Violetta Valery | Patrizia Ciofi |
Alfredo Germont | Saimir Pirgu |
Giorgio Germont | George Petean |
Flora Bervoix | Amira Elmadfa |
Annina | Rebecca Jo Loeb |
Gastone | Gideon Poppe |
Barone Douphol | Dong-Hwan Lee |
Marchese d'Obigny | Michael Adams |
Dottor Grenvil | Marko Mimica |
Giuseppe | James Kryshak |
Domestico/ di Flora | Alexei Botnarciuc |
Commissionario | Holger Gerberding |
Direttore | Ivan Repušić |
Regia | Götz Friederich |
Luci | Ulrich Niepel |
Scene | Frank Philipp Schlössman |
Maestro del coro | Thomas Richter |
Costumi | Klaus Bruns |
Coreografia | Klaus Beelitz |
Una Traviata all’insegna delle sostituzioni quella andata in scena lo scorso 2 maggio alla Deutsche Oper di Berlino: prima la cancellazione per malattia di Diana Damrau, sostituita da Patrizia Ciofi, poi quella di Thomas Hampson rimpiazzato da George Petean.
Lo spettacolo era quello, classico, firmato da Götz Friederich visto per la prima volta nel 1999 e riproposto, con caldo successo, con prestigiose compagnie oltre centro trenta volte: elegante, forbito, mai sopra le righe, rispettoso della drammaturgia e della musica e, come spesso accade con questo regista, parco di emozioni e di sussulti nella sua tranquilla, calda rassicurante routine teatrale. Costumi moderni, ma vagamente retro, e il letto di morte di Violetta, sul quale lei già appare durante il preludio, come elemento scenico unificante per i tre atti caratterizzati dal progressivo disfarsi degli arredi, contrappunto visivo al disfacimento fisico della protagonista.
La Violetta di Patrizia Ciofi denuncia precisi limiti vocali, specialmente nel primo atto per quanto riguarda la gestione del registro acuto e della coloratura, mentre nel secondo e terzo atto certe espansioni, a partire dall’ Amami Alfredo! richiederebbero un diverso peso vocale. Fatti questi appunti, la Ciofi tratteggia una splendida Violetta dal punto di vista interpretativo: non una fanciulla ma una donna matura, provata nel fisico e negli affetti, disperatissima e angosciata. Un’interpretazione maiuscola accolta caldamente dal pubblico in sala. L’Alfredo di Saimir Pirgu è meno singolare ma molto ben cantato: voce non imponente ma benissimo emessa, registro acuto sicuro e ben proiettato e canto sostenuto da musicalità eccellente. Ottimo il Germont padre di George Petean che ha voce importante e ben gestita, al netto di qualche intemperanza, ma che appare forse un po’ troppo giovane per essere un Germont davvero convincente sulla scena. Buono il resto dei comprimari, in particolare la Flora di Amira Elmadfa e il Dottor Grenvil di Marko Mimica.
Ottime cose anche dal punto di vista musicale: Ivan Repušić dirige con grande finezza, attentissimo ai rapporti fra buca e palcoscenico (e davvero bravo nel sostenere e nell’aiutare la Ciofi, smorzando e alleggerendo, laddove la scrittura orchestrale si fa più pesante senza compromettere l’integrità del discorso musicale) e con incalzante ritmo teatrale. Repušić regala una lettura sfumata e ricca di contrasti dinamici, in questo benissimo supportato dal Coro e dell’Orchestra della Deutsche Oper.
Recensione della recita del 2 maggio 2016.
Edoardo Saccenti