Klytaemnestra | Jane Henschel |
Elektra | Luana Devol |
Chrysothemis | Ricarda Merbeth |
Aegist | Michael Roider |
Orest | Falk Struckmann |
Der Pfleger Des Orest | Janusz Monarcha |
Die Vertraure | Waltraud Winsauer |
Die Schlapptraegerin | Daniela Denschlag |
Ein Junger Diener | Benedikt Kobel |
Ein Alter Diener | Johannes Wiedecke |
Die Aufseherin | Margaretha Hintermeier |
Erste Maid | Daniela Denschlag |
Zweite Maid | Nadia Krasteva |
Dritte Maid | Janina Baechle |
Vierte Maid | Simina Ivan |
Fuenfte Maid | Inna Los |
Orchestra e Coro Della Wiener Staatsoper |
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Direttore Peter Schneider |
Richard Dehmel è uno dei poeti che devono alla musica la memoria che se ne serba: alcune sue liriche, davvero belle, sono diventate meravigliosi Lieder dell'amico Richard Strauss. Proprio in casa di Dehmel, a Berlino, avvenne nel 1899 un incontro di grande importanza per la carriera del musicista e, oseremmo dire, per la storia dell'opera del Novecento: Richard Strauss conobbe Hugo von Hoffmannsthal, letterato e drammaturgo, non solo librettista come la storia lo ricorderà, anzi non ancora librettista: promette però di scrivere un libretto per Richard Strauss, che in quel momento ha scritto solo il controverso Guntram. Il progetto, se è davvero più che una parola di stima e di simpatia, si realizzerà dopo una decina d'anni - proprio con Elektra. Il rapporto è importante, anche di amicizia personale che non diventerà mai confidenza per il carattere estremamente riservato di entrambi. Strauss dirà: Hoffmansthal mi ha aiutato a raffinare la mia ispirazione, spesso "barbarica".
Il mito di Elektra aveva però appassionato Strauss molto prima dell'incontro con Hoffmansthal: studente ginnasiale, aveva letto la tragedia di Sofocle e ne aveva musicato un coro. Un viaggio in Grecia, nel 1892, lo aveva ancora di più conquistato: amava definirsi "der Griechische Germane", il greco-germanico, e aveva musicato alcuni Melodram - testi recitati ritmicamente su una "base" pianistica - su testi di Goethe ispirati a soggetti classici, come Die Geschoepfe des Prometheus, Le Creature di Prometeo. Non è un caso che fra le testimonianze dell'amore di Strauss per Mozart ci sia la rielaborazione proprio di Idomeneo - l'opera in cui compare Elettra!
Il mito greco tornerà a vivere in modo ricorrente e irregolare nella carriera di Strauss: sarà la rivisitazione quasi borghese del tradimento di Elena, sarà il metateatro di Ariadne, sarà il sereno amore di Danae o la fantasiosa metamorfosi di Daphne, ma non avrà più la veemenza tragica di Elektra, in cui personaggi modernamente alienati e isolati nelle loro individualità, sembrano incapaci di ricnoscersi fra loro, di riconoscere sé stessi e di riconoscere gli dei. Hoffmansthal si ispirò per la sua tragedia, da cui trasse il libretto per Strauss, a Sofocle, rendendo tutto ancora più essenziale: non c'è nulla del "lamento d'usignolo" nell'atteggiamento dell'eroina straussiana, né il delitto di Clitennestra cerca giustificazione nel sacrificio di Ifigenia. Ancora più di Salome è esasperato il protagonismo di Elektra, gli altri personaggi esistono solo episodicamente in funzione di lei, che dopo il breve prologo delle Ancelle entra in scena per non uscirne più. A lei sono riservati i momenti più drammatici e quelli più lirici, sembra che solo lei sia capace di autentici sentimenti, di cambiamenti di stato d'animo e che tutto quello che lei prova sia profondo e autentico. Alla fine della danza frenetica in cui Elektra non ha più bisogno della parola: "Schweige und tanz! -Taci e danza!", l'eroina di Strauss muore? Non è specificato: certo non la immaginiamo sposata a un contadino, come la presenterà Euripide, o moglie di Pilade, secondo altre versioni del mito. L'Elektra di Strauss ha esaurito la sua parabola: quando l'orchestra rievoca il grido "Agamemnon! Agamemnon!", Elektra non esiste più.
Elektra (Dresda, 1909) è, nella produzione di Strauss, un'opera per certi versi già matura e per altri anticipatrice di equilibri. L'atto unico di circa cento minuti è una sorta di unità drammatica già sperimentata con Feuersnot e Salome, tipica di Strauss fino a Capriccio. Troviamo qui per la prima volta l'equilibrio delle tre voci femminili: soprano scuro-soprano chiaro-mezzosoprano, che ritroveremo con caratteristiche diverse ma riconoscibili nel Rosenkavalier e in Ariadne che seguono immediatamente, fino a Frau ohne Schatten. Strauss stesso trovava però tanti - forse troppi - punti di contatto fra Elektra e Salome: violenza e perversione, in poche parole, ancora uno "scandalo". Certo Elektra è una ulteriore - e ultima - domanda sul mistero dell'amore e il mistero della morte, misteri destinati a rimanere tali, ma mentre in Salome tutto è perverso, qui sembra che la perversione - e quindi la tragedia - nasca dalla esasperazione dei "buoni sentimenti": cioè dalla perdita del senso della misura. E mancanza del senso della misura troviamo anzi tutto nella scrittura orchestrale: un organico di oltre 110 elementi, con una straordinaria scrittura degli archi, insolitamente divisa in tre parti per i primi, i secondi violini e le viole, in due parti per il violoncelli. L'armonia dispiega una fantasia nuova: le tonalità si sovrappongono, a tratti si smembrano, non è raro il tritono, l'estrema perversione armonica. E che dire dei timbri: gli archi sembrano gli esseri umani, i fiati danno il colore drammatico - scena e sentimenti -, le percussioni il colore ambientale e sottolineano gli avvenimenti: è insomma una sorta di Tondichtung scenica e vocale, in cui la voce è parola e sonorità inserita nell'orchestra, che raramente ha tanto peso drammatico, quasi a sostituire la funzione del coro nel teatro greco: partecipazione e commento. Quasi paradossalmente, una funzione simile la riconosciamo in Ariadne auf Naxos, che ha l'orchestra più ridotta - 39 elementi - nel teatro di Strauss, ma proprio per questo essenziale.
Non sembra quindi così strano vedere l'orchestra sul palco per Elektra: l'esecuzione di ieri al Passiontheater di Oberammergau era in forma di concerto, ma un particolare tipo di semi-stage: fra l'altro, dop aver visto Guntram sulla moto e con la chitarra elettrica e Elena Egizia col televisore, questo tipo di esecuzione ci rassicura. Su un impianto scenico che suggerisce la reggia di Micene, i cantanti entrano, interpretano col minimo movimento indispensabile, mentre effetti di luce scandiscono il dramma coinvolgendo i personaggi nei cambiamenti di colore. L'avvenimento scenico in quest'opera è dato dalle entrate e dai dialoghi dei personaggi: tutto ciò che realmente avviene - cioè il doppio omicidio - è, secondo la regola del teatro greco, rigorosamente fuori scena. L'atteggiamento degli artisti, specialmente delle tre protagoniste femminili, è intenso, sempre partecipe, ricca di significato la gestualità essenziale. Luana DeVol è una Elektra di vocalità ricca - possiede il suono di Strauss -, il temperamenteo di autentica attrice non prevarica mai il canto. Lo stesso può dirsi per la Klytaemnestra di Jane Henschel, voce scura e affascinante, ma con acuti ampi e sicuri. I veri cantanti-attori non hanno bisogno di registi - anzi! -: liberi di esprimersi, se ne avvantaggia anche la musica. Ricarda Merbeth non ha forse il timbro chiaro che si immagina per Chrysothemis - il cui nome evoca lo "splendido equilibrio" -, ma recupera la cifra del personaggio con emissione morbida, dolcezza di legato, bel colore, ricordandoci insomma che Strauss si può anche cantare bene. Falk Struckmann, con bel timbro scuro, dà voce a un Orest eroico, forse poco adolescente, ma espressivo in tutta la gamma di emozioni concentrate nel breve ruolo. Più breve ancora il ruolo di Aegisth, ma anche quello ben caratterizzato da Michael Roider. Un plauso generale va a tutti gli altri interpreti - Ancelle, Servi e Mentore -: ricordando che in questo contesto nessun ruolo, per quanto breve, è facile, abbiamo apprezzato belle voci e giusto rilievo musicale. Efficacia drammatica, ma buon gusto e senso della misura - non sembri una contraddizione con quella che abbiamo indicato come cifra dell'opera - sono i pregi principali di questo bellissimo spettacolo: forse si deve all'essenzialità del tipo di esecuzione, o in ogni caso alla linea della lettura musicale: la sonorità sontuosa dell'orchestra della Wiener Staatsoper è esaltata da Peter Schneider che ricerca più l'eleganza che la "barbarie" - esaltando forse quella raffinatezza che Strauss riconosceva di dovere a Hoffamannsthal...
Lunghissimi applausi per tutti gli artisti dal pubblico molto numeroso, confluito da varie città: è rara l'occasione di vedere uno spettacolo della Wiener Staatsoper. Grazie quindi ancora una volta a Christian Lange e Manfred Frei che hanno concluso la loro lunga e luminosa stagione ai Richard-Strauss-Tage con questo spettacolo: un vero fuoco d'artificio!
Amelia Imbarrato