Ludwig van Beethoven | Concerto per violino e orchestra in re maggiore op 61 |
Nikolai Rimsky-Korsakov | Shahrazād, suite sinfonica op. 35 |
Lisa Batiashvili | violino |
Yannick Nézet-Séguin | direttore |
Rotterdams Philharmonisch Orkest | |
Orchestra Filarmonica di Rotterdam |
Giunge come un dono non sperato ma assai gradito la possibilità di assistere al concerto della Rotterdams Filharmonisch Orkest sotto la guida del proprio direttore musicale Yannick Nézet-Séguin alla Konzerthaus di Berlino, seconda tappa della tournée europea che l’orchestra sta compiendo in questo inizio aprile 2014.
Il complesso olandese si è presentato al pubblico berlinese con un programma di sicuro richiamo, con un brano popolarissimo come la suite sinfonica Shahrazād di Rimsky-Korsakov e potendo contare anche sulla presenza di una solista di fama come la violinista Lisa Batiashvili impegnata nel Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 61 di Beethoven.
Il Concerto di Beethoven, si sa, non concede nulla al virtuosismo strumentale. D’altra parte, la scrittura sempre tersa e luminosa e che sollecita in continuazione il registro acuto e sovracuto dello strumento domanda al solista un controllo assoluto dell’arco e dell’intonazione; anche la più piccola sbavatura o la più lieve incertezza dell’intonazione, inezie che forse andrebbero perdute in altri concerti dalla scrittura molto più intricata e complessa, possono, in questo caso, rovinare tutta l’esecuzione. Lisa Batiashvili possiede in modo cospicuo tutte queste doti (e non potrebbe essere altrimenti visto che oggi ogni nuova generazione di strumentisti è tecnicamente avanti anni luce rispetto alla precedente e questa è conditio sine qua non per affermarsi sulla scena concertistica internazionale) ma soprattutto dimostra una comunicatività e un sensibilità di fraseggio che raramente ho avuto modo di ascoltare in esecuzioni dal vivo. L’intesa che la solista ha trovato con l’orchestra e con il direttore ha quasi del miracoloso, con la Rotterdams Filharmonisch in vero stato di grazia, capace di stendere un palpitante tappeto sonoro dai caldissimi colori pastello, ricco di chiaroscuri e increspature sul quale la Batiashvili ha ricamato i luminosi arabeschi sonori della scrittura beethoveniana in un dialogo continuo, una vera corrispondenza di amorosi sensi, con l’orchestra. Orchestra che è stata chiamata in causa anche nelle due cadenze dell’Allegro non troppo e del Rondó finale composte da Alfred Schnittke e adottate per la prima volta da Gidon Kremer nel 1975. La prima (lunghissima e di delirante difficoltà, un vero concerto nel concerto) col timpano obbligato e la seconda, che riprende il materiale tematico del primo movimento, con l’accompagnato straniante, tipicamente schnittkiano, dei trilli di tutti gli archi. Alla fine un vero trionfo che guadagna al pubblico un fuori programma, ancora moderno e ancora con l’orchestra, del quale, mi spiace dirlo, non sono riuscito a cogliere il nome dell’autore.
Dedicata a Shahrazād di Rimsky-Korsakov, la seconda parte del concerto, una partitura perfetta per mettere in mostra la bravura di un’orchestra sinfonica. Gli inglesi la definirebbero orchestral showpiece: un termine molto pregnante che indica una composizione la cui scrittura è volta a sollecitare e a esaltare al massimo non solo virtuosismo e la caratura tecnica delle varie sezioni e delle loro prime parti, ma anche la capacità del direttore di estrarre e far risaltare impasti timbrici, colori e preziosismi strumentali.
E di magie timbriche e sonore Shahrazād è una miniera inesauribile e la Rotterdams Filharmonisch Orkest le realizza in modo splendido (dobbiamo qui necessariamente ricordare la bellissima prova del primo violino Igor Gruppman) e con un compiacimento a volte fin troppo evidente. Yannick Nézet-Séguin sprona l’orchestra in una lettura appassionatissima, davvero al calor bianco, rutilante di colori e che ha reso manifesta la genialità e la fantasia timbrica di uno dei più grandi virtuosi della scrittura orchestrale che la storia ricordi. Pubblico giustamente rapito in estasi e che si guadagna ancora un fuori programma col Preludio dalla Chovanščina di Mussorgskij.
Edoardo Saccenti