Direttore | Valerio Galli |
Soprano | Claudia Urru |
Basso - Baritono | Francesco Leone |
Maestro del coro | Giovanni Andreoli |
Gabriel Fauré |
Pelléas el Melisande op. 80 (suite dalle musiche di scena per l’omonimo dramma di Maurice Maeterlink) Cantique de Jean Racine Requiem in re minore per soli, coro, organo e orchestra op. 48 |
Orchestra e coro del Teatro Lirico di Cagliari |
Onorare le vittime del Covid, stringere in un ideale abbraccio gli operatori sanitari impegnati nella lotta quotidiana contro la Pandemia: questi gli obiettivi del concerto andato in scena la scorsa settimana nella cornice dell’Arena Amedeo Nazzari, penultimo appuntamento della stagione estiva del Teatro Lirico di Cagliari. Un concerto dedicato a tre composizioni di Gabriel Fauré: Pelléas el Melisande (suite dalle musiche di scena per l’omonimo dramma di Maurice Maeterlink), Cantique de Jean Racine, ed infine, cuore della serata, il Requiem in re minore. Una pagina, quest’ultima, che secondo il Sovrintendente Nicola Colabianchi è contraddistinta non dalla carica drammatica propria dei più noti Requiem di Verdi e Mozart, ma da una sua maggiore serenità intrinseca, utile a descrivere la morte non come una minaccia incombente, ma come una sorta di sorella con la quale condividere un cammino di speranza verso il Paradiso.
Scelta accattivante, rivolta a momenti di altissima bellezza musicale. Una bellezza peraltro esaltata dalla sempre eccellente direzione di Valerio Galli – che conferma la sua enorme capacità di mantenere sempre il perfetto equilibrio tra l’orchestra e il coro guidato da Giovanni Andreoli – e dalla buona prova dei due solisti, giovani cantanti formatisi presso il Conservatorio cagliaritano e già più volte apprezzati dal pubblico della loro città: Claudia Urru, soprano lirico leggero dal timbro gradevole e dagli acuti facili, e Francesco Leone, basso/baritono di buoni mezzi che sfoggia sempre un apprezzabile colore brunito. Scelta accattivante, e indicativa della volontà del Sovrintendente appena insediato di mettere in campo progetti artistici di notevole spessore, destinati, in quanto tali, a stimolare la riflessione e la discussione.
E proprio nel quadro di una elevata discussione su un progetto musicale di alto profilo, la scelta del programma offre lo spunto per formulare alcuni interrogativi, resi ancor più interessanti alla luce delle premesse iniziali. Viene infatti da chiedere: quale serenità può trovarsi nella strage di vite perpetrata da un virus subdolo che costringe le persone a piegare la normalità sull’altare della paura? Quale serenità può trovarsi nelle incertezze di una scienza costretta ad inseguire, tra curve dei contagi e protocolli di sicurezza, la marcia irrefrenabile di un nemico senza nome? E quanto è lunga la strada verso il Paradiso per gli abitanti di quei mondi (primo fra tutti, il mondo dello spettacolo) in gran parte abbandonati nei loro tentativi di ripartenza?
Domande che restano sospese nell’aria della Piazza Amedeo Nazzari, mentre si spengono le ultime note delle melodie dell’illustre maestro di Ravel; domande che sembrano trovare risposta nel giornaliero bollettino di guerra della Protezione Civile: nei giorni della pandemia, non c’è l’armonia di Fauré, ma la furia del Dies irae; non c’è la speranza di una strada verso la luce, ma il dolore straziante del Lacrimosa. Nei giorni della Pandemia, l’oscura grandiosità dell’abisso di Verdi e Mozart sembra ancora prevalere sulla magnifica serenità che caratterizza la visione francescana della morte di Fauré.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 18 settembre 2020.
Carlo Dore jr.