Quasi in contemporanea con le recite milanesi di Italiana in Algeri esce questo nuovo CD del tenore peruviano Juan Diego Florez dedicato ad arie di Bellini e Donizetti. Un nuovo disco, un nuovo successo: questa potrebbe essere in sintesi la recensione che si potrebbe stendere su questa nuova prestazione di un giovane e già meritamente affermatissimo cantante. Figurano in questo CD 9 pezzi appartenenti a diversi lavori noti e meno noti dei due musicisti italiani. In essi, Florez si muove a proprio agio non temendo altezze di tessitura e sfoggiando la sua abilità virtuosistica che, in alcune cabalette, fa testo, non solo per lo stile, ma anche per le elegantissime variazioni dei da capo. Inoltre c'è da segnalare un aspetto che in Florez si maggiormente affinato, cioè le emissioni in piano e in pianissimo molto più curate rispetto al precedente recital rossiniano che ho già recensito qui nel nostro sito. Non sto qui ad enumerare tutto il programma perché ci si disperderebbe in aggettivi che ormai sappiamo essere di pertinenza di questo giovane tenore. Fissiamo perciò l'attenzione solo su alcune arie. La prima, ad esempio, è l'allegro di Beppe nella Rita di Donizetti ("Allegro io son"); il testo inizia come segue: "Allegro son, / come un fringuel / che spiega il vol / libero al ciel". Bene: la tessitura è estesa e ardua (tanto da comportare degli scatti ascensionali), ma la voce di Florez, oltre a cantare tutte le note, ha un calore ed un'espressione invidiabilmente giovanile. Ora se si pensa anche alla presenza scenica di quest'uomo, il personaggio esce letteralmente dal disco e sembra quasi materializzarsi davanti ai nostri occhi. Il titolo del CD è quello della nota aria di Nemorino ("Una furtiva lacrima") che qui ascoltiamo con una dolcezza infinita, ma anche con tanta sensualità latina di fondo. Ecco un'altra caratteristica di Florez: il calore della voce oltre che la sua estensione. Molto valida la scena ed aria di Tebaldo de I Capuleti e i Montecchi di Bellini: qui la grinta è ben evidenziata al pari del ripiegamento lirico. Altro personaggio donizettiano (che si spera Florez incida in edizione completa con un buon direttore, oltre a cantarlo in teatro) è Ernesto del Don Pasquale. Abbiamo qui due sue arie (manca "Sogno soave e casto" del I atto) "Cercherò lontana terra" e "Com'è gentil". Di entrambe, cantate ottimamente, segnalo le variazioni nella scena di Ernesto del II atto della cabaletta "E se fia che ad altro oggetto": con puntature e sopracuto finale davvero notevolissimi. Una sfumatura maggiore mi sarei aspettato, invece, dalla conclusione di "Com'è gentil" risolta un po' troppo a piena voce. Figurano poi le due prestazioni che sono un po' il fiore all'occhiello di questo CD, cioè l' "A te o cara" de I Puritani e la famosa - quanto tremenda - "Ah mes amis" de La Fille du regiment. Ho sempre ritenuto, ascoltando più volte I Puritani, che l'"A te o cara" rappresentasse il corrispettivo di "Casta Diva" per i tenori. In effetti sono due arie… figlie dello stesso padre. Ascoltando Florez me ne convinco sempre più. Perché si dirà ? Ecco, questo cantante aggiunge un'estasi davvero giovanile ad un pezzo che a volte è ridotto a palestra canora (anche da cantanti ben equipaggiati), togliendo in fondo, quell'aura di sogno che il melodismo belliniano sa evocare (e nel confronto tra "Casta Diva" e "A te o cara", l'analogia di fondo si percepisce). Facendo un confronto con due tenori che hanno inciso in un recente passato egregiamente quest'aria (oltre cantarla dal vivo) e cioè Pavarotti e Kraus non esito a dire che Florez, in certo modo, è a loro superiore. Nei confronti di Pavarotti per una maggiore leggerezza del porgere, nei confronti di Kraus perché Florez ci mette quel pathos da innamorato che in Kraus, nella sua gelida inappuntabilità, non ho mai trovato (e non solo come Arturo). La seconda aria è quella del La Fille du regiment che, credo soprattutto in coincidenza dell'incisione del trio Sutherland-Pavarotti-Bonynge, era comunemente chiamata "l'aria dei nove do": Florez non solo non si intimorisce dinanzi a tanta difficoltà, ma va all'assalto con la voce argentina che sappiamo, ma mantenendo scatto e dizione pressoché perfetti. Insomma un disco molto bello e a tratti ottimo. Ma non vorrei terminare senza aver rilevato alcuni limiti generali: anzitutto rappresentati dai cantanti che fanno corona a Florez. Di essi, tolto Nicola Ulivieri (che ha buon volume e buona dizione e da significato a ciò che canta), non c'è da rallegrarsi: Ermonela Jaho (Amina - Elvira) è di volume piccolo e di timbro anonimo e Nikola Mijliailovic (Lorenzo - Walton) non mi pare granché. C'è però da dire che tanto la Jaho quanto Mijliailovic fungono da riempitivi; forse, ascoltandoli al centro di una prestazione, si comporterebbero meglio. Altro aspetto negativo il fascicoletto accluso che, oltre alle solite note mancanti in traduzione italiana, termina proprio in retrocopertina con testo dell'ultima aria e con accanto la pubblicità di altri due CD di Florez. Poteva essere benissimo data una maggiore separazione. La direzione di Frizza è abbastanza baldanzosa, ma non manca di morbidezza nei passi più lirici. Però il ricordo di Chailly, nel precedente recital rossiniano, è abbastanza forte. Buona anche la resa fonica.
Luca Di Girolamo