Carolina | Gabriella Costa |
Elisetta | Elena Rossi |
Fidalma | Damiana Pinti |
Conte Robinson | Pietro Guarnera |
Geronimo | Carmine Monaco |
Paolino | Daniele Zanfardino |
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Direttore | Marzio Conti |
Regia | Ugo Gregoretti |
Scene | Bruno Buonincontri |
Costumi | Mariolina Bruno |
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Orchestra del Teatro |
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Marrucino di Chieti |
Terzo titolo della stagione 2004-2005, questo “Matrimonio Segreto” era molto atteso anche per il fatto che si trattava di una “prima” assoluta al Teatro Marrucino; l’allestimento, realizzato in coproduzione con il Teatro Verdi di Pisa, è stato salutato da grande entusiasmo da un pubblico numeroso e partecipe, che ha gremito il Teatro sia alla Prima che alle due repliche successive. Ulteriore riprova, se mai ce ne fosse bisogno, dell’attuale vitalità della cosiddetta “provincia” rispetto ai grandi teatri, e alla possibilità di fare ottima musica con un decimo delle risorse a disposizione.
Molto interessante la regia di Gregoretti, che si avvale di una scena fissa sulla quale campeggia un bosco stilizzato di ciliegi. Nel programma di sala il regista chiarisce di avere scelto un bosco di ciliegi come citazione russa (“Il Giardino dei Ciliegi” di Cecov) a voler ricordare il fatto che Cimarosa ebbe un lungo periodo di residenza a San Pietroburgo, e proprio in Russia concepì il Matrimonio Segreto. Detta così può apparire una tesi un po’ lambiccata, ma sulla scena si traduce in una serie di trovate di grande effetto, senza scadere quasi mai nel macchiettismo. Fra le varie posso citare l’arrivo del Conte mentre due servi in costume russeggiante insegnano la “Mamutcka” a Paolino, o il quartetto “del ritiro” nel secondo atto cantato mentre un fintamente torvo Pope ortodosso compie una solenne processione in palcoscenico per andare poi a sedersi su un’altalena in fondo alla scena. Tutte le controscene, comunque, sono state realizzate con molto gusto, grazie anche all’ottima recitazione di tutti gli interpreti. Bellissimi i costumi di Mariolina Bono, perfettamente aderenti all’epoca settecentesca (chissà perché realizzare con costumi settecenteschi un’opera ambientata nel settecento, oggi come oggi viene vista come una bizzarra da certi critici…..). Eccellente, poi, la parte squisitamente musicale, che ha visto ancora una volta l’Orchestra del Teatro Marrucino e il suo direttore stabile Marzio Conti assoluti protagonisti. Personalmente mi è molto piaciuta la scelta di Conti di accentuare rubati e crescendi dove lo spartito più li poteva autorizzare, ad esempio nel finale primo o nelle introduzione alle arie, pur nel sostanziale rispetto di una leggerezza e trasparenza di suono veramente ammirevoli. Intenzioni rese al meglio da un’orchestra in grande forma, dal suono limpido e compatto, con una menzione d’onore per oboi e corni che hanno realizzato gli accompagnamenti solisti alle arie con grande suggestione.
Fra i cantanti metterei su un gradino superiore la Fidalma di Damiana Pinti, voce di mezzosoprano sicura e omogenea in tutti i registri, dal fraseggio spigliato ma mai debordante verso il caricaturale e dalla grande disinvoltura scenica (e Fidalma è un altro di quei personaggi semplicissimi all’apparenza, ma con il rischio sempre incombente di essere trasformata o in una vecchiaccia acida o in una ninfomane). Gabriella Costa (Carolina) ha bel timbro e buona sicurezza di canto, anche se dovrebbe sistemare meglio certi “attacchi” un po’ troppo fissi, specie in zona acuta. Ad Elisetta è affidata una grande aria virtuosistica nel secondo atto, “Se son vendicata”, caratterizzata da agilità fittissima, sbalzi di registro, continui trapassi dal tono elegiaco a quello veemente; Elena Rossi ne esce con onore, pur con un registro basso ai limiti dell’udibilità, e per il resto dell’opera canta e interpreta in modo squisito, soprattutto con un timbro che la differenzia sufficientemente da quello di Elisetta. Daniele Zanfardino (Paolino) ha voce piccola e di limitato volume, tanto che negli assiemi viene regolarmente coperto; canta con gusto, però, e con linea molto musicale, trovando i momenti migliori nei passi elegiaci: ottima, quindi, l’esecuzione dell’aria “Pria che spunti in ciel l’aurora”. Per il personaggio di Geronimo valgono le considerazioni fatte sopra per Fidalma, e anche in questo caso il buon gusto ha regnato sovrano, grazie alla bella voce timbrata e sonora di Carmine Monaco e alla sua recitazione misurata ma mai noiosa. Un po’ meno volume nella voce di Pietro Guarnera (Conte Robinson), ma interpretazione ugualmente brillante e convincente, soprattutto per la grande varietà di accento: particolarmente ben riuscito, quindi, il celebre duetto dei bassi che apre il secondo atto.
Domenico Ciccone