo di Smith, che si è fatto strada tra i leggii del palcoscenico abbracciando, stringendo la mano, inchinandosi a più riprese e calorosamente ringraziando artisti e spettatori.
Con una platea piacevolmente brillante e partecipe.
La recensione si riferisce al concerto del 4 Marzo 2016
Barbara Catellani