Reimagining Opera | |
Giuseppe Verdi | Ouverture (Otello) |
Claudio Monteverdi | Sì dolce è 'l tormento |
Alessandro Parisotti | Se tu m'ami |
Giacomo Puccini | Nessun dorma (Turandot) |
Pietro Mascagni | Intermezzo (Cavalleria rusticana) |
Tommaso Giordani | Caro mio ben |
Giovanni Paisiello | Nel cor più non mi sento (La molinara) |
Michel Godard | Fruccia d'ali (inspired by Pur ti miro) |
Duo Re-Imagine |
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Flicorno soprano | Dario Savino Doronzo |
Pianoforte | Pietro Gallo |
Serpentone (traccia n. 2,6,8) | Michel Godard |
2019 - DiG Digressione Music |
Che il jazz sia la musica “bastarda” per antonomasia non serve ricordarlo. Nato nei porti e nelle bettole di New Orleans al principio del Novecento dall’incontro tra la tradizione classica europea, il blues afroamericano, gli spiritual e chissà quante altre manifestazioni musicali ancora, oggi è un universo a parte, altro rispetto alla musica colta e quella popular. Eppure non hai mai perso la sua tendenza alla contaminazione, fiero portatore di un ideale impurista, sempre pronto ad assorbire le ultime tendenze musicali, dalle spinte più avanguardistiche a quelle più nazional-popolari.
Non è nuova, quindi, l’idea di un disco che presenti in chiave jazzistica i capolavori della grande musica “classica”: il Miles Davis di Sketches of Spain, oppure le fughe jazz del Modern Jazz Quartet o le rivisitazioni bachiane del Jacques Loussier Trio sono capisaldi sufficientemente noti a tutti; è curioso, invece, che pochissimi siano gli esempi in cui è il mondo della lirica a venire sedotto dalle sonorità jazzistiche. In realtà a memoria del sottoscritto, sono pressoché zero, se escludiamo il nome di George Gershwin il cui linguaggio non solo attingeva a piene mani dal jazz, ma ha contribuito a forgiarlo: pensiamo all’importanza di un brano come I Got Rhythm (dal suo Girl Crazy, 1930) per la nascita e lo sviluppo del bebop negli anni Quaranta.
Ecco a colmare un vuoto inspiegabile, per merito dell’etichetta pugliese DiG – Digressione Music, un disco del Duo Re-Imagine composto da Dario Savino Doronzo e Pietro Gallo. D’altronde l’Opera è nata in Italia, e anche il primo disco di jazz della storia fu inciso da una band di origini italo-americane; non poteva avvenire altrove un simile ibrido musicale. Doronzo al flicorno soprano (lo stesso strumento suonato dal Davis di Sketches of Spain) e Gallo al pianoforte danno vita a una interessante rilettura di note arie d’opera sottoponendole a un trattamento cool jazz che farebbe la felicità di Gil Evans.
Reimagining Opera, è il titolo dell’album e non vale solo per i musicisti coinvolti nell’operazione, ma anche per i melomani che potrebbero trovarsi un po’ spiazzati nell’ascoltare lavori celeberrimi sotto una luce molto differente dalla solita. Re-immaginare, dunque, non solo come titolo programmatico, bensì come invito a noi ascoltatori. E si tratta di un lavoro mentale piuttosto intenso per tutte le otto tracce: già il brano d’apertura, un’Ouverture ispirata all’Otello, mette in chiaro il trattamento a cui i due giovani musicisti hanno sottoposto la materia che hanno deciso di trattare. È un viaggio appassionante intrapreso nel solco della tradizione, quella jazz: brani di Monteverdi, Mascagni, Puccini, Parisotti, Paisiello e Giordani sono trattati come fossero standard, spunti da cui librarsi per l’improvvisazione a partire dalle note melodie, o dalle loro strutture armoniche. È un tipo di dialogo che non può aversi senza una sana dose di incoscienza: perché il melomane, noto tradizionalista e conservatore, è poco incline ad alterazioni della volontà musicale del compositore. La partitura è sacra, Doronzo e Gallo rischiano la condanna per blasfemia.
Eppure l’operazione convince, sia per la curiosità che suscita un lavoro del genere, sia per la bravura dei due interpreti: Doronzo al flicorno ha un sound delicato e leggiadro, che in certi passaggi suggerisce una raffinata ricerca timbrica (si veda l’Ouverture). Gallo ha fatto propria la lezione dei grandi pianisti, da Bill Evans a Keith Jarrett, e ha saputo declinarla al servizio di un jazz pulito, quasi privo di asperità eppure capace di sorprendere per l’inventiva. E qui suggeriamo l’ascolto della sua Nessun dorma, momento di piano solo di trasognante lirismo.
Pur essendosi formati nel 2015 e con una lunga attività concertistica alle spalle, questo disco è l’esordio discografico del duo e non può mancare un’ospite speciale per celebrarlo: Michel Godard, unico virtuoso di serpentone al mondo, che egli ha introdotto nel jazz, ripescandolo dalla musica liturgica in cui era rimasto sepolto fin dalla metà del secolo xix. Il suo contributo si avverte in tre tracce (Sì dolce è ‘l tormento di Monteverdi, Caro mio ben di Giordani e Fruccia d’ali, composizione originale ispirata al Pur ti miro monteverdiano) e sorprende per l’agilità con cui riesce a snodare i suoni gravi dello strumento.
Reimagining opera è un’operazione riuscita: un disco fertile di suggestioni, un nuovo modo di ascoltare l’opera. Ne viene snaturata l’essenza? Probabilmente sì, d’altronde è nella natura delle riletture jazzistiche. Ma nel farlo viene messa in luce la loro forza espressiva, quello che forse è il motivo per cui a distanza di secoli siamo ancora qui ad amare il teatro d’opera.
Emiliano Michelon