Adina | Maria Rita Combattelli |
Nemorino | Klodjan Kaçani |
Belcore | Alberto Bonifazio |
Dulcamara | Givi Gigineishvili |
Giannetta | Leonora Tess |
Figuranti | Alice Luterotti, Giuseppe Monastra, Federica Rini, Andra Rodi |
Direttore | Jonathan Brandani |
Regia | Pablo Maritano |
Scene | Serena Rocco |
Costumi | Lorena Marin |
Luci | Virginio Levrio |
Coach di canto | Giulio Zappa |
Maestra al cembalo | Hana Lee |
Maestro del Coro | Alberto Malazzi |
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna | |
Nuova Produzione del Teatro Comunale con Auditorio de Tenerife e Teatro dell'opera e Balletto di Tbilisi, Georgia | |
Rappresentazione in forma semiscenica | |
Progetto Europa Creativa - Opera Next |
Riprendendo il discorso (iniziato nella recensione del concerto di Jessica Pratt) sull’acustica del Paladozza, sede provvisoria della stagione lirica e sinfonica bolognese a causa dell’emergenza sanitaria in corso, scendendo dall’alto delle gradinate al centro delle prime file di platea le cose miglioravano non di poco. Per quanto riguardava orchestra (situata in fondo al palcoscenico improvvisato, alle spalle dei cantanti) e coro (relegato sulla destra dello spazio scenico) c’erano sempre gli stessi problemi di riverbero, dovuto all’ambiente e all’amplificazione (o canalizzazione del suono che dir si voglia, come tende a precisare il sovrintendente Macciardi nel breve preambolo prima dell’inizio della rappresentazione), con il conseguente accavallamento fonico; ma le voci erano molto più godibili, in quanto in quella postazione si godeva maggiormente dell’effetto dei pannelli atti a raccogliere il suono e soprattutto le voci arrivavano quasi sempre (a meno che la regia richiedesse ai cantanti di allontanarsi) quasi del tutto al naturale con influenze “elettroniche” trascurabili.
La messa in scena (Pablo Maritano, regia, Serena Rocco, scene, Lorena Marin, costumi, Virginio Levrio, luci), per forza di cose modificata rispetto al progetto originale, si doveva adattare allo spazio improvvisato (il PalaDozza è utilizzato normalmente per manifestazioni sportive) e gli elementi che costituivano l’allestimento erano ridotti all’osso: tre palme, un tavolo, una toeletta per il trucco, uno schermo per proiezioni. L’azione si fingeva svolgersi durante le riprese di un film al tempo dei telefoni bianchi. Adina è l’attrice principale, con acconciatura stile Assia Noris nel Signor Max di Camerini, Nemorino è il ragazzo factotum (addetto al ciak, fattorino, trovarobe, ecc.), Dulcamara (con due ragazze al seguito in costume succinto e con gran sfoggio di piume di struzzo come nelle riviste di avanspettacolo dell’epoca) e Belcore (in divisa militare rosso fiammante) sono gli attori del film. Giannetta, pressoché onnipresente è la segretaria di produzione, estremamente propositiva e anche un po’ stronzetta , in antagonismo con Adina. Ne risultava, pur con le limitazioni di cui ho detto, uno spettacolo complessivamente gradevole, che coinvolgeva i giovani artisti fino ad ottenere una recitazione credibile da tutti, pur con gradi diversi di esito.
Le sorti musicali della serata erano guidate da Jonathan Brandani, Non si trattava di impresa semplice. Come già detto orchestra e direttore erano situati in fondo al palcoscenico, dietro i cantanti, i quali dovevano seguire il maestro lucchese da uno schermo. Tenendo conto anche della limitata esperienza dei giovani artisti e che il coro era spostato sulla destra abbastanza in lontananza, alcuni sfasamenti erano quasi inevitabili, cosa che puntualmente si verificava. Molto meno giustificabili i tagli che affliggevano la partitura, eseguita né più né meno come in certe produzioni degli anni cinquanta, sforbiciando in pratica tutti i da capo. Si è salvato il quartetto del secondo atto tra Adina, Nemorino, Dulcamara e Giannetta (un tempo quasi sempre eliminato) ma privato anche questo della ripetizione.
Buone le prove dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e del Coro diretto da Alberto Malazzi.
Passando a parlare della compagnia di canto in questo primo cast si distingueva Klodjan Kaçani (Nemorino), già apprezzato a Bologna come Giovane marinaio e Pastore nel Tristan und Isolde del gennaio scorso (vedi recensione). Il tenore albanese ha dalla sua una voce schiettamente tenorile, chiara ma dotata di un tocco di gradevole brunitura. Credibile in scena, appariva assai adatto al ruolo, che risolveva agevolmente e con convincente espressività. Sarebbe auspicabile una ricerca coloristica più spiccata, ma soprattutto una maggiore capacità di concentrazione; infatti, a fronte di una prova complessivamente più che onorevole si notavano qua e là alcune incertezze che sfociavano in qualche attacco non precisissimo (peccato veniale, dato il contesto), o ingenuità in momenti canonici che provocavano una rottura del suono (Dulcamara volo tosto a ricercar) e una nota un poco indietro e non perfettamente intonata (la acuto della cadenza di Una furtiva lagrima). Comunque un elemento da tener d’occhio.
Avevo già ascoltato l’anno scorso Maria Rita Combattelli come Adina al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino nel cast alternativo di Elisir d’amore (vedi recensione) e mi aveva colpito di più, pur nella sua garbata acerbità dei suoi (allora) ventiquattro anni. È passato un anno ma non ho trovato abbia fatto progressi. Anzi, talvolta appariva meno sicura e, soprattutto nella sua scena del secondo atto, un po’ stanca, tanto che Il mio rigor dimentica si dipanava con una certa fatica, nonostante i tagli. Forse si trattava di una serata di non piena forma ed è stato un peccato, perché la voce è ben timbrata e la figura aggraziata.
Onore delle armi ad Alberto Bonifazio, sergente giustamente smargiasso, voce sonora e ben emessa, che necessiterebbe solo di una maggiore rifinitura belcantistica nei passi di pur moderata agilità che Donizetti destina a Belcore. In ogni caso anche lui da annotare nel taccuino degli artisti da risentire.
Meno convincente Givi Gigineishvili (Dulcamara) non tanto per la vocalità ben proiettata, quanto per un dominio della lingua italiana ancora lontano dall’essere soddisfacente, cosa che ostacolava una caratterizzazione completa del personaggio (anche se dal punto di vista scenico il basso georgiano offriva una simpatica e gustosa interpretazione), soprattutto nelle pagine che richiedono un veloce sillabato. Inoltre arrivato alle strofe che chiudono l’opera il cantante appariva inspiegabilmente affaticato come un maratoneta al termine di una gara, nonostante non avesse fino ad allora dato segni di stanchezza.
Leonora Tess (Giannetta), benché giovane di età e di carriera, teneva il palcoscenico come un’attrice consumata, oltre a servire il personaggio con voce gradevole e fresca, che aveva il momento di maggior spicco nell’intervento solistico del secondo atto e nel successivo quartetto con coro, dove doveva cantare ripetutamente su sol e la acuti.
Applausi cordiali al termine di ogni brano e successo convinto alla fine per tutti gli artifici dello spettacolo.
La recensione si riferisce alla recita del 29 settembre 2020.
Silvano Capecchi