Arrivo a Ravenna il 25 luglio e il giorno seguente noleggio una bicicletta per recarmi al Teatro Alighieri dove si sarebbero svolte le prove de “Le nozze di Figaro” di Mozart in forma di concerto dirette dal Maestro Riccardo Muti.
In realtà, le prove erano iniziate da cinque giorni durante i quali il cast aveva effettuato le prove di sala e quindi lavorato col pianoforte.
Entro e mi siedo nelle prime file della platea. Il teatro è gremito di giovani. Alcuni hanno in mano lo spartito Bärenreiter per canto e pianoforte e altri la partitura completa. La prima fila è occupata da ragazzini che avranno circa 10 anni. Il palcoscenico inizia a popolarsi con i ragazzi dell’Orchestra Giovanile Cherubini ed i cantanti del cast. In scena anche due grosse telecamere. Intorno alle 10:30, dopo che l’orchestra si è accordata, cala il silenzio in sala e sul palcoscenico. Passano circa 3 minuti di assoluto silenzio in cui si respira una certa emozione e tensione perché sta arrivando il Maestro. Ad un certo punto l’ispettore dell’orchestra si affaccia dalle quinte e fa cenno agli orchestrali. Si sente la porta di entrata in palcoscenico che sbatte e il celebre Direttore entra in sala: pantaloni, giacca, occhiali in mano e scarpe arancioni. Saluta il cast, l’orchestra e noi ragazzi in sala e poi dice: “Avete dormito? Io non ho dormito niente stanotte, ho sognato voi ragazzi tutto il tempo!” (indicando i cinque aspiranti direttori d’orchestra). Scoppia una risata ed il ghiaccio si scioglie. Iniziano le prove dal primo atto.
I cinque giovani talenti (Jiannan Cheng, Nicolò Umberto Foron, Felix Hornbachner, Lik –Hin Lam e David Quang Tho Bui) si alternano al podio sotto l’occhio attento del Maestro.
L’obiettivo della Riccardo Muti Italian Opera Academy è soprattutto quello di dare l’opportunità ai giovani aspiranti direttori d’orchestra e maestri collaboratori di lavorare con un grande Direttore. Per queste esigenze, sono tagliati tutti i recitativi secchi mentre rimangono più o meno aperti tutti i numeri musicali (tranne quelli col coro), il duettino del secondo atto di Susanna e Cherubino e l’aria di Marcellina nel quarto atto.
In realtà, nei concerti successivamente diretti dal Maestro Muti sono stati fatti ulteriori tagli: “Quando dirigo io tagliamo ancora qualche numero... dopo un po’ mi scoccio di stare lì sopra”.
Il primo giorno sono rimasta subito a bocca aperta, le ore passavano come niente ed era un continuo arricchimento personale, un continuo prendere appunti sullo spartito per rubare il più possibile da quello che veniva detto. Sono rimasta impressionata dalla capacità che quest’uomo ha di scavare e “sbriciolare” una partitura così complicata. Ogni minimo dettaglio ha un senso, ogni piccola nota, ogni sezione ritmica, ogni parola ha un suo perchè. Amavo già follemente la partitura de Le nozze di Figaro e, avendola cantata più di una volta, pensavo di conoscerla. Dopo questi giorni di studio mi rendo conto di quante informazioni in realtà mi mancavano, di quante piccole sfumature mi erano sfuggite e di quanti dettagli mi saltino all’occhio per la prima volta ogni volta che apro lo spartito di questo capolavoro.
Potrei scrivere tantissimo di questa esperienza ma non mi sembra necessario dilungarmi troppo.
Solo su alcuni punti potrei soffermarmi a dire due parole. Uno di questi è sicuramente la capacità del Maestro di far suonare piano orchestra e solisti. Potrebbe sembrare una cosa banale ma credo non lo sia affatto. Poche volte sono riuscita a sentire in teatro quella magia che riesce a creare la musica se suonata piano. Ma davvero piano! Questo l’ho potuto apprezzare soprattutto in alcuni punti dell’opera.
Per esempio, appena prima dell’ingresso di Antonio, (per chi ha lo spartito canto e piano, edizione Bärenreiter, a pagina 240 - battuta 449) Mozart scrive sotto voce. Dopo le 4 battute cantate e suonate piano, sul battere della quinta battuta, Mozart scrive un do basso forte (suonato dai contrabbassi). Il Maestro Muti durante le prove, in questo punto, si girava verso i bassi dicendo: “Ora spaccate tutto!”. Quando arrivava quel Do basso improvviso era da brividi tutte le volte.
Un altro punto in cui c’è un’improvvisa differenza di dinamiche è durante il finale, all’inizio dell’Allegro assai (pagina 514 – battuta 448). Anche in questo caso, dopo tre battute suonate e cantate da tutti pianissimo, il forte improvviso che troviamo a battuta 451 fa venire la pelle d’oca. Questi punti diventano incredibilmente efficaci e capaci di provocare dei brividi di emozione, soltanto se si riesce a rendere il piano che precede il forte improvviso; e lui in questo si è dimostrato davvero un esempio per tutti.
Un altro punto reso sublime dal Maestro Muti e che si sente eseguire raramente in questo modo è prima della frase forse più commovente dell’opera cantata dal Conte alla Contessa: “Contessa perdono!”. Molto spesso (alla pagina 511 – battuta 420), i direttori d’orchestra tendono a chiudere solisti e orchestra insieme. In realtà, come possiamo notare dallo spartito di Mozart, i cantanti hanno una corona mentre l’orchestra ha una minima senza corona. Togliendo l’orchestra e lasciando le voci da sole come è scritto si crea un effetto davvero magico. Durante una prova, in questo punto, il Maestro ha fermato tutti, si è girato verso il pubblico e ha detto: “Sentite che bravi, sembrano degli alpini!”... simpatia e profondità.
Insomma, potrei andare avanti giorni a parlare di questi piccoli dettagli che nel complesso dell’esecuzione rendono per nulla scontato l’ascolto di questo capolavoro.
Fuori dalle prove ho anche avuto la fortuna di conoscere un po’ il Maestro Muti e la sua Signora, Cristina Mazzavillani. Mi aspettavo un uomo molto severo e anche un po’ burbero. In realtà mi sono trovata di fronte a due persone semplici, accoglienti, disponibili verso i giovani e spiritose.
L’esperienza si è conclusa con un concerto particolarmente emozionante al Teatro Galli di Rimini con la presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Alla fine dell’esibizione, il Maestro Muti ha chiesto un microfono e ha fatto il più bell’augurio che il nostro Paese si possa aspettare; quello di un’Italia all’insegna della cultura.
Grazie Maestro!
Eleonora Boaretto