Siegfried | Magnus Vigilius |
Mime | Peter Hoare |
Der Wanderer | Gábor Bretz |
Alberich | Scott Hendricks |
Fafner | Wilhelm Schwinghammer |
Brünnhilde | Ingela Brimberg |
Erda | Nora Gubisch |
Stimme eines Waldvogels | Liv Redpath |
Direttore | Alain Altinoglu |
Regia | Pierre Audi |
Scene | Michael Simon |
Costumi | Petra Reinhardt |
Drammaturgia | Klaus Bertisch |
Luci | Valerio Tiberi |
Orquestre Symphonique de la Monnaie
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Dopo il Prologo e la Prima giornata rappresentati nella stagione 2023/2024 prosegue il ciclo del Ring alla Monnaie di Bruxelles inizialmente coprodotto col Liceu di Barcellona, nonostante un vistoso inciampo che ha minato la continuazione del progetto: come già anticipato ad aprile durante la presentazione della stagione 2024/2025, Romeo Castellucci si è ritirato dalla produzione (per i motivi che hanno portato a questa decisione rimando al comunicato sul sito del teatro) e le ultime due giornate verranno allestite da Pierre Audi, già autore di una messa in scena del Ring ad Amsterdam, più volte ripresa e recensita dalla nostra rivista da Edoardo Saccenti (allego qui le recensioni delle rappresentazioni avvenute tra il 2012 e il 2013: Das Rheingold, Die Walküre, Siegfried e Götterdämmerung).
Prendendo le redini di un progetto già avviato, e dovendosi barcamenare tra Bruxelles e Parma dove ha curato il nuovo allestimento di Macbeth al Festival Verdi, Audi ha inevitabilmente fatto di necessità virtù riutilizzando qualche idea già usata nel Ring olandese e strizzando anche l'occhio ad alcune suggestioni inevitabilmente lasciate dai due spettacolo di Castellucci (e probabilmente suggerite dalla direzione artistica del teatro). Entrambe le due visioni registiche sono accomunate da più chiavi di lettura che si focalizzano ora su un personaggio ora sull'altro: se però l'allestimento dell'italiano si muoveva nel solco di una lettura sì iconoclasta ma comunque coerente, quella del francese pecca di coerenza stilistica e di una visione unitaria. L'idea di concepire Siegfried come una fiaba raccontata dal punto di vista dei bambini, presenti nelle proiezioni video che aprono e chiudono lo spettacolo, rimane fine a sé stessa e non più approfondita.
I personaggi hanno una caratterizzazione così diversa e peculiare da non interagire coerentemente tra di loro nello stesso spettacolo: Siegfried è l'unico ad avere una costruzione scenica credibile, laddove Brünnhilde recita con gesti asciutti e oratoriali, Erda rassomiglia più a un'invasata Ulrica che alla divinità della terra e Mime è ridotto a una macchietta cui sono affidate controscene di dubbio gusto. Si calca infatti troppo sul pedale del ridicolo, sia esso volontario, per l'appunto il personaggio di Mime o il bambino in costume piumato che fa da "corpo" all'Uccellino del bosco, che involontario: il cadavere mummificato di Fafner ricorda Jack Nicholson congelato nel labirinto di Shining, mentre l'infelice effetto combinato di vestiti neri, trucco pallido e luci verdi fanno sembrare Wotan e Alberich la Strega dell'Ovest del Mago di Oz.
Pecca di coerenza anche la scena pressoché fissa di Michael Simon, dominata da un elemento centrale che ricorda una pallina accartocciata di alluminio il cui significato è rimasto oscuro: se si tratta dell'aspetto esteriore di Fafner (come suggeriscono i "battiti" delle membrane che la compongo nella scena del combattimento del secondo atto) perché si dissolve solo all'arrivo di Siegfried sulla roccia della Valchiria? Funzionali ma non memorabili i costumi di Petra Reinhardt, più riuscito il disegno luci di Valerio Tiberi eccezion fatta per i poco fluidi movimenti dei cercapersone che seguono i solisti sul palco.
Ancora una volta il punto di forza di questo Ring è il versante musicale, dominato come sempre dall'ispirata direzione di Alain Altinoglu alla guida dell'Orchestra sinfonica della Monnaie, autore di una lettura di ampio respiro che non toglie spazio alle voci per brillare né lesina sulle dinamiche e sulle sfumature dei momenti più sinfonici tra cui l'attraversamento delle fiamme e il risveglio di Brünnhilde.
Di grande spessore la prestazione della compagnia di canto, che vede principalmente artisti già interpreti dei ruoli nelle due precedenti giornate, con l'eccezione di Magnus Vigilius nel ruolo eponimo, autore di una prova maiuscola che gli ha fruttato un meritato successo personale. Il tenore danese si rivela un interprete ideale e credibile nel descrivere tutti i turbamenti del giovane eroe, la sua sete di conoscenza, l'innocente ingenuità, la timidezza di fronte alla Valchiria e il suo rapido innamorarsi di lei. A parte qualche fissità di suoni soprattutto nell'ultima parte dello spettacolo, la sua voce fresca e giovanile non perde né smalto né lucentezza per tutto il corso dell'opera che di fatto si regge sulle sue spalle.
Accanto a lui non si lasciano mettere in ombra il Mime di Peter Hoare, pur costretto a una regia fin troppo invasiva ma che si dimostra vocalmente misurato e preciso, il Viandante (alias Wotan) di Gábor Bretz, dalla vocalità possente e che ha acquistato credibilità e autorevolezza di opera in opera, e l'Alberich di Scott Hendricks, che riconferma qui le ottime impressioni destate al debutto nel ruolo l'anno scorso.
Bene si comportano anche il solido Fafner di Wilhelm Schwinghammer, la profetica Erda di Nora Gubisch e il garrulo Uccellino del bosco di Liv Redpath, anche quest'ultima debuttante nella produzione del Ring.
Nei panni di Brünnhilde, Ingela Brimberg ostenta anch'essa un vocione torrenziale e dovizia di fiati ma appare poco dosata nei volumi e limitata nell'interpretazione dal disegno registico che la rende più algida che passionale.
Teatro gremito anche alla sesta recita. Pubblico, come sempre, generoso di applausi verso il direttore e la compagnia vocale, tutta salutata con calore e con ovvi picchi di entusiasmo verso il tenore protagonista. A febbraio e marzo si concluderà il progetto del Ring con l'ultima giornata, Götterdämmerung.
La recensione si riferisce alla recita di sabato 28 settembre 2024.
Martino Pinali