Juliette | Claudia Pavone |
Roméo | Ivan Magrì |
Frère Laurent | Byung Gil Kim |
Mercutio | Christian Senn |
Stéphano | José Maria Lo Monaco |
Capulet | Rocco Cavalluzzi |
Tybalt | Valerio Borgioni |
Gertrude | Antonella Colaianni |
Le Duc de Vérone | Jungmin Kim |
Benvolio | Murat Can Guvem |
Gregorio | Marcello Rosiello |
Le Comte Pâris | Carmine Giordano |
Frère Jean | Carlo Sgura |
Danzatori | Lauren Cȏme, Rafael Linares Torres, Mathilde Meritet, Elisa Ribes |
Direttore | Roberta Peroni |
Regia e scene | Éric Ruf |
Regia ripresa da | Céline Gaudier |
Costumi | Christian Lacroix |
Disegno luci | Bertrand Couderc |
Coreografie | Glyslein Lefever |
Collaborazione artistica | Léonidas Strapatsakis |
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli | |
Maestro del Coro | Fabrizio Cassi |
Assistente scenografo | Dominique Schmitt |
Assistenti ai costumi | Jennifer Morangier, Jean-Philippe Pons |
Produzione | Opéra Comique, Paris |
In coproduzione | Opéra de Rouen Normandie, Rouen; Le Bühnen Bern, Berne; Fondazione Teatro Petruzzelli |
Dante fu il primo a farne cenno, altri lo seguirono nei secoli successivi con una struttura narrativa più articolata come fece Matteo Bandello nel 1554, ma è solo con William Shakespeare che la tragica vicenda dei due infelici amanti veronesi trovò la sua massima sublimazione letteraria. Parliamo ovviamente di Romeo e Giulietta, la celeberrima tragedia del drammaturgo inglese seconda solo ad Amleto per numero di rappresentazioni nei teatri di tutto il mondo.
Una vicenda capace di passare, secolo dopo secolo, anche attraverso diversi linguaggi artistici che hanno contribuito a rafforzare il carattere ormai mitico dei due personaggi: dai poemi sinfonici alle opere liriche, dalle commedie ai film fino al balletto. E tra le opere più note un posto particolare occupa Roméo et Juliette di Charles Gounod, andata in scena per la prima volta a Parigi il 27 aprile 1867, ma soggetta ad altre due importanti modifiche nel 1873 e nel 1888. Il libretto, scritto da Barbier e Carré, coniuga efficacemente le esigenze strutturali del melodramma a un dignitoso rispetto del dramma shakespeariano.
Al contrario del Faust, l’altro grande capolavoro del compositore francese presente sulle scene dal 1912, Roméo et Juliette finora non era stato mai rappresentato al Petruzzelli: un “debutto” nel teatro gremito ed entusiasta che ha segnato la ripresa, dopo la pausa estiva, della Stagione d’Opera e Balletto della Fondazione barese. In realtà l’unico precedente pugliese di questo pregevole lavoro risale al 1992, quando fu rappresentato al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca.
Una scoperta, dunque, per tanti spettatori incantati dal fascino di una musica spesso sublime ma non sempre ispirata che diventa, come sottolinea Enrico Maria Ferrando, «il motore di un organismo drammaturgico-musicale in cui il magistero compositivo di Gounod – raffinato ma orientato più al cesello del particolare che alla definizione del quadro d’insieme – trova una dimensione espressiva ideale». L’attenzione dell’autore è perciò rivolta soprattutto al sentimento amoroso a scapito del conflitto politico-sociale: «tanto lo sguardo dell’autore è concentrato sui protagonisti – scrive ancora Ferrando - che a Roméo e Juliette non è contrapposto un autentico antagonista, poiché dal punto di vista drammaturgico il “vilain” non è un singolo personaggio, ma l’insieme dei membri delle due famiglie in conflitto».
Sul podio dell’ottima Orchestra del Teatro è salita Roberta Peroni che ha sostituito all’ultimo momento Jordi Bernacer bloccato dal Covid. La giovane musicista barese, da cinque anni direttrice musicale di palcoscenico del Petruzzelli, ha potuto sicuramente contare sull’esperienza accumulata nel fare da assistente alle bacchette che si sono avvicendate nel tempo, compreso lo stesso lo stesso Bernacer, e sulla familiarità con una compagine da lei diretta più volte in diverse occasioni concertistiche. Ma la sua concertazione sicura e precisa ha messo in evidenza un talento e una sicurezza notevoli nel mantenere un adeguato ritmo teatrale sia nelle pagine di più spiccato languore che in quelle più concitate, sempre in perfetto equilibrio con il palcoscenico.
Molto bravi entrambi i protagonisti, a iniziare dal soprano Claudia Pavone nel ruolo di Juliette, risolto con perfetta aderenza alla vocalità richiesta dal personaggio. La cantante vicentina si è subito disimpegnata impeccabilmente nella celebre aria del primo atto, “Je veux vivre dans le rêve”, dove ha raggiunto con estrema facilità le note più acute delle cadenze ma mettendo anche bene in risalto le nuances più malinconiche di cui comunque è permeato questo brillante valzer. Con la sua voce intensa e ricca di armonici, associata a una duttilità interpretativa notevole, la Pavone ha poi reso perfettamente tutte le sfaccettature di un personaggio che dall’ebrezza adolescenziale arriva all’intensità drammatica del finale.
Accanto a lei l’ottimo Roméo del tenore Ivan Magrì, che con il suo accento vibrante, la dizione chiarissima ed un’interpretazione appassionata ha restituito mirabilmente i toni nobilmente eroici del suo personaggio, sia nella commovente cavatina del secondo atto, “Ah! Lève-toi, soleil”, che negli splendidi quattro duetti con la sua amata Juliette.
Nella parte di Mercutio il baritono Christian Senn ha cantato con correttezza e limpida espressività, interpretando con leggerezza ed eleganza la “Ballade de la reine Mab”. Il mezzosoprano José Maria Lo Monaco, un vero e proprio cameo nel ruolo “en travesti” di Stéphano, con la sua voce carezzevole e ben calibrata ha magnificamente interpretato l’accattivante e allusiva “Chanson” del terzo atto.
Il basso Byung Gil Kim è stato un convincente Frère Laurent sia vocalmente che scenicamente, al pari del basso-baritono Rocco Cavalluzzi, Capulet a proprio agio sia negli accenti più paterni che nelle note più leggere dei couplets del primo atto. Ottimamente delineata la Gertrude di Antonella Colaianni, mezzosoprano dalla voce gradevole e dal fraseggio sempre pertinente. Prestazioni efficaci anche per tutti gli altri interpreti: il tenore Valerio Borgioni (Tybalt), il baritono Jungmin Kim (Le Duc de Véron), il tenore Murat Can Guvem (Benvolio), il baritono Marcello Rosiello (Gregorio), il basso-baritono Carmine Giordano (Le Comte Paris) e il baritono Carlo Sgura (Frère Jean). Come sempre di alto livello la prova del Coro del Teatro diretto da Fabrizio Cassi.
Lo spettacolo è una produzione dell’Opéra Comique de Paris in coproduzione con Opéra de Rouen, Normandie, Le Buhnen,Bern, e Fondazione Teatro Petruzzelli. Suggestivo e curato nei minimi dettagli, ma non sempre coerente, l’allestimento firmato da Èric Ruf – e qui ripreso da Céline Gaudier – autore anche delle funzionali ed essenziali scene mobili. L’ambientazione viene spostata nell’Italia meridionale, Sicilia in particolare, fra gli anni ’20 e ’40 del Novecento. Con il risultato di far emergere maggiormente sulla scena il conflitto fra le due famiglie, aspetto che, come si è detto prima, è invece quello meno approfondito da Gounod. E convince poco il passionale incontro fra i due amanti in un ambiente fatiscente con due vecchi lavandini. Interessante invece la scena finale dove la tomba di Giulietta diventa la palermitana Cripta dei Cappuccini. Lo spettacolo funziona comunque molto bene, grazie anche ai costumi eleganti e colorati (quelli femminili) di Christian Lacroix, all’efficace disegno di luci di Bertrand Couderc e alle valide coreografie di Glyslein Lefever.
Grandissimi e meritati applausi alla fine per tutti i protagonisti.
La recensione si riferisce alla serata del 14 settembre 2022
Eraldo Martucci