Carlo Broschi (1705-1782), detto Farinelli, fu una delle grandi star del Settecento, forse la più celebre. Cantante leggendario, pugliese di nascita ma napoletano di formazione, fu allievo di Nicola Porpora che gli insegnò tutte le arti del canto e lo portò con sé a Londra intorno alla metà degli anni Trenta del Settecento per dare lustro alla nuova Opera of the Nobility (1735), fondata per dare una alternativa allo strapotere di Georg Friedrich Händel. Farinelli, al culmine della carriera e della popolarità, restò tre anni con il suo mentore poi, sfinito dalla pressione provocata dalla sua stessa fama, si recò in Spagna dove rimase per vent’anni a servizio della corona. Di carattere malinconico e forse per questo particolarmente sensibile, trovò un modo per comunicare con il sovrano Filippo V, chiuso al mondo per una forma di instabilità mentale, rendendogli la vita meno gravosa con la sua presenza e il suo canto. Restò a corte anche durante il regno di Ferdinando IV, il monarca cui si è ispirato Stefano Aresi per impaginare il programma di questa serata.
Aresi è il direttore dell’ensemble Stile Galante. Musicologo, studioso, ricercatore, creatore di programmi a tema, è un direttore che non dirige. Non in sala. Ci spiega, un po’ in tedesco e un po’ in inglese, che il suo ruolo si esplica in fase di preparazione e prove, mentre durante il concerto resta seduto in fondo alla scena ad osservare. Ci descrive anche il lavoro cui assisteremo, ovvero la ricostruzione di una serata di musica secondo il gusto di Ferdinando IV, con l’indispensabile presenza di Farinelli.
Tocca al mezzosoprano Ann Hallenberg l’onore di impersonare il più grande fenomeno vocale della storia del canto, subito in campo con un’aria da free climbers della voce: Quell’usignolo dalla Merope di Geminiano Giacomelli (1692-1740). La Hallenberg può contare su un’estensione molto ampia, soprattutto le note gravi escono ben percettibili e distinte. Gli estremi acuti sono presi in leggerezza, ma con precisione. Su questa base, imprescindibile qualora si voglia affrontare il repertorio di Farinelli che possedeva un numero imprecisato di ottave, innesta una sicurezza invidiabile negli abbellimenti: trilli in ogni registro, anche in quello molto grave, volatine, acciaccature, messe di voce, tremoli, gruppetti e altre acrobazie cui non riusciamo a dare un nome per la velocità vertiginosa con cui li esegue. In pratica l’enciclopedia pratica dei virtuosismi barocchi. Porge il tutto con grazia e ironia, come per invitarci ad un gioco solo un po’ difficile, ma non per lei. La seconda aria Io sperai del porto in seno dall’Armida placata di Giovanni Battista Mele (1690-1752) lascia senza fiato tutti fuorché la Hallenberg: narra di un continuo passare da un porto sicuro al mare aperto e viceversa, travolti dai flutti (che permettono salti di ottave a iosa), andando avanti e indietro tra salvezza e morte per almeno tre volte. Non sarà l’unica aria di tempesta, anche la successiva Son qual nave ch’agitata dal Mitridate di Giovanni Antonio Giay (1690-1764) con cadenze originali di Farinelli ci riporta subito tra i marosi. Occorre dire che le cadenze del grande castrato appaiono molto cantabili e di ottimo gusto, così come l’aria, scritta di suo pugno, che conclude il concerto: Al dolor che vo’ sfogando.
Le arie sono intervallate da brani orchestrali. Il Concerto per violoncello in sol maggiore di Nicola Porpora, attaccato a velocità sostenuta si è sviluppato non senza qualche difficoltà dovuta all’accordatura degli strumenti, necessaria alla fine di ogni movimento, e per la difficoltà del suono dell’ensemble a diffondersi nello spazio della sala. L’ascolto è risultato ugualmente piacevole per la bellezza dell’opera che, sempre in tema di virtuosismi, richiede al violoncello di Agniezka Oszanica un’agilità pazzesca nell’allegro finale. Curiosa la scelta della Sonada a solo yntitulada ‘El jardin de Aranjuez en tiempo de Primavera di José Herrando (1720-1763), un repertorio di imitazioni del canto degli uccelli, del vento tra le fronde, dell’acqua nei ruscelli: quanto di più rococò si possa immaginare, che la dice lunga sui gusti del re.
Non poteva mancare un omaggio ad un altro lussuoso expat alla corte di Spagna: Domenico Scarlatti di cui abbiamo ascoltato il magnifico Fandango per clavicembalo, per mano di Andrea Friggi.
La sala, non pienissima come al solito, ha apprezzato. Come premio abbiamo avuto un bis di struggente bellezza: una ninna nanna per favorire la buona notte. Ann Hallenberg l’ha intonata con dolcezza, beandosi di una melodia piana come una carezza.
La recensione si riferisce al concerto del 27 agosto 2019.
Mezzosoprano | Ann Hallenberg |
Direttore | Stefano Aresi |
Stile Galante |
Daniela Goldoni