“La Sinfonia n. 5 è un po' particolare nella produzione del compositore austriaco: si tratta di una pagina "classica", quasi sobria (ammesso che si possa parlare di sobrietà per le gigantesche partiture bruckneriane) nella sua quasi disperante lunghezza, di una severità quasi serena e lieve, a tratti quasi gioiosa: il linguaggio è un po' meno pletorico del solito, con finezze cameristiche e non solo per l'insolita introduzione lenta al primo tempo. Anton Bruckner, figura singolarissima e solitaria di musicista nonché personalità complessa ed assai sfaccettata, sembra dispiegare qui il suo enorme sapere compositivo e contrappuntistico al servizio della religione cattolica (di cui fu un fervente ed entusiasta seguace) anche se non strictu sensu ed in relazione soltanto a questa pagina. Giustamente osserva Daniele Spini riferendosi in blocco a tutte le sinfonie di Bruckner come il senso religioso sia "alla radice della loro creazione" ... "fino a farci pensare che la composizione puramente strumentale fosse per lui essenzialmente l'espansione in campo non liturgico di un unico impegno spirituale.".
La pagina ebbe più versioni e rimaneggiamenti, fu scritta negli anni dal 1875 al 1878, e vanta un discreto numero di appellativi coi quali è stata di volta in volta gratificata: Tragica, Fantastica, Sinfonia dei pizzicati (i pizzicati sono quasi un sotterraneo fil-rouge di tutta la sinfonia), Chiesa della fede e anche Religiosa, ed a questi ultimi nomi, oltre a quanto detto sopra, non è certo estraneo il Corale del mastodontico ultimo movimento. I temi ricorrenti esaltano la saldezza compositiva dell'impianto globale, mentre il gigantismo delle dimensioni di questa "cattedrale sonora" sembra voler dare una immagine concreta e tangibile della fede incrollabile e della spiritualità dell'autore.”
Questo scrivevo in occasione di un'esecuzione pisana diretta da Daniel Harding due anni fa; il veterano Elihau Inbal porta ora la Sinfonia n. 5 di Anton Bruckner sul palcoscenico del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (a Firenze era stato ospite l'ultima volta nel 2004) alla testa dell'orchestra locale.
Riconosciamo nell'ottantaquattrenne direttore israeliano una figura di grande spicco nel panorama musicale mondiale, che ha sempre vantato ottimi e proficui rapporti di collaborazione con i teatri italiani ed europei, oltre ad aver ricoperto nella sua lunga carriera incarichi di assoluto prestigio: certamente uno dei “grandi nomi” del calendario fiorentino, nel quale almeno per ora spicca la mancanza di direttori giovani come quelli che avevamo apprezzato negli ultimi anni e che avrebbero potuto essere estremamente importanti per il futuro del teatro, dei quali si è quasi persa invece ogni traccia.
Elihau Inbal è una figura di riferimento soprattutto per quanto riguarda il grande repertorio sinfonico, ed ha scelto per questa serata fiorentina una sinfonia forse non fra le più note ed eseguite del Maestro di Ansfelden (certo lo sono di più la Quarta e la Settima), alla quale sembra avvicinarsi con un certo rigore, come se volesse quasi trarre dalla scrittura ridondante di Bruckner un fil-rouge dettato da sobrietà, o forse addirittura con un po' di timore di emozionarsi (ed emozionare) attraverso eccessive finezze strumentali, e ricercando piuttosto l'emozione nella compatta gestione dell'insieme.
Il colore scuro domina nei ff, gli ottoni spesso sovrastano, ma non mi sembra che la lettura di Inbal abbia un che di “gridato” come parrebbe ad un esame superficiale.
Mi pare altresì di scorgere una intima coerenza che, seppur attraverso qualche schematismo di troppo, porta ad una sostanziale sobrietà sfociante molto naturalmente nell'ultimo movimento, dal complicatissimo ordito strumentale, raffigurazione plastica di una Chiesa (rifacendomi ad uno degli appellativi di questa sinfonia, Chiesa della fede) forse più terrena che metafisicamente trionfante.
Anche nello Scherzo, che si presterebbe ad una esecuzione più scorrevole, sembra di scorgere severi presagi, mentre grande è la tensione emotiva del secondo tempo ed ogni volta che le melodie (sempre tese, ma gestite senza troppe estenuazioni) fluttuano da una sezione strumentale all'altra con assoluta naturalezza.
Esemplare è parsa la direzione del maestro israeliano nella prima parte dell'ultimo tempo Adagio - Allegro moderato, quella ove il compositore “riepiloga” alla maniera della Nona di Beethoven temi dei precedenti movimenti, pagina risolta con eleganza e fluidità.
L'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino ha risposto in modo ammirevole alle sollecitazioni del direttore, mostrando grandi capacità sia come singoli che come insieme.
Il pubblico purtroppo non era particolarmente folto, si notavano ampi spazi vuoti in platea e non solo dovuti al distanziamento sociale imposto dal coronavirus, ma ha festeggiato tutti molto calorosamente.
La recensione si riferisce al concerto dell'11 ottobre 2020.
Direttore | Elihau Inbal |
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino | |
Anton Bruckner | |
Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore |
Fabio Bardelli