E così anche la povera Rondine è caduta vittima del Sars-CoV-2 e dei conseguenti limiti a cui tutti siamo sottoposti.
Già programmata per lo scorso luglio, quella che resta la meno rappresentata delle grandi opere di Giacomo Puccini trova ora la via per il palcoscenico del San Carlo per sole due sere, col cast parzialmente modificato, ma in forma concertante e sempre sotto la bacchetta di Juraj Valčuha.
Il quale però si è trovato a firmare un’esecuzione con un secondo atto incredibilmente mutilato dal taglio tout-court degli interventi corali. Decisione presumibilmente dovuta all’obbligo di non sovraffollare il palcoscenico, ma non per questo più digeribile. Di tutta la scena di Bullier è rimasto in pratica un sunto, ed è un peccato perché per il resto l’esecuzione è stata di ottimo livello, facendo anche rimpiangere che si sia persa l’occasione dell’allestimento scenico, visto che assistere a una Rondine non è cosa di tutte le stagioni (operistiche).
Aggiungiamo che, benchè scarse, le presenze di quest’opera al San Carlo hanno il loro motivo di venire ricordate. La prima napoletana si ebbe nel 1918, a nemmeno un anno dal debutto di Montecarlo tanto che (come ben ricorda Dinko Fabris nel programma di sala) una delle repliche dovette essere interrotta per incursioni di dirigibili nemici (!), mentre la ripresa del 1958 non solo è testimoniata da un video (cosa non usuale per quei tempi) di discreta qualità audio e video, ma segnò il ritorno del lavoro dopo che mancava da almeno diciotto anni dai palcoscenici italiani. Da quell’epoca ci fu poi la lenta riscoperta, e La rondine entrò piano piano nei cartelloni un po’ dappertutto, con una frequenza che ancora adesso sembra andare infittirsi.
Juraj Valčuha ha diretto un'Orchestra del San Carlo in ottima forma con una notevole duttilità dinamica ed espressiva: basti pensare al cambio di passo repentino nel primo atto quando i toni mondani che sottendono Prunier in “Non oso! È troppo sibillino...” si fanno improvvisamente soavi nel momento in cui il tenore attacca il successivo arioso “Forse come una rondine”.
Il direttore fa sfavillare tutti i colori della partitura, senza soluzione di continuità ogni frase musicale si lega alla successiva in un disegno nitido e fluido. Si è fatto notare anche l’attacco del secondo atto, così concretamente poderoso da dare l’idea di sostituire con la sua costruzione sonora le scenografie mancanti (nonché l’atmosfera corale perduta...).
Nonostante il libretto collochi la vicenda nel Secondo impero, Valčuha ci dimostra che la musica è specchio del tempo in cui venne scritta, ed esprime il lato sentimentale (mai sdolcinato, basta pensare a come viene retta la lettura della lettera della madre di Ruggero) con un’eleganza quasi art déco, che si mescola singolarmente col sapore malinconico per un’epoca che stava scomparendo per sempre.
Una concertazione dunque compatta e sempre in armonia col palcoscenico dove il canto di conversazione si scioglie in una serie di continue invenzioni melodiche.
Aylin Perez è stata una protagonista centratissima per qualità vocali e carica interpretativa. Ha costruito con partecipazione quasi commovente la sua Magda con uno strumento vocale ampio, corposo, a posto sia nelle note filate del Sogno di Doretta che nei momenti più colloquiali o nelle più lunghe linee melodiche. Riuscito benissimo ad esempio un numero composito come Ore dolci e divine.
Michael Fabiano convince con la sua voce di tenore scuro, compatta, salda nell'appoggio e calda nei toni. Sempre attento poi alla costruzione di un personaggio poco smaliziato, credibile nel suo innamoramento sincero fino alla disillusione finale espressa con bellissimi toni.
Al di là della coppia protagonista, Prunier non è da considerarsi un comprimario, e Marco Ciaponi gli dà un bel rilievo sia vocale che interpretativo. Con voce morbida nei contorni che acquista ulteriore calore nelle zone più basse, si è fatto apprezzare lungo quasi l’intero arco dell’opera.
Uguale considerazione per la Lisette di Ruth Iniesta, veterana del ruolo per cui non ha difficoltà ad immedesimarsi con toni brillanti e voce sicura nei panni della sfortunata governante dalle frustrate ambizioni artistiche .
Con toni imponenti Gezim Myshketa è stato un Rambaldo di voce salda e solida.
Ben distribuite le altre parti: a dare vita al primo atto si sono fatti apprezzare, ognuno a suo modo, Sara Rossini (Bianca), Miriam Artiaco (Yvette) e Tonia Langella (Susy) così come Paolo Orecchia (Perichaud) Laurence Meikle (Crebillon) e Orlando Polidoro (Gobin).
Alla fine applausi calorosissimi da parte di un pubblico limitato nel numero ma che faceva mostra di riempire un teatro intero.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 16 ottobre 2020.
Magda | Ailyn Perez |
Lisette | Ruth Iniesta |
Ruggero | Michael Fabiano |
Prunier | Marco Ciaponi |
Rambaldo | Gezim Myshketa |
Périchaud | Paolo Orecchia |
Gobin | Orlando Polidoro |
Crébillon | Laurence Meikle |
Yvette | Miriam Artiaco |
Bianca | Sara Rossini |
Suzy | Tonia Langella |
Direttore | Juraj Valčuha |
Orchestra del Teatro di San Carlo |
Bruno Tredicine