Poppea | Sena Jurinac |
Nerone | Gerhard Stolze |
Ottavia | Margarita Lilowa |
Ottone | Otto Wiener |
Seneca | Carlo Cava |
Arnalta | Hilde Rössel-majdan |
Drusilla | Gundula Janowitz |
Valletto | Murray Dickie |
Damigella | Olivera Miljakovic |
Lucano | Murray Dickie |
Liberto | Siegfried Rudolf Frese |
Primo Soldato | Ermanno Lorenzi |
Secondo Soldato | Erich Majkut |
Pallade | Gundula Janowitz |
Amore | Gerda Scheyrer |
Direttore | Herbert Von Karajan |
Chor und Orchester der Wiener Staatsoper | |
Edizione | Deutsche Grammophon 2 Cd Mono 457 674-2 |
Registrazione Dal Vivo | Wien Staatsoper - 1 Aprile 1963 |
Tirandosi su la manica sudata, Eustorgio Zubelleschi nota che le lancette del suo prezioso Rolex indicano le diciotto in punto. È finito il suo turno in ufficio: mette due carte nella sua ventiquattrore, saluta i colleghi invidiosi ed esce, tranquillo e felice. È un bel pomeriggio primaverile: il termometro sfiora i ventidue gradi, i bambini corrono tenendo in mano prosperosi coni gelato, gli uccellini fischiettanti si rincorrono tra i rami del parco e il nostro impiegato si ferma ripetutamente nella contemplazione delle vetrine che lo separano da casa. Vi è esposta una borsetta rossa che vorrebbe regalare alla moglie: ecco trovato il regalo per il suo prossimo compleanno. Di fronte, un negozio espone un succulento uovo di Pasqua alto un metro e riccamente decorato con glassa colorata, che farebbe la fortuna di ogni dentista. Poco più in là, una vetrina sobria ed elegante espone due chitarre spagnole, alcuni spartiti finemente rilegati e una serie di compact disc d'opera. Eustorgio, che non disdegna talvolta di andare a teatro, è subito incuriosito da un titolo a lui vagamente noto: L'incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi. Al che, in modo immediato quanto irrazionale, una scimmiesca curiosità lo assale: vuole ampliare i propri orizzonti, fino allora limitati a un po' di Verdi e di Puccini, e deve comprare quell'opera. L'edizione che ha visto in vetrina ha almeno tre buoni motivi perché sia scelta dal nostro amico: è diretta da Herbert von Karajan (nome di sicuro prestigio), è edita dalla Deutsche Grammophon (casa discografica tra le più note e autorevoli) e soprattutto costa molto meno delle altre. Così, Eustorgio s'incammina per la via del ritorno ancor più sorridente di prima. A casa, dopo una doccia veloce, si piazza davanti allo stereo, pieno di buone intenzioni e con il libretto alla mano. Si tratta di un'edizione live da Vienna, registrata nel 1963, per cui vi sono riportate alcune critiche che uscirono all'epoca su diversi giornali: lodi sperticate a Karajan, entusiasmo sfrenato per "un cast ideale", pubblico impazzito, tutta l'attenzione musicale del momento rivolta a quello spettacolo. Insomma, le premesse sono più che buone. Eustorgio preme finalmente il pulsante play del suo telecomando, ed ecco che si immerge nell'ascolto di questa nuova opera. Immediatamente rimane un po' sconcertato dal suono dell'orchestra: pazienza, pensa, mi abituerò. Arriva poi il primo cantante, nei panni di Ottone, personaggio che dovrebbe essere un giovane e disilluso innamorato: la voce di questo cantante teutonico pare a Eustorgio più che altro identificabile con quella di Godzilla, ma preferisce non arrivare a conclusioni affrettate. Rimane tuttavia ancor più impressionato dalla pronuncia di questo cantante, che puntualmente salta le doppie, si mangia metà di ogni parola e si inventa suoni che hanno obiettivamente molto poco a che spartire con la fonetica italiana: Eustorgio ne è profondamente perplesso, non capisce come sia possibile una cosa del genere, chi abbia potuto permetterla. Ma per il momento non ha intenzione di accusare nessuno: avanti con l'ascolto. Compaiono altri due cantanti, nelle parti di due soldati: Eustorgio ha l'impressione che si sbraitino addosso come due condor impazziti, senza che sappiano ciò che dicono. A questo punto, il nostro amico rimembra di aver ascoltato la scorsa settimana, in una chiesetta del suo quartiere, un concerto di alcuni studenti del Conservatorio, e il programma comprendeva proprio brani di questo Monteverdi: Eustorgio era rimasto particolarmente colpito dalla leggerezza, dalla precisione e dalla pulizia di quei suoni aerei, ascetici, spirituali. E quella cosa che sta ascoltando su cd proveniene dalla stessa penna? Possibile? Ed è qui che il nostro eroe, smanettando il libretto, trova scritto arrangiamento di Erich Kraack. Chi è costui? Come legge nelle note del famigerato libretto, si tratta di un musicologo, compositore e direttore d'orchestra che ha operato una revisione del lavoro monteverdiano proprio in occasione della rappresentazione viennese di quarant'anni fa. Ecco spiegato il mistero: l'autore di quei suoni duri, foschi e pesanti che escono dallo stereo non è il Monteverdi udito in chiesa, bensì questo tale Herr Kraack. E si odono in questo momento modulazioni molto strane, che ricordano a Eustorgio un brano ascoltato tempo fa alla radio, il cui titolo è Verklärte Nacht di Arnold Schönberg. Non è un esperto, ma gli viene da chiedersi comunque che cosa abbia a che fare Schönberg con Monteverdi. Una qualsiasi enciclopedia potrebbe confermare che tra la nascita dell'uno e dell'altro passarono trecentosette anni e che i due non si incontrarono mai, neanche tramite una medium. Documentandosi, Eustorgio viene a conoscenza del fatto che una riscoperta filologica della musica di Monteverdi è prerogativa degli ultimissimi decenni: ragion per cui prima ognuno si sentiva in diritto di farne un po' quello che voleva, compreso questo Kraack che, tracimando ogni parametro non dico stilistico ma quanto meno del buon gusto, confezionò nulla più che un orrendo papocchio. E la cosa che più stupisce è la perfetta aderenza del direttore e del cast: Karajan, maestro tra i più grandi del Novecento, si diverte ad andare giù pesante, a suon di mazzate di timpani e di fanfare di trombe, cose da spaccare i timpani, neanche dirigesse la Settima di Mahler. Ora, è vero che all'epoca la musica di Monteverdi era qualcosa di quasi sconosciuto, lontanissimo dalla sensibilità del tempo, per cui sarebbe inutile cercare il segnale di una qualsiasi indagine filologica; ma è altrettanto vero che il senso del buon gusto, un minimo di estetica e di plausibilità sono prerogative universali, a prescindere da ogni epoca. È proprio questo che sconvolge: sembra che tutti gli interpreti e i musicisti qui abbiano perso completamente la bussola, incapaci di concludere qualcosa magari non di ottimo, ma per lo meno di ascoltabile. Karajan non ha diretto così male neanche nei tempi bui del suo declino negli anni Ottanta; una concertazione del genere farebbe disonore anche al più modesto direttorucolo da recita d'oratorio, figuriamoci ad un uomo che ha dato il suo nome a una piazza di Salisburgo. Filologicamente, la parte di Ottone sarebbe di un castrato; oggi la si affida ai controtenori, cosa assolutamente inimmaginabile per gli anni '60, così che venne data in pasto ad un non più giovane baritono dalla linea pericolosamente vacillante e di stile molto, molto prossimo al Bue di Lerchenau. Cosa ci azzecchi tutto ciò con Ottone, potrebbe essere argomento del Terzo Segreto di Fatima. Intanto Eustorgio sta seguendo gli intrighi passionali di Nerone e di Poppea, ma gli viene estremamente difficile figurarsi un Imperatore/amante con una voce così aspra, così bianchiccia, così tagliente; ascoltandone la pronuncia, Eustorgio scoppia in un'involontaria - ma assai liberatoria - risata. No, non può reggere: questo non può essere Nerone, se si vuol dare al dramma anche solo una vaga parvenza di intenzioni volte alla verosimiglianza. L'Imperatore di Roma non può essere così impacciato nella pronuncia, non può strillare i propri versi d'amore a Poppea. Ed è tristissimo, giacché ci troviamo di fronte a Gerhard Stolze, uno dei più grandi tenori di carattere mai esistiti, imbattibile in quelle parti che, come Loge, Mime o Herodes richiedono un incredibile controllo del fraseggio, della parola e del gesto. Con questi ruoli Stolze ha praticamente dato inizio ad una tradizione che dura tuttora; ma visto che sbagliare è umano, concediamogli pure lo spaventoso fallimento che rappresenta il suo Nerone. Quello che invece non si può perdonare è l'iniziativa della Deutsche Grammophon di pubblicare qualcosa che svergogna pubblicamente non solo Stolze, ma anche gli altri cantanti, compreso Otto Wiener, il tanto vituperato Ottone di cui sopra. Una recita disastrosa si può capire, capitano a tutti: ma l'averne voluta pubblicare una molto peggio che disastrosa, a distanza di quarant'anni, significa chiaramente la mancanza di ogni senso logico, per di più da quella che è probabilmente l'etichetta discografica più importante e conosciuta del settore, per di più spacciandola come un capolavoro assoluto come fanno le esilaranti note del libretto. A questo punto Eustorgio capisce bene di esser stato preso in giro: chiunque, anche chi non ha mai ascoltato una sola nota di Monteverdi, anche chi non è mai entrato in un teatro, si accorgerebbe dell'esecuzione francamente catastrofica che ci troviamo davanti. A quanto pare sono solo i nomi che compaiono sulla copertina ad essere importanti nella pubblicazione di un prodotto, a prescindere dai tanti giovani talenti che pure invadono il panorama musicale odierno. Insomma, per il bene di tutti e per la dignità dei cantanti sarebbe meglio perdere ogni traccia di questa Incoronazione, sotterrarla nell'oblio per lasciare un ricordo sereno di quegli artisti che, come Karajan e Stolze, ora non ci sono più. Eustorgio nel frattempo ha mangiato la foglia e sta ridendo a crepapelle da venti minuti: è saggio il nostro amico, sa che quando non c'è più niente da fare una risata è il modo migliore per risolvere qualsiasi cosa. Quella che doveva essere la scoperta di una nuova opera si è tramutata per Eustorgio nella Sagra della Comicità, al pari di Totò e di Fantozzi (impresa non facile, ne convengo). E fa bene, il nostro Eustorgio: come ci insegna quel simpatico grassone di Sir John Falstaff, tutto nel mondo è burla, l'uom è nato burlone e ride bene chi ride la risata final. Mettersi in quest'ottica è l'unica cosa da fare per dare un senso ai ventitré Euro appena spesi. Meglio ancora, Eustorgio si convince che quei compact disc altro non supportino che una parodia splendidamente riuscita del lavoro di Monteverdi, alla quale bisognerebbe più solo mutare il titolo in L'incornazione di Poppea e il cerchio si chiuderebbe. Esilarante tutto quanto: e pensare che Eustorgio credeva da ragazzo che l'opera lirica fosse una cosa da vecchi barbogi noiosi e sdentati, quando invece non è altro che un covo di inguaribili burloni! Ora sta quasi soffocando dalle risate, è costretto a mettere in pausa l'ascolto e ad andare in cucina a bere qualcosa; dice alla moglie, che sta cucinando "Ho appena comprato un cd di barzellette, devi assolutamente sentirlo!". Va detto a questo punto che Stolze e Wiener sono in buona compagnia con Margarita Lilowa, che canta un'Ottavia tronfia e antipatica; le parti di fianco, capeggiate da Hilde Rössel-Majdan, sono tutte ampiamente censurabili. Tuttavia, c'è qualcuno che non accetta di partecipare a quest'orgia sfrenata: la sempre splendida Signora Jurinac, che canta benissimo e dona a Poppea tratti di seducente malizia; sarebbe di estremo interesse poterla ascoltare in un altro contesto, tanto più che qui sarebbe stata più divertente la presenza di una cantante vecchia e sgangherata. E poi Carlo Cava, Seneca di nobile autorità e dal canto perfettamente levigato: ma in questa particolarissima occasione si sarebbe ammirato il surreale istrionismo di Andrea Silvestrelli, per restare più coerenti con l'insieme. Salverei ancora la Janowitz e la Miljakovic, ma gli altri, per pietà… Sfinito dalle risate, il nostro Eustorgio estrae il cd dal piatto e lo ripone nel cofanetto, quando ad un tratto gli cade l'occhio sulla data di registrazione: Primo Aprile 1963. Tutto si spiega! Scherzo migliore non poteva provenire dall'Opera di Vienna, né poteva essere partorito dalla sardonica mente di Herr HvK. Come sempre, a tutto c'è una spiegazione.
Marco Fornengo