Attila | Alexander Vinogradov |
Ezio | Simone Piazzola |
Odabella | Leah Crocetto |
Foresto | Fabio Sartori |
Uldino | Andrea Schifaudo |
Leone | Dongho Kim |
Direttore | Renato Palumbo |
Regia | Daniele Abbado |
Scene e disegno luci | Gianni Carluccio |
Costumi | Gianni Carluccio e Daniela Cernigliaro |
Movimenti Scenici | Simona Bucci |
Assistente di regia | Giorgio Pesenti |
Assistente scene | Sebastiana Di Gesù |
Maestro del coro | Fabrizio Cassi |
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli | |
Coproduzione con Teatro Comunale di Bologna, Teatro Massimo di Palermo, Teatro La Fenice di Venezia |
La popolarità e la diffusione di Attila, nona opera scritta da Giuseppe Verdi, nei mesi e negli anni successivi alla “prima” veneziana del 17 marzo 1846 furono dovute anche al moto risorgimentale che “adottò” il verso di Ezio rivolto al re degli Unni: «Avrai tu l’universo, l’Italia resti a me». Non c’è perciò da stupirsi se quest’opera arrivò in Puglia all’indomani dell’Unità d’Italia. È stata Lecce la prima città ad ospitarla nel febbraio 1862, quando andò in scena nel Teatro San Giusto, costruito in legno a metà del Settecento, che pochi anni dopo fu ricostruito in pietra e intitolato al sommo compositore tarantino Paisiello. Una fama che diminuì quando arrivarono i trionfi dei capolavori successivi, che la oscurarono quasi completamente nel ‘900 fino alla recita in forma di concerto diretta da Carlo Maria Giulini a Venezia nel 1951.
Anche in Puglia quelle recite leccesi rimasero un “unicum” per oltre un secolo: l’opera sarebbe ritornata sulle scene solo nel 1987 a Martina Franca, come inaugurazione della tredicesima edizione del Festival della Valle d’Itria. Ma ormai si era avviata ovunque la “renaissance” di un titolo del quale la più moderna musicologia ha messo bene in evidenza i tanti pregi di cui è permeato. È ancora Lecce ad ospitare la “prima” del nuovo millennio con le rappresentazioni del 2002 al Teatro Politeama Greco. E ora Attilaè finalmente andato in scena anche al Petruzzelli di Bari come terzo titolo della Stagione d’Opera 2023. L’unico precedente risale infatti al giugno del 2007, e fu una produzione diretta della neonata Fondazione lirica, ma con il teatro non ancora riaperto si fece in forma di concerto nello Spazio 7 della Fiera del Levante.
L’allestimento riprendeva la coproduzione del Teatro Comunale di Bologna con il Teatro Massimo di Palermo ed il Teatro La Fenice di Venezia, che con la regia di Daniele Abbado aveva debuttato nel 2016. La sua lettura è incentrata giustamente sul carattere politico dell’opera, innervata però da una forte dose di pessimismo, che concretamente si traduce in un impianto scenico essenziale (anche negli arredi) e claustrofobico che ricorda l’interno di una nave, realizzato da Gianni Carluccio che firma pure le luci e, con Daniela Cernigliaro, i costumi moderni ma indefiniti temporalmente e geograficamente. E se il rischio di staticità è alto, nondimeno la cupezza dell’ambientazione (con qualche significativa eccezione come la suggestiva alba alla fine del prologo) rispecchia il lato “oscuro” e ambiguo dei protagonisti dove il solo Attila, come sottolinea Paolo Gallarati, «ha sviluppato nel corso dell’opera, una sua statura morale».
Al netto della travolgente carica di arie e cabalette, la partitura di quest’opera presenta alcune folgoranti anticipazioni dei capolavori verdiani della piena maturità. Il compito di far convivere le parti più vigorose con quelle più liriche è stato svolto egregiamente da un verdiano “doc” come Renato Palumbo sul podio dell’Orchestra del Teatro in grande spolvero. In perfetto equilibrio con il palcoscenico, la sua è stata una lettura rifinita, anche intimista, dall’ampio respiro sinfonico in grado di esaltare l’alta temperatura drammatica, ma senza nessuna eccessiva enfasi, e al contempo di valorizzare le nuances e il raffinato impasto timbrico che Verdi utilizza in diverse occasioni come nell’aria “Oh! Nel fuggente nuvolo” di Odabella, dove il corno inglese, il violoncello, un contrabbasso e l’arpa contrappuntano la linea vocale del soprano.
Il re degli Unni, per Verdi e il librettista Solera, non è dunque solo un feroce condottiero, ma anzi è una figura che emerge sugli altri protagonisti per nobiltà e senso dell’onore. Da questo discende un registro di “basso cantante” con non poche escursioni nel registro acuto, che in alcuni momenti lo rendono più vicino, anche drammaturgicamente, ad un baritono. Caratteristiche assecondate perfettamente dal basso russo Alexander Vinogradov, Attila dalla voce timbratissima e potente nelle note gravi, ma a suo agio anche nelle frequenti terzine che caratterizzano la sua parte ed eseguite con notevoli grazia e agilità. Senza dimenticare l’imponenza della figura e l’abilità scenica.
Soprano drammatico d’agilità come già Abigaille nel Nabucco, Odabella alterna momenti di alta drammaticità ad altri di più squisito lirismo. Un ruolo impervio che la possente voce del soprano californiano Leah Crocetto ha risolto con sicurezza nello svettante registro acuto, e ancor meglio nell’intensa carica espressiva con cui ha sapientemente cesellato “Oh! Nel fuggente nuvolo” e il duetto con Foresto, il suo appassionato ma debole amante. Ruolo, quest’ultimo, ottimamente interpretato dal tenore Fabio Sartori, al debutto a Bari, ma la cui grande carriera internazionale prese l’abbrivio proprio in Puglia con la vittoria nel 1996 a Lecce del Concorso Internazionale di Canto “Tito Schipa”. Una linea di canto sempre molto accurata la sua, impreziosita dall’eleganza del fraseggio, e con la robusta voce che si espandeva limpida nella sala anche nelle note più acute.
Nella parte di Ezio, il generale romano pronto al tradimento, ha offerto una prova maiuscola Simone Piazzola, che per volume, accento e una dizione esemplare si è confermato baritono verdiano a tutto tondo. Vocalmente e scenicamente convincenti il basso Dongho Kim nella parte di Leone e il tenore Andrea Schifaudo in quella di Uldino. Sempre di alto livello la prova del Coro del Teatro sapientemente preparato da Fabrizio Cassi.
Tantissimi e calorosi gli applausi anche a scena aperta.
La recensione si riferisce alla serata del 21 aprile 2023.
Eraldo Martucci