Billy Budd | Phillip Addis |
Edward Fairfax Vere | Alan Oke |
John Claggart | Graeme Broadbent |
Redburn | Christopher Robertson |
Flint | Mansoo Kim |
Ratcliffe | Simon Lim |
Red Whiskers | Marcello Nardis |
Donald | Daniele Piscopo |
Dansker | John Paul Huckle |
Un novizio | Alessandro Fantoni |
Squeak | Matteo Macchioni |
Nostromo | Claudio Ottino |
Primo Ufficiale | Roberto Maietta |
Secondo Ufficiale | Davide Mura |
Gabbiere di maestra | Naoyuki Okada |
Amico del novizio | Ricardo Crampton |
Arthur Jones | Alessio Bianchini |
Un marinaio | Matteo Armanino |
Ufficiale dei cannonieri | Loris Purpura |
Direttore d'orchestra | Andrea Battistoni |
Regia e costumi | Davide Livermore |
Scene | Tiziano Santi |
Disegno Luci | Andrea Anfossi |
realizzato da | Luciano Novelli |
Assistente alla regia | Alessandra Premoli |
Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice | |
Maestro del Coro | Pablo Assante |
Maestro del Coro di Voci Bianche | Gino Tanasini |
Coro del Teatro São Carlos di Lisbona | |
Maestro del Coro | Giovanni Andreoli |
Allestimento Teatro Regio di Torino-Teatro Carlo Felice |
Il palcoscenico del Carlo Felice diventa il ponte desolato dell’Indomitable. Le cime pendono dalla nebbia, la luce penetra a fatica e si intuisce, al di là del corrimano, l’endless sea, il mare sconfinato. L’atmosfera è greve.
La ciurma rumoreggia, sono tutti disperati, reietti avanzi di galera, anime infelici, gradassi o vittime silenziose. Sono centinaia, ma la solitudine e l’alienazione dominano. C’è un novizio rannicchiato in posizione fetale, nudo, che geme silenzioso dopo le frustate; c’è chi lo compatisce, seduto lì vicino con la testa tra le mani, c’è chi implora al Maestro d’Armi la pietà. Ecco, proprio lui, il malvagio Claggart, un individuo bieco, un represso che non accetta la propria omosessualità e cerca di soffocarla: con la violenza, con l’aggressività, con la rabbia e, di nascosto, con il pianto, portandosi al viso il fazzoletto rosso di Billy Budd, il suo odore, il suo ricordo.Eppure è lui che tiene il timone, lì sopra. Il Capitano Vere è sì un uomo illuminato, sensibile conoscitore della mente umana, filosofo e capo integerrimo; sul palcoscenico ha sempre la sua aura impenetrabile. Ma davanti al fatto crudo cede, non ce la fa: la legge, quella ufficiale, va rispettata e chi trasgredisce deve pagare con la vita. Novello Ponzio Pilato, Vere affida la cruciale decisione ad altri e così facendo firma la condanna di Billy Budd, quel giovane al quale tenta di essere padre per domare il desiderio della carne, in una sorta di sublimazione che però non inganna; e che infrange, quella sì, la legge del cuore. Ma lui chiude gli occhi e allontana così i suoi fantasmi, anche quando la candida vittima, agnello sacrificale, gli concederà l’eterna benedizione. Così il sipario cala sull’impiccato, sospeso a mezz’aria, e sul dilaniato Vere, sollevato in alto e colpito dal raggio di una luce glaciale. Tutto intorno è l’oscurità della morte.
All’interno di questa grande gabbia sull’oceano, ognuno ha il suo posto e da lì non si scappa. Abbiamo detto di Claggart, di Vere, dei marinai, quelli amici, gli opportunisti, i rassegnati. Tutti. E Billy? Billy Budd è diverso, lui è il bene, il bianco, è entusiasta e squarcia il buio, ride, canta, salta. E’ un’immagine chiara, porta il fancy (vezzoso) fazzoletto – quello rosso - e tutti lo chiamano beauty, perché è bello, giovane, solare. Una mosca bianca nello sciame cupo che ronza tra il ponte e la plancia.
Davide Livermore ci ha mostrato, con questi tratti, il suo Billy Budd e ha creato un grande spettacolo: ha tenuto alta la tensione, ha trasformato, in un certo senso, lo spazio scenico in un gigantesco schermo cinematografico: basti pensare anche soltanto al momento della battaglia, che ha una pregnanza, un impatto visivo straordinario, alle vele che cadono all’improvviso, alle onde che fagocitano la nave. Poi, è indiscutibile, sa muovere i suoi personaggi, li sposta dall’alto al basso, ci mostra gli anfratti più nascosti dell’Indomitable, attraverso grate, scalette, angoli bui – metafora chiara della imperscrutabile mente umana – tutto si sposta, cambia, si trasforma, grazie anche ad un gioco di luci di grande effetto, e ci porta a bordo, in quel movimento infinito delle onde. Concediamoci allora anche un vanto per la stupefacente tecnologia del palcoscenico genovese, che ha assecondato, in modo assai efficace, le geniali intuizioni del regista; un artista, lo diciamo una volta ancora, che ha davvero una marcia in più.
Superlativa la realizzazione scenica, ottima anche la resa musicale.
Il nostro plauso al maestro Andrea Battistoni; e se la sua esuberanza ci pare sempre un po’ tanto caricata, non possiamo – e non vogliamo - certo dir male. Anche perché uno spettacolo del genere non può che trascinare nei vortici dell’entusiasmo. Ha diretto un partitura di incontestabile difficoltà con molta cura dei particolari, delle mutevoli dinamiche, facendo ben emergere gli interventi “solistici” delle diverse sezioni nel loro passarsi e scambiarsi gli spunti tematici , seguendo le voci nel loro delicatissimo “recitar cantando” e generosamente enfatizzando la sostanza drammatica. L’orchestra risponde sempre con ottimi riflessi e densità di suono, i cori – per l’occasione “monumentale” al coro genovese si è affiancato il Coro São Carlos di Lisbona – bene hanno sostenuto una prova assai impegnativa, rispondendo alla grande responsabilità, anche in termini di presenza scenica, richiesta dall’opera di Britten.
Passiamo allora al cast. Ci soffermiamo, naturalmente, sui tre ruoli principali, che hanno avuto tutti interpreti d’eccezione.
Phillip Addis(Billy Budd), è un giovane artista dalle ragguardevoli qualità vocali e drammatiche: bello il timbro, pastoso e morbido, sicura l’emissione, omogenea la voce nei differenti registri. Il suo Billy Budd è un ragazzo allegro e brillante, che sa cantare con gioia e leggerezza; ma bene sa rendere anche lo sgomento, il coraggio, la tristezza, che egli mostra con un canto intenso, sentito, ricco di delicate sfumature.
Assai convincente anche la prova di Graeme Broadbent (John Claggart), ottimo interprete sia dal punto di vista vocale – il suo è un timbro scuro e penetrante – con un canto perfettamente controllato e dosato nell’intensità; sia come presenza scenica. Fisico piuttosto imponente, il suo Maestro d’Armi è quanto di più disgustoso si possa immaginare, un essere viscido e decisamente inquietante. Insomma, quando si dice il phisique du role.
Molto bravo anche Alan Oke (Edward Fairfax Vere), ottima interpretazione, che bene ha reso l’impietosa lacerazione che logora il personaggio; buona anche la sua prestazione vocale - anche se leggermente più discontinua degli altri due protagonisti - al servizio di una parte assai scomoda e impegnativa, che, a tratti, ha compromesso la pregnanza del suono.
Tra i personaggi minori, scriviamo con piacere un apprezzamento alla prova di Alessandro Fantoni (Un novizio), il solo nudo in scena, che ha affrontato la parte con molta intensità ed efficacia: bel personaggio e bella prestazione vocale.
Corretto il resto del cast e buono l’affiatamento sul palcoscenico. Simon Lim (Ratcliffe), Roberto Maietta(Primo Ufficiale), Loris Purpura (Ufficiale dei cannonieri), John Paul Huckle (Dansker), Christopher Robertson (Redburn), Mansoo Kim (Flint), Marcello Nardis (Red Whiskers), Daniele Piscopo (Donald), Matteo Macchioni (Squeak), Claudio Ottino (Nostromo), Davide Mura (Secondo Ufficiale), Naoyuki Okada (Gabbiere di Maestra), Ricardo Crampton (Amico del novizio), Alessio Bianchini (Arthur Jones), Matteo Armanino (Un marinaio).
E, infine, la consueta lode al Coro di Voci Bianche del teatro genovese diretto da Gino Tanasini.
Un Billy Budd da ricordare: encomio al teatro genovese per la scelta “coraggiosa” e tanto di cappello a Davide Livermore.
Barbara Catellani