Carmen | Na’ama Goldman |
Micaëla | Maria Teresa Leva |
Frasquita | Claudia Sasso |
Mercédès | Arina Alexeeva |
Don José | Luciano Ganci |
Escamillo | Zoltan Nagy |
Le Dancaire | Davide Fersini |
Remendado | Roberto Covatta |
Moralès | Gabriele Nani |
Zuniga | Federico Benetti |
Lillas Pastia/Guida | Alberto Branca |
Direttore | Carlo Goldstein |
Regia | Fédéric Roels |
Scene | Bruno del Lavernère |
Costumi | Lionel Lesire |
Luci | Laurent Cataingt |
Coreografie | Sergio Simon |
Orchestra I Pomeriggi musicali | |
Coro OperaLombardia | |
Maestro del Coro | Diego Maccagnola |
Una Carmen tutto sommato tradizionale quella che vede il Ponchielli di Cremona teatro capofila all’interno del circuito di OperaLombardia, una Carmen che, come proprio elemento di novità, intende sottolineare quanto tutti i protagonisti della vicenda siano forti solo in apparenza, mentre nella realtà risultano estremamente vulnerabili, essendo, a loro volta, vittime di un mondo caotico che ingenera in essi terrore.
La stessa Carmencita non è dipinta come una seduttrice forte, fiera, arrogante, ma come un animale braccato, il quale scorge tutti i rischi di un amore che, dall’altra parte, la protagonista non arriva a percepire come totalizzante; ciò la spinge a reagire con radicalità e a cercare la sicurezza presso il protettivo Escamillo.
La paura dei singoli ha certamente le proprie radici all’interno di un universo che incentiva la paura collettiva, un universo militarizzato, nel quale i bambini imitano gli adulti e dove Micaëla, appena fatto il suo ingresso, rischia lo stupro di gruppo. Si tratta di un mondo privo di evidenti indicazioni temporali che all’interno dell’opera permangono effettivamente sempre piuttosto vaghe: l’allestimento e i costumi, infatti, fanno riferimento sì alla seconda metà del secolo scorso, ma puntano senza dubbio a sottintendere anche la trasversalità temporale e, in un certo senso, spaziale della vicenda.
Le scene di Bruno de Lavenère sono lineari, si avvalgono della presenza di un muro divisorio che delimita il fondo della scena e di alcuni grossi parallelepipedi mobili a forma di pilastri che, posizionati in modo diverso, fanno riferimento ai diversi ambienti richiesti dal plot.
Belle le luci calde di Laurent Castaingt che colorano frequentemente di sfumature dorate le scenografie, così da evocare nell’immaginario collettivo l’atmosfera assolata dell’Andalusia.
Bravo il regista Frédéric Roels a muovere masse e protagonisti con naturalezza all’interno di uno spazio tutto sommato piuttosto ridotto dalla presenza delle scenografie.
Carlo Goldstein ben dirige l’Orchestra I Pomeriggi Musicali, staccando ora tempi più serrati, come nel preludio in cui predomina una giocosità leggera, ora più distesi. A fronte delle pregevoli variazioni ritmiche, la lettura appare ricca di colori, forse meno focalizzata del consueto sull’aspetto sensuale, ma aperta a squarci lirici di sicura seduzione. Notevole l’attenzione all’equilibrio di insieme e al rapporto buca-palcoscenico.
Nel ruolo eponimo Na’ama Goldman, sebbene si muova con disinvoltura, ci tratteggia una Carmen sprezzante, un poco fredda, non pervasa da una sensualità istintiva e primordiale, forse anche un poco priva di magnetismo. La voce è chiara, non così ricca di armonici nei centri e nei gravi come in acuto, ma la tecnica è sicura e il registro superiore appare solido e ben proiettato.
Al suo fianco la voce di Luciano Ganci riempie il teatro e convince su tutta la linea, ivi compresa l’interpretazione di un Don Josè sempre interiormente dilaniato e incapace di scegliere fra istinto e razionalità. Il fraseggio è curato, l’acuto solido e pieno, il suono sempre ben in maschera, l’emissione naturale, il timbro morbido e di colore splendido.
Bravissima dal canto suo Maria Teresa Leva che ci offre una Micaëla meno fragile del solito: ottime la gestione dei fiati e l’intonazione, la voce è generosa e di corpo, i filati sono perfetti, l’interpretazione al contempo delicata e raffinata.
Meno a fuoco l’Escamillo di Zoltan Nagy che, nel tentativo forse di scurire artificialmente la voce, salendo nella zona superiore appare talvolta leggermente calante e a tratti non sempre così elegante nell’emissione.
Ottima accoppiata per Claudia Sasso e Arina Alexeeva nei panni di due spigliate Frasquita e Mercédès, entrambe dotate di strumenti sonori e corposi e che sanno dare il meglio di loro nel duetto delle carte.
Non sempre ben udibile, soprattutto all’inizio, il Moralès di Gabriele Nani, convincente, invece, lo Zuniga di Federico Benetti.
Completano il cast la riuscita coppia di contrabbandieri formata da Le Dancaire e Remendado, rispettivamente Davide Fersini e Roberto Covatta, sempre in perfetta linea sintonica, e il buffo Lillas Pastia di Alberto Branca che veste anche i panni della Guida.
Pertinenti e puntuali i numerosi interventi del Coro di OperaLombardia.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 17 novembre 2017
Simone Manfredini